Mentre si moltiplicano i report delle agenzie di intelligence su possibili scenari di escalation, Nato ed Unione Europea si muovono in preparazione al worst case scenario. Intanto, la retorica russa verso i baltici si fa sempre più accentuata
L’Ucraina è solo l’inizio. L’allarme lanciato da diverse agenzie di intelligence europee è inequivocabile: la Russia di Vladimir Putin sta già guardando all’Europa. Le stime sono differenti, con i servizi di Tallin che prevedono un’azione offensiva di carattere militare in un lasso di tempo che va dai tre ai cinque anni, e quelli tedeschi che invece parlano di un possibile attacco nell’estate del 2025. E anche l’intelligence britannica condivide timori simili. Questi rischi sono ovviamente soppesati su determinate variabili, come l’andamento del conflitto attualmente in corso tra Kyiv e Mosca e l’esito delle elezioni americane. Worst cases scenario, dunque, ma pur sempre da tenere in considerazione.
È lo stesso ministro della Difesa tedesco Boris Pistorius a sottolineare la pericolosità della situazione: “Sentiamo minacce dal Cremlino quasi ogni giorno… quindi dobbiamo tenere conto del fatto che Vladimir Putin potrebbe in futuro anche attaccare un paese della Nato”, specificando che per il momento questa eventualità rimane però “poco probabile”. Pochi giorni prima l’ammiraglio Rob Bauer, presidente del Comitato militare della Nato, aveva sottolineato la necessità di “una trasformazione bellica della Nato” per “essere, anche in futuro, pienamente efficaci”. Bauer ha sottolineato come questa sia “un’epoca in cui dobbiamo aspettarci l’imprevisto”, e che “siamo di fronte al mondo più pericoloso degli ultimi decenni”.
A far paura non è solo la rinnovata assertività militare di Mosca, ma anche la retorica promossa dalla sua leadership. Sia nelle piccole cose, come ad esempio la scelta di sfruttare frasi ambigue nei cartelloni propagandistici diffusi in tutto il Paese con l’avvicinarsi delle elezioni, che in quelle grandi, come l’impiego di toni particolarmente ostili ed aggressivi in riferimento ad un ipotetico ricorso al proprio arsenale nucleare.
Con questa minaccia che aleggia all’orizzonte, in Europa qualcosa comincia a muoversi. “Dopo la guerra in Ucraina dobbiamo ripensare tutta la nostra difesa e la nostra base industriale, non solo da un punto di vista militare ma anche dal punto di vista interoperabilità degli eserciti dei Paesi membri” sono le parole usate dalla Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen in concomitanza dell’annuncio della nuova Strategia Europea per la Difesa, prevista per il marzo di quest’anno. Una tappa fondamentale all’interno del più ampio processo di preparazione militare e di raggiungimento dell’autonomia strategica, traguardo che, dati alla mano, risulta ancora lontano.
Nel frattempo, l’Alleanza Atlantica si accinge a realizzare la più grande esercitazione militare dai tempi della guerra fredda. Steadfast Defender 2024 si strutturerà interamente attorno allo scenario di un’escalation militare con la federazione russa lungo i confini orientali dell’Alleanza, e in particolare nell’area che comprende la Polonia e i Paesi baltici.
Di recente è proprio contro questi ultimi che la leadership moscovita ha concentrato le proprie attenzioni: come denota l’Institute for the Study of War, lo stesso presidente russo attraverso i suoi recenti interventi ha notevolmente amplificato uno sforzo di lunga data del Cremlino atto a creare le condizioni informative per future escalation contro i paesi baltici, probabilmente come parte del suo più ampio sforzo per indebolire la Nato. E proprio i Paesi baltici potrebbero essere teatro della prossima avventura militare della Federazione Russa.