L’indiziato speciale per l’attentato di Kerman è lo Stato islamico, ma è possibile che siano coinvolti anche i gruppi baluci. Un coinvolgimento israeliano? Meno probabile, per Alcaro (Iai), ma quella contro Teheran potrebbe essere stata un’operazione articolata, con il regime che vi costruirà una narrazione a proprio interesse, ma stando sempre attenti a evitare l’escalation in un conflitto generale
Nelle prossime ore da Teheran potrebbero arrivare ulteriori informazioni su quanto accaduto ieri a Kerman, dove in un attentato terroristico sono rimaste uccise dozzine di persone mentre visitavano il cimitero in cui si trova il mausoleo di Qassem Soleimani (generale dei Pasdaran ucciso il 3 gennaio 2020 in un raid aereo americano).
Chi è stato a compiere l’attacco più letale della storia dell’Iran? “Temo che potremmo non saperlo mai, anche se il principale indiziato è IS-K (acronimo dello Stato islamico nel Khorasan, ndr), il modus operandi è conforme. Però una cosa non torna: l’attacco a un obiettivo politico e simbolico come la celebrazione del ‘martirio’ di Soleimani sembra un po’ troppo mirato per IS-K”, spiega Riccardo Alcaro, coordinatore delle ricerche dell’Istituto Affari Internazionali ed esperto di Iran.
Mancherebbe anche una rivendicazione, ma nel momento della stesura di questo articolo l’Is ha annunciato un’importante comunicazione audio nelle prossime ore: sarà l’intestazione dell’attacco? “L’Is avrebbe tutto l’interesse, visto che l’Iran è considerato un regime eretico”, aggiunge Alcaro.
Chi altro potrebbe essersi mosso? Nelle primissime ore dopo i fatti, una fonte regionale molto informata sulle dinamiche iraniane, ha parlato con Formiche.net del coinvolgimento dei terroristi baluci di Jaish al Adl: credibile? “La simbologia dell’attacco ha sicuramente un valore per loro, e per i baluci e altre formazioni sunnite presenti sul territorio destabilizzare il Paese in un momento così delicato può avere un senso, anche se non credo otterranno nulla se l’attacco resta isolato”.
C’è poi la possibilità di sovrapposizione, alcune fonti locali parlano di un incrocio di interessi tra baluci e baghdadisti. E poi c’è la chiave internazionale: il coinvolgimento israeliano, evocato anche nelle prime dichiarazioni del regime, secondo cui l’attacco è il frutto di “terroristi mercenari appoggiati da nemici stranieri”. C’entra Israele? “Per Israele si tratterebbe di un colpo inflitto a chi vede l’Iran coordinato o sostenitore indiretto dell’azione di Hamas del 7 ottobre, anche come una vendetta per l’assassinio di Soleimani. Nel caso si tratterebbe di una sovrapposizione ulteriore, tra gruppi interni coordinati con l’assistenza di Israele”.
Ma tutto questo quanto è plausibile? “Al momento questa spiegazione mi convince poco. Il motivo principale è che il modus operandi è profondamente diverso da quanto l’esperienza storica ci dice riguardo alle operazioni israeliane. Certo, non si può escludere che il 7 ottobre abbia provocato un cambiamento di paradigma per gli israeliani, però resto profondamente scettico. Chiaro, Israele ne potrebbe beneficiare nel senso di ristabilire un po’ di deterrenza contro l’Iran e mostrare anche quanto è vulnerabile. Ma questo vantaggio sarebbe comunque marginale, perché non cambia la direzione di fondo della relazione fra Israele e Iran, che resta altamente antagonistica”.
Sebbene il fattore delle responsabilità sia determinante per comprendere la reazione, possiamo già ipotizzare qualcosa con gli elementi che abbiamo? “Anche qui credo che abbiamo più incertezze che certezze”, risponde Alcaro, che spiega: “In primo luogo il governo non ha un grande interesse nell’indicare subito chi sia il colpevole (sempre che lo sappiano) perché questo metterebbe l’esecutivo iraniano sotto grande pressione per una risposta immediata, e invece Teheran tende sempre ad aspettare e rispondere ai tempi e nei modi che ritiene più sicuro e più opportuni. Se è stato un gruppo interno ci sarà da aspettarsi una stretta nelle aree arabe o nel Baluchistan. Sul piano regionale gli iraniani continueranno a mio avviso ad alzare la tensione, ma stando sempre attenti a evitare l’escalation in un conflitto generale”.