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Una giusta e una sbagliata. Le mosse Ue di Salvini secondo Mayer

All’Italia non servono candidature di bandiera che si dimettano il giorno dopo ma persone che intendano impegnarsi seriamente per cinque anni come parlamentari europei. Sul generale, invece… L’opinione di Marco Mayer

Matteo Salvini in questi giorni ha deciso una cosa giusta e una sbagliata. Ha fatto benissimo a non candidarsi alle elezioni europee. All’Italia non servono candidature di bandiera che si dimettano il giorno dopo ma persone capaci, competenti e popolari che intendano impegnarsi seriamente per cinque anni come parlamentari europei.

Mi auguro che Giorgia Meloni ed Elly Schlein, leader rispettivamente di Fratelli d’Italia e Partito democratico, seguano l’esempio del segretario della Lega: trasformare la competizione per Strasburgo in una corrida tutta italiana sarebbe un segno di miopia e/o di ignoranza politica.  Nel mondo in ebollizione in cui stiamo vivendo, il prossimo Parlamento europeo avrà un compito storico senza precedenti e su questo – non altro – la politica italiana dovrebbe concentrarsi nei prossimi sei mesi di campagna elettorale.

L’errore di Salvini, invece, è puntare sul generale Roberto Vannacci come possibile candidato.

Opporsi alla presentazione del suo libro, come sta accadendo in giro per l’Italia, è una vera stupidaggine. La libertà di espressione è libertà di espressione, punto. A chi manifesta per cancellare le presentazioni del libro ricordo che perfino Aryeh Neier, uno dei grandi protagonisti dei movimenti per le libertà civili e contro l’apartheid negli Stati Uniti, difende il diritto di manifestare di un gruppo della destra neonazista americana anche se in una cittadina americana con un alto numero di sopravvissuti alla Shoah.

Salvini sbaglia non per il libro, e neppure per il suo autore. Non è prudente, però, candidare – a prescindere dalle sue inclinazioni politiche – chi abbia svolto un ruolo delicato come quello di addetto militare presso l’ambasciata d’Italia a Mosca.  È un luogo importante e misterioso. La sua storia è avvincente. Ma è sempre stata una sede “sensibile”, a prescindere dalle intenzioni e dalle responsabilità delle persone italiane che ci hanno lavorato. Forse qualcuno ricorda che durante la pandemia l’ambasciata italiana a Mosca è diventata, suo malgrado, cassa di risonanza piuttosto rilevante della “diplomazia dei vaccini” russa.

Il vaccino russo, in verità, non è mai decollato per la mancata approvazione dell’Agenzia europea del farmaco e dell’Organizzazione mondiale della sanità. Salvini è uno dei politici che hanno sostenuto con più convinzione la causa del vaccino di Vladimir Putin. Niente di male, chi non sbaglia? Ma “errare humanum est, perseverare autem diabolicum”.

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