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Tech, come evolverà la relazione Ue-Usa nel 2024. La mappa del Gmf

Disinformazione, elezioni, IA, flussi di dati, semiconduttori, controlli alle esportazioni. In un anno cruciale per le democrazie digitali, il think tank statunitense offre una serie di predizioni sui dossier tecnologici più importanti della relazione transatlantica

La sfera tecnologica è un’autostrada per l’interscambio commerciale tra Unione europea e Stati Uniti, un flusso che vale oltre mille miliardi di dollari all’anno. Ma è anche uno degli ambiti in cui emergono più chiaramente le differenze nell’approccio allo sviluppo economico e alla regolamentazione. Ciononostante, in un mondo in cui le manifestazioni delle nuove tecnologie agiscono come un moltiplicatore di forza economica e militare e riflettono i valori del sistema politico da cui sono generate, il consolidamento del fronte tecno-democratico è una priorità sempre più importante per gli alleati transatlantici.

IN ATTESA DEL TTC

L’ampiezza, la profondità e le lacune della collaborazione transatlantica in materia verranno alla luce alla prossima riunione del Consiglio commercio e tecnologia (Ttc) Ue-Usa, in programma per fine gennaio a Washington. È lo stesso forum che gli alleati hanno usato per coordinare le sanzioni tecnologiche contro la Russia all’indomani dell’invasione su larga scala dell’Ucraina, ed è il luogo in cui i partner lavorano per allineare i rispettivi approcci (e tentare di dirimere le controversie) su dossier cruciali come gli standard tecnologici, la governance dei dati e la sicurezza delle supply chain.

DISINFORMAZIONE ELETTORALE

Il Ttc fotograferà lo stato dei lavori, ma c’è chi guarda più il là. Adrienne Goldstein e Brooke Tanner del German Marshall Fund hanno mappato le tendenze degli ambiti tecnologici più importanti e azzardato una serie di previsioni per il 2024. Anno di elezioni su ambo le sponde dell’Atlantico, che oltre a togliere ossigeno ai dibattiti sulla regolamentazione tecnologica saranno terreno fertile per la disinformazione digitale. Secondo le esperte il pericolo da tenere a bada non è tanto il ruolo dell’intelligenza artificiale generativa nel creare fake news, quanto i licenziamenti e la revisione delle regole elettorali che “hanno reso le piattaforme [online] più adatte alla disinformazione.”

Non è solo X: anche Meta e YouTube stanno tornando a politiche pre-2016. Negli States significa consentire a team Donald Trump di continuare a sostenere che le elezioni del 2020 sono state una farsa, ma le nuove politiche di moderazione “avranno un impatto anche sulle elezioni parlamentari dell’Ue”. La differenza è che Bruxelles si è mossa più aggressivamente per contrastare la disinformazione online, come anche nell’altra grande frontiera del 2024: l’IA.

INTELLIGENZA ARTIFICIALE

Per Goldstein e Tanner, l’Ue procederà nell’adottare il suo AI Act, farà progressi sulle direttive in materia di responsabilità legale dei prodotti IA, e discuterà di protezione dei consumatori. Di contro, il panorama normativo statunitense “assomiglierà all’attuale frammentazione delle leggi sulla privacy: un mosaico di normative statali e locali e decisioni giudiziarie ampiamente applicate a casi d’uso estremi”. Nel 2024 i legislatori a stelle e strisce cercheranno ancora di capire come regolamentare al meglio l’IA, “ricevendo input e risorse sostanziali dalle aziende tecnologiche”.

FLUSSI DEI DATI

Sul versante del flusso di dati transatlantici, le esperte rilevano una mancanza di fiducia nell’ultimo accordo raggiunto tra Ue e Usa sulla protezione dei dati personali (il terzo tentativo, dopo che la Corte di giustizia europea ha invalidato le due versioni precedenti). Secondo loro gli attivisti europei non digeriranno le misure prese da Biden per limitare i poteri dell’intelligence Usa. Il numero di aziende che ha firmato questa versione dell’accordo-quadro è sceso ancora, e le aziende Usa ricorreranno sempre più allo strumento delle clausole contrattuali standard – il modo più basilare, ma comprovato. E nonostante le richieste di creare un quadro internazionale, e i progressi compiuti da G7 e Ocse, “una soluzione globale completa rimarrà irraggiungibile” nel corso del 2024.

SEMICONDUTTORI

C’è poi la questione dei chip, ambito in cui Usa e Ue continueranno a collaborare per negare alla Cina l’accesso ai semiconduttori più avanzati e alle attrezzature di produzione, scrivono le esperte. Tuttavia, dato che Pechino controlla gran parte della catena di approvvigionamento delle materie prime fondamentali, c’è il rischio che le ritorsioni cinesi per i nuovi controlli sulle esportazioni possano “accelerare, con implicazioni più ampie per le complesse supply chain del settore”.

Sia Bruxelles che Washington continueranno a investire nelle proprie industrie, ma l’Ue “potrebbe rivedere le relazioni commerciali con gli Usa” sia per via dei legami più stretti con la Cina, sia se Washington cambiasse idea sui propri impegni di sicurezza, come nel caso dell’Ucraina e di una presidenza Trump 2.0. Ma la cooperazione transatlantica, basata su supply chain estremamente integrate, sarà sempre più cruciale: “nuovi materiali come il grafene, i nanotubi di carbonio e gli elettroliti allo stato solido offriranno vantaggi per la progettazione e le prestazioni dei chip, ma richiederanno anche nuovi standard, regolamenti e partnership”.

CONTROLLI ALLE ESPORTAZIONI

Vista la tendenza globale di securitizzazione delle relazioni, è comunque indubbio che entrambi i partner rimarranno concentrati sulle misure di controllo alle esportazioni. Washington amplierà la gamma di prodotti soggetti al controllo e all’applicazione delle restrizioni, scrivono Goldstein e Tanner, mentre l’Ue rinnoverà i controlli sui prodotti dual use. Bruxelles “mira a un più stretto coordinamento tra gli Stati membri” e le valutazioni di rischio sulle tecnologie critiche (semiconduttori avanzati, IA, tecnologie quantistiche e biotecnologie) potrebbero portare a nuove misure “già nella primavera del 2024”.

Per quanto riguarda la relazione bilaterale, le elezioni Usa potrebbero impattare significativamente il commercio: Trump ha promesso nuovi dazi, e “disaccordi sulla tassazione dei servizi digitali, sulla protezione dei diritti digitali e sulla regolamentazione della concorrenza digitale potrebbero anche ostacolare i progressi verso accordi commerciali digitali duraturi”.


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