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Meloni-Schlein, antipasto elettorale. Ma occhio a Conte. Panarari spiega perché

Privatizzazioni, sanità e conflitto in Medio Oriente. Le schermaglie di oggi alla Camera tra il premier, il leader pentastellato e la segretaria del Pd sono l’antipasto della campagna elettorale. Schlein poco concreta, Conte incalza e Meloni è lontana dal realizzare le promesse fatte ma può vivere di rendita. Conversazione con il sociologo di UniMoRe, Massimiliano Panarari

Antipasto di campagna elettorale. O meglio “l’accelerazione di una campagna elettorale permanente, in cui ognuno recita la sua parte in commedia, rivolgendosi al proprio elettorato”. Dalle privatizzazioni alla sanità, passando per il conflitto in Medio Oriente. Il dibattito alla Camera, tra il premier Giorgia Meloni, la segretaria del Pd Elly Schlein e il leader pentastellato Giuseppe Conte non è altro che “un finto confronto prevedibile. Le prove generali del confronto in tv tra il capo del governo e la segretaria dem e, soprattutto, del clima che animerà la campagna elettorale da qui alle Europee”. Ne è certo il sociologo, saggista e docente dell’università di Modena e Reggio-Emilia, Massimiliano Panarari che nella sua intervista a Formiche.net analizza punto su punto lo scontro in aula sul question time.

Panarari, verrebbe da dire: cronaca di uno scontro annunciato. 

Esattamente, campagna elettorale permanente o poco più. Finte prove di dialogo sui temi, che celano in realtà la volontà di rivolgersi al proprio elettorato in vista dell’appuntamento alle urne in primavera.

Come l’è sembrata l’impostazione delle risposte del premier Meloni?

Meloni cerca di tenere assieme il doppio ruolo di capo del governo e leader di un partito populista di destra, alle prese con una forsennata competizione interna alla coalizione con gli altri partiti. Sia con Forza Italia, ma soprattutto con la Lega. In questo senso è molto significativo il rispolvero del tema identitario legato a Stellantis.

Sulle privatizzazioni delle aziende di Stato è stata molto chiara è l’indirizzo del governo, specificato peraltro anche nella Nadef, ha una direzione precisa. 

In realtà Meloni utilizza un doppio registro. È evidente che la razionalizzazione delle partecipazioni pubbliche sia una priorità per il Paese, ma la differenza la fa il modo in cui questo piano viene portato avanti. In questo lei, con il suo stile populista, cerca di lanciare un messaggio preciso. Ossia quello di scongiurare il “pericolo” che questa razionalizzazione possa in qualche modo favorire le grandi oligarchie economiche cui lei si è sempre opposta.

Schlein incalza sul tema sanitario. Ma, realmente, qual’è la linea del Pd su questo versante?

Il tema sanitario è fondamentale ed è estremamente, drammaticamente concreto. Ed è qui che sta la difficoltà per la segretaria dem.

Cosa intende dire?

Schlein non riesce, sulla sanità così come su altri temi, a passare dalla dimensione dell’astrattezza a quella della concretezza. Per cui, di fatto, non riesce a dettare la linea. Lei fatica a ottenere risultati in termini di opinione. Nonostante la crisi del sistema sanitario sia evidente: esiguità di risorse, organici insufficienti e risposte inadeguate nonostante lo straordinario sforzo degli operatori.

Il pentastellato Conte oggi ha definito il premier, Re Mida al contrario. 

Conte gioca la sua partita, con la sua proverbiale capacità retorica. Va riconosciuto al suo staff comunicativo una grande abilità nel coniare slogan efficaci. Un populismo comunicativo che in qualche modo è uno “specchio” di quello di Meloni. Ed è per questo che il premier è più in difficoltà nell’affrontare il pentastellato piuttosto che Schlein.

In sostanza, da quello che lei dice, conviene tanto a Conte quanto a Meloni che Schlein stia al suo posto?

A Meloni sicuramente. A Conte con sfumature diverse. Nel senso che una leadership più forte a sinistra lo metterebbe in seria difficoltà. Mentre in questo momento ha sostanzialmente campo libero. D’altra parte essendo un populista post-ideologico non ha bisogno di sforzarsi di essere coerente. In questo momento il Pd di Schlein non ha forza espansiva, per cui il Movimento 5 Stelle ha ampi margini di manovra. Insomma, Meloni può vivere di rendita.

In che senso vivere di rendita?

Benché il governo sia ben lungi dall’aver portato a casa le promesse che aveva fatto agli italiani, con qualche azione mirata a “preservare” il proprio elettorato è riuscito in qualche modo a consolidare una posizione (tassisti e balneari sono un esempio concreto in questo senso). E, nonostante Conte abbia abbassato il fuoco polemico contro Schlein ultimamente, non esiste un’alternativa reale di governo. Il centro è deflagrato. Ecco perché Meloni può vivere di rendita.

 

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