Per il futuro, spiega l’eurodeputata leghista, “la speranza è una maggioranza di centrodestra, che possa esercitare una guida dell’Unione europea in sintonia con le aspettative dei cittadini europei”. Le dimissioni del presidente del Consiglio Ue sono la dimostrazione della fine dell’alleanza tra popolari e socialisti
L’impressione, riflette con Formiche.net l’europarlamentare della Lega Cinzia Bonfrisco, è che il Ppe stia realizzando che l’orizzonte politico dell’Unione europea è lontano dai socialisti. I popolari in questa legislatura già in molte occasioni hanno registrato l’appoggio leghista in varie votazioni, sia in aula che nelle commissioni, “ogni volta che serviva a contenere le ambizioni ideologiche della sinistra”. E sulla possibile candidatura alle europee di Meloni, Salvini e Tajani dice che…
Charles Michel lascia il consiglio Ue per candidarsi: che segno è?
Il presidente Charles Michel verrà ricordato per le brutte figure internazionali, non per altro. La sua azione politica è stata vacua tanto quanto il poco clamore per la notizie della sua candidatura. I cittadini europei forse lo rammenteranno quando nel 2021 ha lasciato Ursula von der Leyen in piedi, davanti ad Erdogan, senza il buon gusto di lasciarle la sedia. Ciò non fu solo una scena di cattivo gusto, uno sgarbo istituzionale, ma l’umiliazione dei valori europei. Le sue dimissioni certificano la fine politica della maggioranza all’Europarlamento, la quale oramai è divisa su tutto: Medio Oriente, Cina, politiche industriali e di crescita dell’Europa, immigrazione, persino sul benessere animale sono bloccati nel trovare una quadra. Dubito che il presidente Charles Michel abbia agito senza interpellare Macron. È anche il segno di una competizione elettorale quanto mai aperta in tutti gli Stati dell’Unione europea.
Più calcolo personale o dualismo infinito con von der Leyen?
Charles Michel negli ultimi anni ha perso visibilità più per la sua inconsistenza nell’esercitare il ruolo di presidente del Consiglio, che per le capacità della presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, la quale anche ha mostrato tutta la sua incapacità a rispondere alle grandi sfide globali di quest’epoca. Entrambi hanno consegnato l’Europa alla sinistra ideologica.
Le prossime europee perché assumono un valore così rilevante? Da una commissione di larghe intese si potrà passare ad una politica oppure lo schema non cambierà?
La speranza è una maggioranza di centrodestra, che possa esercitare un guida dell’Unione europea in sintonia con le aspettative dei cittadini europei. Le larghe intese hanno portato il nostro continente nell’alveo dell’ambiguità con i nostri partner naturali nel mondo e hanno prodotto azioni politiche deboli, ad esempio sull’immigrazione, nei rapporti con Israele, nella capacità di condannare con forza l’Islam politico e giuridico.
Il centrodestra italiano è esportabile in Ue oppure gli alleati di ID resteranno distanti dal Ppe?
L’esperienza dell’attuale governo di centrodestra, così ben giudicato dagli italiani, già guida il futuro dell’Europa. Lo vediamo dalla capacità dell’Italia nel promuovere le proprie ambizioni, come ben fatto da Matteo Salvini, il quale ha compattato gli stati europei nel respingere politiche che avrebbero cancellato il mercato dell’automobile in Europa; oltre, all’esempio delle sue politiche di costruzioni delle grandi opere che renderanno il nostro Paese competitivo. L’impressione è che innanzitutto il Ppe stia realizzando che l’orizzonte politico dell’Unione europea è lontano dai socialisti, i quali pensano a politiche di tassazione di imprese e famiglie in nome di una politica “green” insostenibile a livello industriale, sociale e geopolitico. Del resto, in questa legislatura in molte occasioni il Ppe ha registrato il nostro appoggio in tante votazioni, sia in aula che nelle commissioni, ogni volta che serviva a contenere le ambizioni ideologiche della sinistra.
Meloni, Tajani e Salvini dovrebbero candidarsi o no? Per quali ragioni?
Decideranno loro per il meglio e per l’Italia.