L’Organizzazione di Parigi passa in rassegna pregi e difetti della politica economica del governo Meloni. Gli istituti di credito sono tra i più resistenti d’Europa, ma il debito pubblico è una questione non più rimandabile. E servono nuove tasse sulla casa
Un taccuino per Giorgia Meloni. C’è uno strano mix di suggerimenti e pacche sulle spalle nell’ultimo rapporto dell’Ocse dedicato all’Italia, all’indomani della seconda manovra targata Fratelli d’Italia e dell’accordo politico in seno all’Europa sul nuovo Patto di stabilità. Questa più o meno la sintesi: l’Italia rilanci gli investimenti, potenzi le riforme in materia di giustizia civile e concorrenza e affronti il problema del debito pubblico. E, perché no, metta mano anche alla riforma del sistema pensionistico. Ma su banche e transizione, lo Stivale è un passo avanti.
CRESCITA CERCASI
Ebbene, “l’attività economica della Penisola ha superato bene le crisi recenti, tuttavia, ora sta rallentando in un contesto di irrigidimento delle condizioni finanziarie”, indica l’Organizzazione che riunisce i Paesi industrializzati. Quindi, “al fine di garantire una crescita solida e sostenibile nel lungo periodo, l’Italia dovrebbe attuare politiche concentrate sul potenziamento del contesto imprenditoriale e della concorrenza, sul consolidamento delle finanze pubbliche e sulla promozione della transizione verde”, hanno scritto.
L’Ocse stima una crescita economica pari allo 0,7% per quest’anno, dopo lo 0,7% registrato nel 2023 e l’1,2% previsto per il 2025. L’inflazione complessiva dovrebbe diminuire gradualmente dal 5,9% del 2023 al 2,6% nel 2024 e al 2,3% nel 2025, in linea con l’inflazione di fondo che dovrebbe raggiungere il 2,5% nel 2025. Questo anche grazie “agli investimenti pubblici che hanno iniziato a risalire e si prevede che continueranno a sostenere l’economia nel corso dei prossimi anni”.
IL PROBLEMA DEBITO
Problema. “Il debito pubblico dell’Italia, pari a circa il 140% del Pil, è “il terzo più elevato dell’Ocse”, chiariscono da Parigi. Tanto basta a rendere “necessario attuare riforme fiscali e della spesa per contribuire a portare il debito su un percorso più prudente. Al fine di ridurre il debito pubblico in maniera durevole, a partire dal 2025, la priorità assoluta per la politica fiscale italiana consiste nell’assicurare il risanamento dei conti pubblici portando avanti tale attività per svariati anni”. Ed “è necessario, inoltre, contenere l’aumento della spesa salvaguardando al contempo gli investimenti pubblici al fine di ridurre al minimo gli effetti collaterali negativi sulla crescita”.
Di qui, una proposta che sta già suscitando delle polemiche. In Italia “lo spostamento dell’imposizione dal lavoro alle successioni e ai beni immobili renderebbe il mix fiscale più favorevole alla crescita, consentendo al contempo di incrementare le entrate”. Tradotto, meno tasse sul lavoro e più sulla casa. “Sarebbe altresì necessario aggiornare i parametri per il calcolo della base imponibile dell’imposta sugli immobili, tenendo conto dei relativi effetti distributivi”.
LE NOTE (POSITIVE)
Fin qui le raccomandazioni. Poi ci sono però le promozioni. Tra tutte, quella relativa alle banche. “In Italia il settore bancario è ben capitalizzato ed è meglio preparato a resistere agli shock rispetto al passato. Tuttavia il settore bancario e quello assicurativo detengono ingenti titoli del debito sovrano, che richiedono un monitoraggio costante delle pressioni sui bilanci che potrebbero derivare dall’incremento dei tassi di interesse o dal rallentamento della crescita”.
Non è finita. L’altro attestato riguarda la svolta green. Sì, perché l’ente parigino rileva come “la bassa intensità energetica che caratterizza l’attività economica e le abbondanti risorse di energia solare collocano l’Italia in una buona posizione per realizzare la transizione climatica. Tuttavia, per accelerare la riduzione delle emissioni e l’adattamento ai cambiamenti climatici occorre rafforzare ulteriormente le misure esistenti e introdurre politiche aggiuntive”.
A livello globale, l’Ocse il ritmo della riduzione delle emissioni ha registrato un calo nell’ultimo decennio, con la ripresa della crescita e l’allentamento delle misure a sostegno della decarbonizzazione. “Per conseguire l’obiettivo intermedio del taglio delle emissioni del 55 % entro il 2030 (rispetto ai livelli del 1990) sarà necessario aumentare il ritmo a cui vengono ridotte le emissioni”. E in Italia “la fissazione, per legge, dell’obiettivo di azzeramento delle emissioni nette entro il 2050 e l’istituzione di un comitato indipendente per il clima incaricato di valutare le politiche e fornire assistenza potrebbero contribuire a rafforzare la responsabilità del governo”.