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Litio, ecco come cresce l’influenza cinese sui mercati con il calo dei prezzi

Il crollo dei prezzi dell’oro bianco mette in difficoltà gli operatori minerari, oltre a svalutare il valore dei progetti in fase di sviluppo. Quelli più promettenti diventano, così, preda più facile per gli investitori cinesi lungo la supply chain, come Ganfeng e Byd…

Il mercato del litio ha riscontrato una fase di forte volatilità negli ultimi due anni. Dopo un aumento significativo dei prezzi nel 2022 (+140%) sospinti dalla forte penetrazione dei veicoli elettrici in Cina (con un ruolo importante giocato dai sussidi nazionali e locali) e da problematiche legate all’offerta di materiali, nel corso del 2023 si sono assestati (quelli per il carbonato di litio) a livelli di inizio 2021, in picchiata del 50-60%.

Secondo una ricerca effettuata da China Post Securities, il prezzo del litio nel 2023 si è aggirato intorno ai 130.000 yuan per tonnellata (circa 18.300 USD/tonnellata). A titolo di confronto, nel 2022 il prezzo del litio ha raggiunto i 590.000 yuan per tonnellata (83.000 USD/ton).

Una combinazione di fattori ha spinto al ribasso i prezzi del i prezzi del litio dopo l’impennata dell’anno scorso, tra cui la riduzione delle scorte nei magazzini, il parziale rallentamento della domanda di EV in Cina (con la chiusura del programma di incentivi) e l’entrata in commercio di nuove forniture di litio più rapide del previsto. Per alcuni analisti ha giocato un ruolo la sovra-offerta di litio dalle miniere di lepidolite in Cina, che contano per poco meno del 10% dell’output globale, ma che offrono prodotti di minor qualità rispetto ai concorrenti australiani e sudamericani.

I prezzi molto alti per un discreto periodo, infatti, hanno incentivato ogni sorta di offerta di litio che, altrimenti, sarebbero state non economiche da portare sul mercato. La lepidolite in Cina, minerale da cui si ottiene litio attraverso un processo estrattivo dispendioso e con un carbon footprint maggiore rispetto ad altri metodi tradizionali (considerando la concentrazione di LiO2 per tonnellata) è tuttavia diventata redditizio e molte aziende in Cina hanno iniziato a produrlo.

Gli analisti di Goldman Sachs avevano avvertito che quest’offerta supplementare di litio dalla Cina avrebbe potuto pesare, anche se rimane difficile stabilire una correlazione diretta, soprattutto perché i prezzi del litio sono variegati, a seconda del materiale finale prodotto e dai giacimenti di origine. Un indice dei prezzi monitorato da Benchmark Mineral Intelligence, ad esempio, è sceso dell’81% nell’ultimo anno e di quasi l’11% solo nell’ultimo mese. Ad ogni modo, a questo trend ribassista è probabile che quest’offerta tornerà gradualmente ai margini, contribuendo nuovamente ad una stabilizzazione al rialzo.

Ma in attesa che questo rilancio dei prezzi si verifichi, molti degli operatori iniziano a patirne le conseguenze. Come riporta Reuters, il più grande produttore di litio al mondo, l’americana Albemarle (che estrae litio dalle salamoie nel deserto di Atacama, in Cile, dove la rivale SQM ha momentaneamente sospeso le operazioni in seguito a degli scioperi, e possiede impianti di raffinazione in Cina) ha dovuto tagliare posti di lavoro e differire le spese sugli investimenti negli Stati Uniti (la società ha ricevuto fondi anche dal Pentagono) per installare nuovi impianti di processazione dei suoi prodotti (carbonato e idrossido di litio) in Carolina del Sud. Tra i suoi clienti, la stessa Tesla pianifica di costruire un sito analogo per la sua gigafactory ad Austin ma rimane ancora un business inesplorato negli Usa. Albemarle darà dunque priorità all’espansione di altri impianti in Australia e Cina, nonostante una spesa per conto di capitale intorno ai 1.8 miliardi di dollari. Sempre ieri, la società ha inoltre annunciato di voler vendere le quote azionarie di Liontown Resources, altra azienda che gestisce un progetto in fase di costruzione in Australia.

