Da mesi l’Europa sta tentando di fare cassa con gli asset di Mosca messi sotto chiave. Eppure la mossa non solo potrebbe essere poco vantaggiosa, ma persino inutile. Nicolas Mulder, via Financial Times, spiega perché
Congelare e monetizzare gli asset della Russia è uno dei pallini dell’Europa da due anni buoni a questa parte. 200 miliardi, euro più, euro meno, messi sotto chiave per farli fruttare, al fine di finanziare la ricostruzione dell’Ucraina. Ma non tutti sono convinti della bontà di questa operazione. Tra questi, Nicolas Mulder, economista e docente alla Cornell University (New York) e autore del recente volume su tutte le sanzioni comminate nel mondo a partire dalla I Guerra Mondiale, The Economic Weapon).
Ora, dopo aver sollevato dubbi circa l’opportunità per l’Ue di interrompere del tutto gli acquisti di gas russo lo scorso anno, spiegando come l’efficacia delle sanzioni non si misura sul malessere da esse imposto sull’avversario, bensì sulla loro attitudine ad avvicinarci alla pace, dalle colonne del Financial Times Mulder mette in dubbio un altro caposaldo della strategia europea per mettere alle corde Mosca. Tacciandola di essere persino controproducente.
“La campagna occidentale di pressione economica contro la Russia si sta spingendo in un nuovo ambito: il sequestro dei beni sovrani. A marzo 2022, gli Stati Uniti e l’Unione europea avevano congelato circa 300 miliardi di dollari di riserve della banca centrale russa per ritorsione contro l’invasione dell’Ucraina da parte di Vladimir Putin. Ora i Paesi del G7 stanno discutendo se confiscare e liquidare questi beni”, premette Mulder.
Ma ecco il punto. “Tuttavia, sulla confisca dei beni statali russi, sorgono alcuni problemi: manca un effetto coercitivo, che viene invocato dalle parti sbagliate e mina l’ordine basato sulle regole che i governi occidentali affermano di difendere. La spinta alla confisca dei beni è dettata dalle difficoltà politiche interne di garantire finanziamenti a lungo termine a Kiev. Come strumento di pressione, la sua utilità è minima. La confisca di riserve non costringerà Putin a porre fine alla sua guerra. Inoltre, l’avanzo delle partite correnti di 227 miliardi di dollari registrato dalla Russia nel 2022 ha reintegrato una parte sostanziale delle riserve”.
Insomma, “le rappresaglie economiche sono prerogativa degli Stati danneggiati, non dei Paesi terzi. I belligeranti possono anche espropriare proprietà pubbliche e private appartenenti allo Stato e ai cittadini dei loro avversari. L’Ucraina ha esercitato questo diritto sequestrando almeno 880 milioni di dollari di proprietà russa e di aziende all’interno dei suoi confini nel maggio 2022. Ma, gli alleati di Kiev non sono in guerra con la Russia. Il Belgio e la Francia hanno congelato la maggior parte dei beni russi, detenendo 206 miliardi di euro in titoli presso il depositario Euroclear con sede a Bruxelles e altre istituzioni finanziarie. Ma per espropriarli, dovrebbero diventare parte diretta della guerra russo-ucraina”.
Non è finita. “Oltre a questi problemi politici, legali e diplomatici, il miglior argomento contro la confisca è che è economicamente inutile. Gli aiuti degli Stati Uniti e dell’Unione europea all’Ucraina, sia militari che economici, hanno finora superato di gran lunga i 100 miliardi di dollari all’anno. Questa somma è facilmente sostenibile per l’economia transatlantica. Un approccio meno rischioso consisterebbe nel finanziare l’Ucraina con i diversi miliardi di euro di profitti annuali derivanti dalle attività russe. Poiché si tratterebbe di riorientare i flussi di reddito piuttosto che toccare il capitale, le ramificazioni legali internazionali sarebbero più blande.
Per questo “aiutando Kiev a respingere l’aggressione russa si difende la sovranità nazionale e l’integrità territoriale. Ma i sostenitori di un ordine basato sulle regole demoliscono la loro credibilità se rispondono alla criminalità di Mosca con misure illegali. Tale comportamento accelererà la dissoluzione del confine tra guerra e pace, alienerà molti Stati al di fuori della coalizione delle sanzioni”.