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Mappare, individuare, riferire. Il mandato di Biden alle sue Big Tech per contrastare la Cina

Usa-Cina, altra stretta sull’export dei chip. Ma Biden opta per la trasparenza

Washington vuole ridurre al minimo i rischi per la propria sicurezza nazionale e la possibilità che Pechino crei la sua intelligenza artificiale per raggiungere i suoi scopi con il know-how americano. L’ennesimo, ma non ultimo, capitolo della guerra tech tra le due superpotenze

Impedire alla Cina di trafugare il know-how americano per costruirsi la propria intelligenza artificiale. Con questo obiettivo, l’amministrazione Biden ha chiesto ai vari fornitori di servizi cloud nazionali di mappare i propri clienti stranieri e poi riferire qualora ci fossero delle anomalie nelle loro attività. Detto in altri termini, i vari Amazon, Microsoft, Google e via dicendo dovranno informare se le società cinesi stiano ad esempio cercando di entrare all’interno dei data center americani o in altri server critici, magari per rubare informazioni e riadattarle agli scopi di Pechino. Pertanto, i dati di questi clienti saranno raccolti, archiviati e analizzati sul dogma tipico del mondo della finanza “conosci il tuo cliente”, come scrive Bloomberg.

La misura si inserisce all’interno della lotta tecnologica tra Stati Uniti e Cina. Al colpo dell’uno segue il contraccolpo dell’altra, in una guerra combattuta a suon di restrizioni. Washington non vuole permettere a Pechino di utilizzare la sua tecnologia per sviluppare i suoi strumenti, anche bellici, mentre il Dragone deve inevitabilmente appoggiarsi sulla conoscenza altrui per ridurre il gap che la divide dalla rivale strategica.

Tuttavia, non è che le aziende americane siano del tutto entusiaste. Il proibizionismo nei confronti della Cina, dove possono esportare sempre meno, comporta anche un rischio boomerang, con perdite anche sostanziali viste le dimensioni del mercato. Pechino, da parte sua, cerca di rifornirsi attraverso vie secondarie, magari sfruttando il rapporto commerciale che ha con alcuni alleati degli americani da cui riescono comunque ad ottenere qualcosa, come i semiconduttori. Anche per questo, Joe Biden ha intenzione di intervenire rafforzando i controlli nelle aree più a rischio.

Il pericolo è sempre dietro l’angolo. È di ieri la notizia che il Dipartimento di Giustizia e il Federal Bureau sono riusciti ad ottenere l’autorizzazione legale per procedere allo smantellamento di Volt Typhoon, il gruppo di hacking cinese che ha messo in allerta la sicurezza americana per la possibilità di entrare nelle infrastrutture critiche nazionali.

Il gruppo è infatti noto per le sue attività anti-occidentali, finalizzate a infilarsi all’interno di porti, servizi Internet e altre strutture pubbliche. Gli hacker insinuano all’interno di un normale router, modem o telecamere di sicurezza e da lì poi cercano di manomettere il loro vero obiettivo. Nel caso americano, la Cina potrebbe mettere fuori gioco da remoto alcune strutture militari chiave nell’Indo-Pacifico.

Come scrive Reuters, da quando ha fatto la sua comparsa sulla scena internazionale – maggio dello scorso anno –  Volt Typhoon si è modernizzato, affilando le sue operazioni e diventando una minaccia ancor più concreta. Motivo in più che ha spinto il presidente americano a confrontarsi con l’industria tecnologica, cercando di capire come e dove intervenire. Quando era stata accusata, Pechino aveva liquidato la vicenda come mera “campagna di disinformazione collettiva” da parte del gruppo Five Eyes, un’alleanza in chiave anti-cinese che comprende Stati Uniti, Canada, Regno Unito, Australia e Nuova Zelanda.



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