Secondo le stime di Albemarle, la domanda di litio è scesa di oltre l’80% nell’ultimo anno e di quasi l’11% solo nell’ultimo mese. Lo scorso novembre l’azienda aveva ha segnalato che l’indebolimento dei prezzi avrebbe potuto intaccare le vendite del 2023, descrivendo il calo come un “ostacolo”. Seppur la decisione di Albemarle non andrà ad intaccare l’offerta globale nel breve periodo, è possibile che manderà un segnale al mercato su come e quanto i prezzi dei prodotti chimici del litio dovranno salire per incentivare nuove forniture upstream. Ad oggi, gran parte dell’offerta è dominata dall’Australia (che invia più del 95% dei concentrati di spodumene in Cina per ulteriore raffinazione) e dal Cile, con l’Argentina che intende scalare posizioni a livello commerciale. Alcuni osservatori hanno puntualizzato, soprattutto nel contesto australiano, come questo scenario possa condurre molti progetti in fase di sviluppo ad un eccessiva svalutazione, a prescindere dal contenuto geologico e dalle specificità tecnico-economiche. Un’opportunità ghiotta solo per alcuni investitori, interessati a strappare accordi di fornitura al ribasso e a prendere il controllo dei giacimenti più promettenti.

È il caso delle società cinesi che, insieme alle major del mercato come appunto Albemarle e SQM, sono le uniche a possedere un business verticalmente integrato dalle attività estrattive fino alla processazione. Non è un caso, forse, che in questi giorni e settimane siano stati chiusi o impostati altri importanti accordi e acquisizioni tra operatori, alla conclusione di un anno in cui il numero di fusioni e acquisizioni (M&A) nel settore sono cresciuti in numero rispetto al 2022 ma diminuiti in valore (considerando la discesa dei prezzi del litio). Lo testimonia, per esempio, la nascita di Arcadium Lithium dalla fusione societaria tra Allkem e Livent (Australie/Usa)

Sono infatti ben 15 i progetti, che hanno superato la fase di analisi economica preliminare e di diversa tipologia (minerali rocciosi, salamoie o fonti convenzionali), in cui grandi società o aziende cinesi come Ganfeng, Tianqi Lithium o produttori di batterie come Catl hanno messo le mani negli anni precedenti con l’acquisizione di quote societarie insieme a contratti di fornitura a lungo termine. In un trend di razionalizzazione del settore in cui l’industria si consolida nel complesso, ma con un evidente sproporzione nel controllo di giacimenti e di integrazione della filiera a favore delle entità cinesi. Un aspetto su cui le clausole dell’Inflation Reduction Act (Ira) hanno messo paletti evidenti per diminuire l’influenza cinese.

Il fornitore cinese di materiali per batterie, Ganfeng Lithium, ha annunciato di voler investire ulteriori 65 milioni di dollari per aumentare la sua partecipazione in un progetto di litio in Mali, su cui ha messo gli occhi per la prima volta nel marzo 2022 (oltre agli investimenti in Zimbabwe di Huayou Cobalt). Si tratta di Mali Lithium, una joint venture costituita da Leo Lithium e Gfl International che possiede il progetto di estrazione da spodumene, Goulamina, al 60% dal 55% per promuovere lo sviluppo e la costruzione della miniera.

La miniera di spodumene di Goulamina comprende un’area mineraria di 100 chilometri quadrati e riserve totali di 211 milioni di tonnellate di minerali e 2,9 milioni di tonnellate di ossido di litio. Le riserve dimostrate della miniera, calcolate in base agli standard internazionali, erano di 13,1 milioni di tonnellate di minerali e 210.000 tonnellate di ossido di litio. La prima fase del progetto, che è uno dei più promettenti per ratio tra risorse e litio presente, con una capacità produttiva annuale di 506.000 tonnellate di concentrato di spodumene è in fase di costruzione e dovrebbe entrare in funzione quest’anno. L’aumento della partecipazione è in linea con la strategia di integrazione e sviluppo a monte e a valle di Ganfeng Lithium nel settore delle batterie elettriche.

