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Un patto sociale per affrontare le quattro transizioni in atto per il Paese. Scrive Tivelli

È il momento di comprendere che per impedire che i macigni discendano ancora, facendo ulteriori danni, solo un “Patto sociale”, un patto di responsabilità tra le forze sociali accompagnato dal tendenziale superamento della troppa divisività nel quadro politico può contribuire a non affossare il Paese. La versione di Luigi Tivelli

In questa fase l’Italia è, diversamente da quanto emerge dal cicaleccio politico quotidiano, in una fase ricca di criticità.
Infatti, per quanti “imbellettamenti” e “incipriamenti” tendano a fare i diversi telegiornali, per non pochi dei quali il nostro sembra il Paese più tranquillo e felice possibile, l’Italia è attesa in questo inizio del 2024 da sfide di grande rilevanza. In primo luogo occorre gestire almeno 4 complesse transizioni. Le transizioni ecologica e digitale che sono obiettivi fondamentali del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (di cui non si capisce bene con quale puntualità siano perseguite…) ed altre due transizioni fondamentali per le quali non può venire in soccorso il Pnrr.
Mi riferisco alla transizione del debito pubblico e alla dura e complessa transizione demografica. Ai limiti della transizione ecologica si sta provvedendo cercando di spuntare all’Unione Europea man mano qualche deroga o provando a gestire nella maniera più flessibile possibile milestones e target del Pnrr.
La gestione della transizione digitale sconta, invece, gli enormi ritardi accumulati nell’agenda digitale del nostro Paese e prosegue a fatica. Ma quella che è non poco preoccupante – e non poco sottovalutata- è la transizione del debito pubblico. Finita la sospensione del Patto di stabilità a seguito degli anni della pandemia i target di riduzione del debito pubblico saranno per l’Italia molto impegnativi, anche in presenza di un alto livello di deficit pubblico.
Mentre, invece, al nostro Paese occorrerebbe disporre di sani margini di saldo primario dei conti di finanza pubblica. Si tratta di obiettivi impegnativi per i prossimi anni a cui non è facile capire come si può fare fronte. Tutto ciò avviene nel quadro di un Paese caduto nel peggior trabocchetto demografico possibile. Un fattore che rende ancora più complessa la transizione demografica.
Non si tratta solo del fatto che siamo uno dei paesi con la popolazione più anziana del mondo, né di quanto emerge da quell’indicatore a livelli bassissimi della quota 1,2 figli per donna, ma del fatto che il crollo demografico dura da almeno un trentennio. E anzi tra poco non sarà più facile trovare nemmeno le mamme in età idonea per fare figli.
Né si riesce a condurre in porto una politica di flussi di immigrazione regolari adeguati che sarebbero fondamentali per contribuire almeno in parte a superare lo shock demografico in atto. Un fenomeno che non ha e non avrà più solo effetti nel campo della previdenza, ma anche nel campo del mondo lavoro, della salute, e in vari altri ambiti del vivere associato.
Tutto ciò avviene non solo nel quadro di una politica molto distratta che, lungi dal contribuire ad affrontare e risolvere questi gravi ordini di problemi e a guidare queste complesse transizioni, è presa dal cicaleccio quotidiano. Inseguire il nuovo “tormentone mediatico” che nasce ogni giorno in un gioco di specchi perverso tra stampa e politica, non è certo il modo migliore per affrontare transizioni e problemi. C’è anche una forte disattenzione diffusa da una parte della stampa.
E purtroppo non solo da quei telegiornali che sono chiamati a spargere un po’ di melassa sparsa per sostenere il potere in carica. Tutto ciò avviene poi in un quadro di sempre più radicata e radicale divisività tra le forze politiche. Una divisività che si ritrova anche tra buona parte degli stessi organi di stampa e che non aiuta certo ad affrontare i gravi problemi in atto per l’oggi e il domani.
Qualche anno fa fu la Confindustria di Carlo Bonomi a proporre una forma di “Patto sociale” per affrontare le gravi questioni in atto, una proposta che l’allora presidente del Consiglio Mario Draghi aveva dichiarato di fare propria, ma che poi sfumò, anche perché l’unica delle tre grandi centrali sindacali che lo sosteneva era la Cisl.
Rimane però il fatto che senza un vero “Patto sociale”, senza superare le troppe divisività in atto, non è possibile né affrontare le quattro transizioni, né affrontare gravi questioni e problemi quali quella del salario minimo, del lavoro povero e quella, non certo meno rilevante per lo sviluppo del Paese, del Mezzogiorno.
Siamo l’unico Paese occidentale in cui i salari sono sostanzialmente fermi esattamente da trent’anni, grazie anche al fatto che quasi ferma è stata la produttività in questo trentennio. In sintesi chi governa, e chi dovrebbe operare da opposizione responsabile, si trova e si troverà sempre più in una sorta di fatica di Sisifo. In cui si tenta di tanto in tanto di spingere macigni sulla china della montagna dei problemi in atto, mentre essi regolarmente vi discendono.
Sembra il momento di comprendere che per impedire che i macigni discendano ancora, facendo ulteriori danni, solo un “Patto sociale”, un patto di responsabilità tra le forze sociali accompagnato dal tendenziale superamento della troppa divisività nel quadro politico può contribuire a tale obiettivo. Se non si smette di fare su e giù ad inventare ogni giorno un idola tribus, oppure un idola fori, che si tratti della polemica quotidiana o di quel fumo negli occhi di cui si nutre a volte il governare, la via per il Paese sarà sempre più difficile. E non meno difficile sarà il governo delle quattro gravi transizioni in atto.
Credo che sarebbe pertanto giunto il momento che il presidente del Consiglio Giorgia Meloni, indotto anche da vizi dell’italico giornalismo a parlare nelle conferenze stampa istituzionali molto più da leader politico che da premier (e quindi a non affrontare i veri problemi del Paese), convocasse le parti sociali sottoponendo ad esse nell’interesse del Paese un menù che oltre alla questione delle quattro transizioni contempli i gravi problemi in atto.
Sarà poi responsabilità delle singole parti sociali comprendere che senza sedersi a questo tavolo ed assaggiare le portate più significative di questo menù, il macigno che si prefigura rischia di scendere ancora più dalla china della montagna dei gravi problemi in atto.
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