La premessa secondo il numero uno del Fmi è che la ratifica del Mes sia “una questione sovrana, ogni Paese decide cosa è meglio”. Ma Giorgia Meloni ha da tempo ribadito la posizione italiana su quello che considera uno strumento obsoleto. E torna di attualità il caso tedesco
Kristalina Georgieva torna a parlare di meccanismo europeo di stabilità in una intervista a Repubblica. La premessa secondo il numero uno del Fmi è che la ratifica del Mes sia “una questione sovrana, ogni Paese decide cosa è meglio”. Il succo del messaggio rivolto a chi non lo ha ancora ratificato è che far parte dell’unione bancaria è “utile per la competitività in Europa”, mentre sullo sfondo resta la posizione di Giorgia Meloni (“strumento obsoleto”) e quella a sorpresa della Germania: Berlino, in grande difficoltà, non prevede che sia il mes a salvare gli istituti di credito teutonici.
Il richiamo e la competitività
Georgieva argomenta le sue posizioni circa l’unione bancaria non completata, i mercati dei capitali, il pieno impatto finanziario europeo delle sue risorse. In primis ricorda che la ratifica del Mes “è una questione sovrana, ogni Paese decide cosa è meglio”. E in secondo aggiunge il perché pensi sia positivo. Ovvero fare parte dell’unione bancaria è davvero utile per la competitività in Europa. L’obiettivo della ratifica del Mes “è rafforzare il backstop, quindi se ci sono problemi ovunque, non solo in Italia ma anche in Italia, hai migliore capacità di gestirli, ma a causa dell’unione non completata, all’Europa manca il pieno impatto finanziario delle sue risorse”.
La posizione italiana
Il presidente del Consiglio in occasione della conferenza stampa di inizio anno ha ribadito la posizione italiana sul Mes, che considera uno strumento obsoleto. “Penso che nella reazione dei mercati dopo la mancata ratifica da parte dell’Italia si legga una consapevolezza di questo. Quindi se vogliamo guardare al bicchiere mezzo pieno forse la mancata ratifica può diventare un’occasione per trasformare questo strumento in qualcosa di più efficace”.
Il suo punto di vista è che l’Italia non ha minori diritti di altre nazioni. “Nessuno ce la farà pagare e francamente nessuno in Europa lo dice” e ha ricordato l’esempio francese. Ovvero quando Parigi non approvò la Costituzione Europea nessuno si permise da Bruxelles di dire che detto l’avrebbero fatta pagare a Chirac. Inoltre, aggiunse Meloni, il Governo nella ratifica del Mes “si è rimesso all’aula e la modifica del Trattato è stata bocciata perché non c’è mai stata una maggioranza in Parlamento”, sottolinando che è stato un errore sottoscrivere sapendo che non c’era una maggioranza in Parlamento per la ratifica.
Il caso tedesco
Nel dibattito spicca non solo la contrarietà di chi nutre perplessità sul Mes, ma anche la posizione di chi come la Germania non prevede che sia il Mes a salvare gli istituti di credito. Lo ha certificato la Bafin (Autorità di vigilanza bancaria tedesca), chiedendo agli istituti di credito di mettere da parte una riserva di liquidità per creare una sorta di fondo speciale in caso di emergenza, considerata la macro recessione che sta interessando la locomotiva d’Europa. Nel merito del provvedimento, appare evidente che se le banche teutoniche (che non sono soggette alla vigilanza Ue) dovessero accusare una qualche defaillance, in quel caso non interverrà alcun meccanismo di salvataggio europeo ma uno di matrice nazionale.
I numeri del sistema bancario tedesco rivelano che nello scorso ottobre il 22,2% delle aziende edili ha subito ordini cancellati, peggio rispetto ai mesi precedenti: a settembre 21,4%, ad agosto 20,7%, a luglio 18,9%.
Non va meglio nel settore immobiliare, su cui il presidente di Bafin Mark Branson si è mostrato abbastanza pessimista: “Molti hanno esagerato in tempi di tassi di interesse estremamente bassi. Per questo motivo è arrivata una necessaria correzione” e ha epitetato il settore immobiliare tedesco come “il rischio numero 1”.