In un’ottica di rafforzamento degli approvvigionamenti di litio in una corsa che ormai è globale tra gli automakers, anche il colosso dell’auto elettrica Byd – che ha di recente superato Tesla per vendita di EV nel 2023 – sta valutando di investire direttamente nel progetto di Grota do Cirillo, in Brasile. Gestito dall’azienda canadese Sigma Lithum, si tratta di un sito potenzialmente molto valido, sia per la presenza di un’alta concentrazione di litio nelle rocce di spodumene sia per l’utilizzo di un processo estrattivo meno impattante. Attualmente l’azienda è focalizzata nella costruzione della miniera in due fasi, la prima iniziata ad aprile 2023 con 36,700 tonnellate all’anno di litio carbonato equivalente e una second fase che triplicherà l’output quest’anno, con un’iniezione di capitale di circa 285 milioni di euro. Tra i suoi principali shareholders, A10 Investimentos Ltda che detiene circa il 43% delle quote.

Byd potrebbe investire circa 2,9 miliardi di dollari, e sarebbe soluzione alternativa a un accordo di fornitura o a una joint venture. Secondo quanto dichiarato dal presidente in Brasile di Byd, Alexandre Baldy, si sono svolte discussioni tra le due aziende nell’ambito degli sforzi della società di Shenzhen di assicurarsi la fornitura di materie prime critiche per supportare i suoi piani di espansione all’estero, anche attraverso la costruzione di una gigafactory in Brasile, oltre a quelle annunciate in Ungheria (dove già è operativa Catl) e Messico.

La partecipazione diretta nelle fasi estrattive e di raffinazione è una delle strategie messe in campo dai produttori di batterie cinesi, sia per prendere il controllo degli approvvigionamenti sia per ridurre gli impatti delle fluttuazioni dei prezzi con contratti a prezzi fissi, considerando che le marginalità ridotte possono essere assorbite nelle fasi a maggior valor aggiunto (manifattura di catodi, celle e pacchi batteria).

Nel 2024, il mercato cinese delle batterie per autoveicoli dovrà affrontare cambiamenti dovuti alla sovraccapacità e all’aumento della concorrenza. Nel 2023 Catl è rimasta in testa (37.4%), Byd è salita (15.7%) e le aziende tier 2 (come Svolt ed Eve Energy) hanno avuto performance contrastanti. I due colossi hanno ampliato la loro quota di mercato globale, mettendo sotto pressione i concorrenti. La capacità globale di batterie elettriche installate è cresciuta del 44% rispetto all’anno precedente, raggiungendo i 552,2 GWh da gennaio a ottobre 2023, con i due produttori pronti ad aggredire la quota di mercato globale grazie a una produzione economicamente vantaggiosa e a una forte attività di ricerca e sviluppo (come testimonia l’attività di Catl e Byd sulle batterie al sodio). La stessa Catl, nonostante il calo dei prezzi di litio e la forte concorrenza, ha registrato un aumento della redditività con un margine di profitto lordo del 20,4% nel primo semestre 2023, con un aumento del 5,3% rispetto all’anno precedente. Intervenuto in un panel sul ruolo dei materiali critici durante il World Economic Forum, il fondatore e presidente di Catl, Robin Zeng, ha rimarcato con forza la convenienza delle batterie al litio ferro fosfato (Lfp), le più economiche ma al contempo altamente performanti come la Blade Battery che hanno sviluppato i suoi ingegneri.

In questo contesto, Byd e Catl lanceranno una vera e propria ‘guerra’ dei prezzi che avrà sicuramente ricadute sul mercato. Da una parte, riducendo il prezzo delle batterie e dunque il costo degli EV, dall’altra mettendo forte pressione ai competitor, sia dell’automotive (che, ricordiamo, sono già loro clienti per l’utilizzo dei loro pacchi batteria, come General Motors, Ford, Stellantis, BMW) sia dei rivali coreani e giapponesi come LG Energy Solution e Panasonic che rimangono rispettivamente al terzo e questo posto nello share di mercato, mentre non figurano ancora tra le prime dieci aziende europee (Northvolt rimane l’unica realtà che promette di guadagnare terreno nei prossimi anni) secondo i dati di Sne Research.

Con il rallentamento della crescita della domanda e l’aumento della pressione sui costi, i vantaggi dei leader del settore in termini di potere contrattuale, riduzione dei costi, tecnologia e utilizzo della capacità produttiva diventeranno più pronunciati, portando a variazioni nella redditività del settore.

 

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