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Macron tra Cina e India, con in mano la carta dell’eccezionalismo

L’eccezionalismo di Parigi, tra Pechino e New Delhi. Macron intende gestire contemporaneamente le relazioni con Cina e India, senza dimenticare le alleanze occidentali, la sovranità strategica, l’impegno europeo, la presenza regionale nell’Indo Pacifico, in Africa e in Medio Oriente

Nei giorni scorsi, il presidente francese Emmanuel Macron ha avuto un doppio, complesso impegno diplomatico. Ha dovuto preparare un videomessaggio per l’anniversario dei 60 anni dall’apertura delle relazioni tra Cina e Francia (così come ha fatto il suo omologo Xi Jinping), mentre era in India come super ospite delle celebrazioni per la Festa della Repubblica (invito con cui il premier Narendra Modi ha ricambiato quello ricevuto il 14 luglio scorso a Parigi).

Quanto accade conferma l’eccezionalismo francese e macroniano. “L’elezione di Macron a Presidente della Repubblica francese è un evento così peculiare da permettere di affermare che ci troviamo di fronte alla nascita di un ‘eccezionalismo francese’ da giustapporre al classico ‘eccezionalismo americano’ della dottrina e della storia costituzionale delle democrazie moderne”, spiegava nel 2017 di Angelo Maria Petroni, professore ordinario di Logica e Filosofia della Scienza alla Sapienza. 

La posizione effettivamente è eccezionale: India e Cina sono rivali strategiche e perni dello sviluppo dell’Indo Pacifico, sebbene con visioni del mondo differenti e concorrenti (come evidenziato anche ieri nell’audizione parlamentare dell’ambasciatore Sujan Chinoy). Regione, l’Indo Pacifico, di cui la Francia si sente parte, attore non esterno come tutti gli altri occidentali (altra eccezionalità) per via dei Territori e delle Collettività di Oltremare che rispondono a Parigi. Anche per questo Macron mentre ricorda la bontà dei rapporti con la Pechino può permettersi di negoziare in scioltezza un accordo per forniture militari da 10 miliardi di dollari con New Delhi, nonché la realizzazione di un Small modular reactor (un reattore a fissione nucleare).

L’amicizia franco-indiana

“India e Francia hanno entrambe un’altissima idea di sé, specchio dell’eccezionalismo che ne segna sostrato antropologico e ambizioni, a loro volta alimentate dalla fluidità del quadro geopolitico globale”, scriveva questa estate Lorenzo Di Muro, consigliere scientifico di Limes. I due Paesi si comprendono. “La ‘dosti’ (amicizia) India-Francia è speciale. C’è una ragione per cui i francesi e Macron sono i più vicini ‘mitron’ (amici) dell’India”, scrive l’India Today, sottolineando come l’abbraccio fisico tra i due leader abbia segnato sia le immagini di luglio scorso che quelle di oggi. Lo stile di leadership di Modi, caratterizzato dalla determinazione e dall’attenzione allo sviluppo economico, ha trovato risonanza con Macron, che tuttavia è il sesto leader francese a cui sarà concesso l’onore di essere il principale ospite dell’India nel giorno della Repubblica.

Ci sono tuttavia molte cose che differenziano le relazioni tra India e Francia dai legami di Nuova Delhi con altri partner occidentali stretti, spiega Michael Kugelman nel South Asia Brief di Foreign Policy. Entrambi sostengono l’autonomia strategica e guardano con interesse al multipolarismo, o quanto meno al multi-allineamento, anche se con approcci diversi. “L’autonomia strategica dell’India si basa sulla rinuncia alle alleanze, mentre la Francia abbraccia le alleanze ma le sfida quando ciò serve ai propri interessi. L’insistenza sull’indipendenza della politica estera favorisce obiettivi strategici comuni. La Francia, ad esempio, mira a bilanciare il potere degli Stati Uniti e della Cina nell’Indo Pacifico, cosa che l’India sostiene”.

Come nel caso delle relazioni dell’India con gli altri membri del Quad (Australia, Giappone e Stati Uniti) — che Modi aveva cercato di far riunire a New Delhi proprio nel giorno della Festa della Repubblica indiana — anche i legami con la Francia sono rafforzati dalle convergenze strategiche sulla geopolitica in Asia. Sia l’India che la Francia guardano con preoccupazione alla crescente influenza regionale della Cina. Non sorprende per esempio che i rispettivi interessi strategici incontrino punti di contatto sulla necessità di un impegno più profondo con le isole del Pacifico (dove entrambi hanno possedimenti e influenza) per bilanciare la Cina.

Cosa lega Parigi e Pechino?

E però, Macron mantiene anche relazioni con Pechino, come racconta non solo il tono dei videomessaggi. La data è di riguardo, d’altronde: sessant’anni fa, il 27 gennaio 1964, la Francia divenne uno dei primi paesi dell’Europa occidentale a riconoscere la Repubblica popolare cinese. Ancora oggi, Parigi mantiene una visione eccezionale sulla Cina, che al ritorno della sua visita a Pechino, nell’aprile scorso, Macron aveva evidenziato con eccessiva enfasi, tanto da aver creato una eco mediatica non indifferente — quasi sembrava che volesse marcare un’equidistanza nel confronto Usa-Cina, linea quanto meno inusualmente esplicita per un Paese europeo (e Nato), “analfabetismo strategico” commentava Alessio Patalano, professore di War & Strategy in East Asia al Department of War Studies del King’s College di Londra.

Ma quale è lo stato della relazione sino-francese? Sebbene esista nella mente di numerosi commentatori internazionali e cinesi l’idea che la Francia sia più favorevole alla Cina, un’analisi di Léa Geburer e Leonardo Doni pubblicata in questi giorni dal ChinaMed Project dimostra che, nonostante Parigi abbia una certa disponibilità a cooperare con la Cina come parte del suo obiettivo di autonomia strategica, questo anniversario è dominato più da una crescente ostilità che da una collaborazione, dal momento che i due Paesi si trovano in prima linea nell’escalation della guerra commerciale tra Ue e Cina.

“L’evoluzione delle prospettive all’interno dei media francesi sottolinea un crescente senso di sfiducia nei confronti di Pechino. Se è vero che diversi analisti francesi riconoscono nella Cina un partner necessario per affrontare specifiche questioni internazionali, le crescenti preoccupazioni per il deficit commerciale, il dominio cinese nei veicoli elettrici e il suo coinvolgimento in Africa e in Medio Oriente suscitano costantemente apprensione nella stampa”.

In effetti, per quanto riguarda la Cina nel Mediterraneo, una crescente ostilità francese nei confronti dell’impegno regionale cinese è una percezione concreta. “Resta da vedere se Parigi assumerà un ruolo più attivo per contrastare l’espansione percepita da Pechino o se invece collaborerà con la Cina nel tentativo di portare stabilità nella regione”, scrivono i due ricercatori. Da aggiungere la partnership con l’India come ulteriore elemento di complessità in questo quadro.


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