Skip to main content

Istanbul, Tokyo, Bruxelles. Calovini spiega il G7 di Meloni

Conversazione con il parlamentare di FdI, membro della delegazione italiana presso l’assemblea parlamentare della Nato: “Gli aiuti a Kyiv? Non dovranno mai mancare e non faremo un passo indietro su valori non negoziabili, come il diritto internazionale”. La Via della seta? “Bene esserne usciti, ora lavoriamo su come aumentare le relazioni commerciali con Pechino”

Nei rapporti bilaterali Giorgia Meloni ha sempre funzionato in questi 14 mesi di governo: un fatto indiscutibile, nonostante i dubbi delle opposizioni che non credevano riuscisse a costruire un rapporto con Parigi e Berlino. Così il deputato di FdI Giangiacomo Calovini, membro della delegazione italiana presso l’assemblea parlamentare della Nato che, analizzando i prossimi viaggi che si appresta a fare il presidente del Consiglio, mette l’accento sulla traccia che il governo italiano dovrebbe imprimere in questo tour internazionale che vedrà il premier a Istanbul, Bruxelles, Tokyo, Monaco, Washington e Ottawa: ovvero la plastica distensione del piano Mattei nella cornice della presidenza italiana del G7. “La sua grande capacità a livello internazionale nei rapporti bilaterali può oggettivamente aiutarci. E in un momento particolarmente delicato come questo, è sicuramente meglio avere un rapporto disteso con gli alleati, come sapientemente fatto dal premier, piuttosto che invece uno ostile”.

Giorgia Meloni il 20 gennaio sarà a Istanbul: quale la traccia da seguire con Recep Tayyip Erdogan non solo nei rapporti bilaterali ma anche in relazione allo status della Turchia come player primario per le guerre e per la stabilità energetica del Mediterraneo?

Il premier italiano in occasione di un vertice del genere non metterà in evidenza solo i rapporti bilaterali tra Italia e Turchia ma, è inutile negarlo, il ruolo a livello internazionale di Erdogan estremamente importante, sia per la questione mediorientale sia anche per la questione russo-ucraina. Per un paese primario come il nostro che a livello internazionale può avere un ruolo, è chiaro che i dossier saranno anche quelli legati alle due principali questioni di politica estera, a maggior ragione vista la presidenza del G7. Credo che Giorgia Meloni abbia tutto il diritto e il dovere di cercare di trovare delle soluzioni su queste due aree estremamente calde, dal momento che si tratta di guerre che si stanno facendo sempre più complesse e che quindi necessitano di soluzioni di ampio respiro.

I temi si intrecciano ai rapporti personali: cosa possono fare Meloni ed Erdogan per favorire i corridoi umanitari a Gaza e i flussi di grano dall’Ucraina?

In primis trovare delle soluzioni concrete a livello umanitario. Su Gaza è chiaro che bisogna sondare terreni che fino ad ora non sono stati battuti. C’è stata la mediazione del Qatar che in qualche momento ha funzionato, in altri no. Mentre invece dal mio punto di vista il ruolo dell’Italia e quindi dell’Europa deve essere fortificato nella questione dei troppi ostaggi che ci sono: la popolazione di Gaza sicuramente sta vivendo delle giornate troppo complesse, ne abbiamo parlato anche ieri in aula con la presenza ministro Crosetto che, per quanto fosse intervenuto per discutere di Ucraina, ha toccato ovviamente anche la questione mediorientale. L’Italia dal primo momento sta cercando di avere un ruolo e lo sta facendo con gli aiuti umanitari. Questo ruolo dell’Italia è stato ampiamente sottolineato a livello internazionale e sarà argomento di discussione tra Meloni ed Erdogan nelle prossime ore. Contestualmente anche sulla questione Ucraina siamo coerenti e manteniamo una linea che, sin dall’inizio, è stata sempre costante: quella degli aiuti nei confronti di Kyiv. Siamo fortemente convinti che l’aiuto a Kyiv non debba mai mancare, nonostante magari qualche difficoltà: noi non faremo un passo indietro su valori che per noi restano non negoziabili, come il diritto internazionale.

Un buon rapporto Meloni-Erdogan può essere anche utile all’Europa?

