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Russia, Ucraina, mondo. I sei scenari del Clingendael per capire l’inerzia della guerra

Dal trionfo totale di Putin al collasso della Federazione Russa, passando per un’ordinata transizione al Cremlino. Attraverso gli scenari suggeriti, gli analisti del Clingendael offrono le coordinate su cui indirizzare la politica europea (e del G7) verso Est

Tra poche settimane la guerra in Ucraina celebrerà il secondo anniversario dall’inizio delle ostilità. Mentre all’orizzonte non si prospetta alcun tipo di soluzione per questa crisi, la Comunità internazionale si trova ad affrontare un dossier in complicazione ulteriore. Attenzione che sarà tra i temi anche in cima all’agenda del G7, di cui l’Italia è Paese presidente per l’anno appena iniziato, visto il coinvolgimento contro la violenza russa dei Paesi membri.

Nessuno, all’alba del 24 febbraio del 2022, si sarebbe aspettato un conflitto dalla durata così estesa. Nè a Kyiv, né nelle capitali occidentali, né, tantomeno, a Mosca. Lanciando l’Operazione Militare Speciale, il presidente russo Vladimir Putin si aspettava dall’apparato militare russo un’azione fulminea ed efficiente, esattamente come quanto avvenuto nel 2014 nella penisola di Crimea: un colpo di mano rapido e indolore, che si sarebbe terminato nell’arco di poche ore con l’occupazione di Kyiv e l’installazione di un regime politicamente dipendente dal Cremlino, lasciando l’Occidente di fronte al fatto compiuto.

Ma i carri armati marchiati con la lettera “Z” non entreranno mai a Kyiv. Il rapido blitz che Putin si aspettava non si concretizzerà mai, e mentre la rapida guerra di movimento che ha caratterizzato il primo periodo del conflitto lasciava spazio ad una guerra di posizione e d’attrito, l’apparato statale della Federazione Russa si adeguava alla nuova realtà. Il conflitto in Ucraina diventava una sfida esistenziale per il regime al potere, e i futuri sviluppi del primo saranno decisivi per il destino del secondo. Ma quali possono essere i possibili outcomes?

Bob Deen e Niels Drost, analisti del think tank olandese per le relazioni internazionali Clingendael, hanno provato a fornire una risposta a questa domanda in un loro approfondimento, dove delineano sei differenti scenari su come la situazione in Russia andrà ad evolversi nei prossimi cinque anni, sviluppati su un modello che computa 35 diverse variabili. L’obiettivo che i due analisti si pongono è quello di “aiutare i policy-makers a prepararsi a ciò che potrebbe accadere in futuro”.

Il primo scenario presentato, considerato uno dei più realistici, è uno di cambiamento nella continuità. L’effetto congiunto di un andamento negativo delle operazioni militari, delle difficoltà economiche e della crescita del dissenso interno spingono le élite a soppiantare Putin e i suoi fedeli. I nuovi vertici al potere cercano un armistizio con l’Ucraina e un riavvicinamento (almeno parziale con l’Occidente), mentre promuovono limitate riforme politiche ed economiche. Ma quest’inversione è solo parziale, e le scelte prese dal regime sono prese soltanto sulla base dell’autoconservazione, non del cambiamento. Cambiare il minimo per non cambiare nulla.

Altrettanto probabile viene considerato il secondo scenario, che vede la guerra protrarsi a lungo e la Federazione Russa schiacciarsi sempre di più sulla Repubblica Popolare Cinese. In cambio del supporto diplomatico ed economico (ma anche militare), Mosca si offre a Pechino come fornitore stabile di risorse naturali a basso costo e come distrazione per gli Stati Uniti e l’Europa. Questo scenario potrebbe realizzarsi con o senza Putin ancora al Cremlino, ma gli analisti del Clingendael notano come la scelta dell’attuale Presidente di diventare sempre più dipendente dalla Repubblica Popolare potrebbe causare forti instabilità interne: alcuni russi preferirebbero infatti raggiungere un qualche tipo di accordo con l’Occidente piuttosto che diventare completamente dipendenti da Pechino.

Nel terzo scenario la fine del sostegno occidentale a Kyiv fa sì che Mosca esca trionfante dal conflitto in Ucraina. Mentre l’unità euroatlantica attraversa un periodo di crisi, la popolarità di Putin sale alle stelle dentro e fuori dalla Russia, che ricostruisce una forte tela di rapporti internazionali e vede prosperare l’economia. Anche lo strumento militare di Mosca viene rigenerato, rendendolo pronto a nuove operazioni. Usa ed Europa si trovano così a dover gestire un fronte sino-russo galvanizzato e ancora più assertivo. Pur considerato improbabile, questo scenario rimane comunque possibile, e gli autori sottolineano l’alto impatto che tale dinamica avrebbe sul futuro delle relazioni internazionali.

Una Russia completamente isolata dalla comunità internazionale, magari in seguito all’utilizzo di armi atomiche, è la protagonista del quarto scenario. L’establishment al potere adotta un approccio repressivo di carattere neo-stalinista sul piano politico, mentre economicamente l’obiettivo è la realizzazione dell’autarchia. A livello di politica estera, il “senso di insicurezza” costantemente presente a Mosca viene stressato ancora di più, portandola a sviluppare un’ostilità sempre più forte, soprattutto verso l’Occidente. Come il precedente, è uno scenario dalle basse probabilità ma dall’alto impatto, anche se una sua versione più “edulcorata”, dove l’azione diplomatica dell’Ucraina e dell’Occidente riescono a isolare completamente la Russia a livello globale per cercare di avviare un processo di regime change, viene definito non solo possibile, ma auspicabile.

Quinto e sesto scenario sono molto simili per il contesto, ovvero quello di una schiacciante sconfitta militare in Ucraina che mina la stabilità della struttura di potere dello Stato. Ma se nel quinto scenario la Federazione Russa riesce a mantenere l’integrità territoriale, cedendo potere ad attori non-statali come la criminalità organizzata (secondo dinamiche simili a quelle della Russia immediatamente dopo lo sfaldamento dell’Unione Sovietica), nel sesto scenario le potenti forze centrifughe causano l’implosione della Federazione Russa, e la nascita di una serie di stati separatisti guidati da veri e propri signori della guerra. Il quinto scenario viene considerato uno dei più probabili, mentre il sesto viene considerato come il più improbabile, ma anche quello dal più alto impatto: il verificarsi di una simile situazione implicherebbe l’affrontare “questioni urgenti e complesse come la messa in sicurezza dell’arsenale nucleare russo, il riconoscimento o meno delle repubbliche secessioniste e la loro difesa dall’aggressione del nuovo Stato moscovita, nonché la gestione dell’inevitabile afflusso di rifugiati provenienti da conflitti distruttivi che potrebbero scoppiare nel territorio dell’ex Federazione Russa”.

Opzioni con marcate differenze reciproche, ma che proprio in virtù di questa differenza permettono di identificare variabili fondamentali da tenere a mente, al fine di organizzare i processi di policy-making e di perseguire una politica basata su una strategia strutturata e solida. Per dirla con le parole di Deen e Drost , “Aspettare e sperare in giorni migliori che potrebbero non arrivare mai non è una politica particolarmente prudente”.



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