Che Erdogan stia tenendo un ruolo abbastanza rigido nei confronti dell’Europa e del mondo occidentale è chiaro, come dimostrano le sue affermazioni nei confronti di Israele che in realtà non ci stupiscono neanche più di tanto: sono talmente nette e chiare che effettivamente è difficile vedere un riavvicinamento secondo me tra questo Paese e l’Europa, piuttosto che l’Occidente. Dopodiché la Turchia è comunque un Paese che fa parte della Nato e da membro dell’assemblea parlamentare ho fatto recentemente un viaggio in quella realtà. Aggiungo che Giorgia Meloni nei rapporti bilaterali ha sempre funzionato in questi 14 mesi di governo: un fatto indiscutibile. L’ha fatto con il presidente Biden quando si diceva che mai avrebbe potuto parlare con un presidente democratico. Lo ha fatto con Macron, quando fino a 14 mesi fa ci dicevano che in Francia non avremmo messo piede. E lo ha fatto con Scholz, cancelliere socialdemocratico. Quindi secondo me la sua grande capacità a livello internazionale nei rapporti bilaterali potrebbe comunque oggettivamente aiutarci. E in un momento particolarmente delicato come questo, è sicuramente meglio avere un rapporto disteso con gli alleati, come sapientemente fatto dal premier, piuttosto che invece uno ostile.

In quali condizioni si arriva al Consiglio europeo del 1 febbraio? Non solo l’Italia ha la presidenza del G7, ma tornerà su temi importanti come per esempio l’immigrazione?

Sicuramente un tema importante sarà l’immigrazione, dove fortunatamente i numeri in qualche modo iniziano a darci ragione in questo periodo. Inoltre si è concretizzata la definizione del Piano Mattei in tandem con la fondamentale conferenza di fine gennaio con l’Africa: anche questo sarà un passaggio da portare al Consiglio Ue, accanto ai risultati italiani e ai ragionamenti da poter fare con i competitor europei. Del Piano Mattei sono stato relatore e una delle accuse che ci ha rivolto l’opposizione è quella della non condivisione dei progetti con i paesi europei: falso, dal momento che siamo perfettamente consapevoli che procedere da soli può essere più difficile e, come ho detto ieri nel mio intervento in aula, abbiamo già un programma di condivisione. Ricordo che Germania in Nigeria ha firmato un contratto di 500 milioni di euro su tematiche di energia rinnovabile. Per cui noi partiamo da soli, dopo di che andremo a coinvolgere altri paesi europei e il Consiglio.

Dopo il Consiglio europeo ci sarà la tappa a Tokyo per il passaggio di consegne fra Giappone e Italia: l’indopacifico è un altro segmento su cui l’Italia sta lavorando tanto. In che modo?

È chiaro che questo viaggio avviene per il passaggio di consegne del G7, quindi è una questione di cortesia andare in Giappone, però ricordo che di incontri bilaterali con il Giappone ce ne sono già stati nei mesi scorsi parecchi, nonostante il governo sia in carica da poco più di un anno. Ma è un governo di ampio respiro, di legislatura lunga e di stabilità che ha bene in mente il peso specifico di un assetto peculiare come quello dell’indopacifico. Sarà sempre più importante nei prossimi decenni, tendenzialmente fino al 2050. E poi sarà l’Africa a diventare ancor più importante. Per cui un bilaterale con un paese come il Giappone è fondamentale. Dopodiché io non ho difficoltà a dire che si potrà valutare eventualmente anche il famoso viaggio in Cina, dopo aver definito il nostro ruolo fuori dall’iniziativa della Via della Seta. Bene ha fatto l’Italia ad uscirne. A quel punto nulla vieta di poter pensare anche ad un ragionamento con un paese come la Cina sotto l’aspetto economico e commerciale, visto che il nostro obiettivo resta quello di recuperare una bilancia che in questo momento è fortemente negativa.

Chiudiamo con due future tappe, non troppo lontane: Stati Uniti e Canada. Due spine dorsali della postura euro atlantica. Non solo Casa Bianca, anche Ottawa è un partner rilevante.

Si parla sempre giustamente di Stati Uniti dove c’è un rapporto ormai consolidato con la Casa Bianca. Tutti ormai stanno ponendo attenzione nei confronti degli Usa per capire anche quello che succederà dopo le prossime elezioni presidenziali. Condivido la rilevanza del Canada con rapporti economico-commerciali che stanno crescendo, compreso il tema del Ceta che questo governo dovrà affrontare. I numeri paiono essere incoraggianti nei confronti dello scambio con il Canada e quindi, a maggior ragione, ben venga il consolidamento di una relazione con un paese che fa parte del G7 ed è un’economia molto importante.



×

Iscriviti alla newsletter