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Via al T7. I think tank al lavoro per costruire le policy del G7 italiano

Ispi e Iai hanno lanciato il T7-Italia, il progetto con cui i think tank intendono sostenere il lavoro del G7 – che quest’anno sarà ospitato dall’Italia. Analisi, scenari, policy sui grandi temi del momento: le sempre più profonde connessioni tra economia e geopolitica e le transizione gemelle energetica e digitale

Quando il vertice del G7 si terrà questo giugno sotto la presidenza italiana, sarà passato quasi mezzo secolo dal suo inizio nel 1975. Molto è cambiato da allora. Questioni pressanti come le crescenti rivalità geopolitiche, il cambiamento climatico, le sfide economiche globali e la trasformazione digitale richiedono un’azione decisiva e un coordinamento da parte dei leader mondiali. È questo il messaggio che introduce il T7-Italia, il Think-7, ossia il gruppo di engagement ufficiale dei think tank del G7 co-presieduto da ISPI e IAI, che accompagna il lavoro dei governi del G7 offrendo un forum per discussioni e proposte di policy.

Oggi, Antonio Villafranca,  director of Studies e Co-Head dello Europe and Global Governance Centre dell’Ispi, e Ettore Greco, vice presidente vicario e Responsabile programmi Multilateralismo e Politica estera dell’Italia dello IAI, hanno co-diretto i lavori della Conferenza inaugurale del gruppo di lavoro di cui Giampaolo Cutillo, Deputy Director General/Principal Director for Global Issues e G7/G20 Processes (foreign sous-sherpa) della Farnesina ha riconosciuto il valore.

“Il mondo è diventato molto complicato”, ha detto Cutillo nel suo keynote speech e per questo anche c’è bisogno del lavoro dei think tank, delle loro analisi e delle loro indicazioni di policy.

Ciò che emerge è che i flashpoint si sono complicati, l’economia fatica a riprendersi dalla pandemia, i cambiamenti climatici continuano a colpire il pianeta, la disinformazione ad attaccare le democrazie. È questo il quadro in cui l’Italia prende la guida del G7 dal Giappone, consapevole che il lavoro sarà per niente facile, il contesto è quello di “un mondo sempre più disordinato”, commenta l’alto funzionario italiano, il quale spiega il valore che il governo di Roma intende dare a progetti come quelli sulla sicurezza alimentare, l’AI (“porre le tecnologie al servizio degli umani con chiari guardrail etici”, perché “algoretica” deve essere la nostra parola guida nei prossimi anni, dice), la transizione energetica, e l’attenzione generale all’Africa – dimostrata con la Conferenza di ieri a Roma, primo evento internazionale nell’anno italiano del G7.

Due i grandi argomenti sul tavolo. Il primo, la sempre più stretta connessione tra geopolitica ed economia, la sfera della cosiddetta sicurezza economica che avvolge ormai le attività degli Stati e su cui si basano iniziative come il de-risking. Nel panel dedicato al tema hanno partecipato Carlo Altomonte; professore dell’Università Bocconi e senior associate research fellow dell’Ispi; Antonio Missiroli, senior advisor dell’Ispi ed ex  assistant Secretary-General della Nato per Emerging Security Challenges; Rose Ngugi, del think tank keniota Kipra e Co-Chair della T20 Task Force 8 su Multilateralismo and Global Governance; Rachel Rizzo, nonresident senior fellow dell’Atlantic Council; Matteo Villa, senior research Fellow dell’Ispi.

Emerge che più che l’autonomia strategica, che è molto costosa e complicata, c’è la necessità di una diversificazione strategica. E quello che è successo ieri a Roma, con l’incontro con i leader africani, è una strategia interessante includendo il continente nelle attenzioni del G7 e in questa strategia di diversificazione. Strategia che segna il ritorno della geopolitica nell’economia: tutte le politica economiche attuali sono pensate per scollegare per quanto possibile le produzioni del blocco G7 dalla Cina attraverso forme di diversificazione di vario genere. E lo dimostra il dibattito politico statunitense, che insieme ai passaggi esecutivi, fa segnare una totale attenzione alla Cina.

Non è più un’osservazione della Cina nell’Indo Pacifico e del se la Cina attaccherà Taiwan, ma la “questione Cina” sta condizionando sempre di più anche le politiche interne, l’economia, il commercio (per esempio ciò che accade con le nuove tecnologie, che ha ricadute sull’industria e sull’economia americana). E a maggior ragione il tema generale delle relazioni internazionali, per esempio nei rapporti con il Global South, come quello africano dove la Cina è molto presente. Un’intersezione resa evidente con l’amministrazione Trump, continuato con quella Biden e destinata a segnare il futuro. Anche perché, è la globalizzazione stessa che ormai dipende dalla Cina, e rende sostanziale queste differenziazioni e securitarizzazioni.

Il secondo blocco degli argomenti riguarda la transizione energetica e digitale, definite dal T7 “transizioni gemelle”. Nel panel dedicato, Fabrizio Botti, senior fellow dello Iai; Anna-Katherine Hornidge, direttrice del centro studi tedesco Idos; Francesco Profumo, presidente della Fondazione Compagnia di San Paolo; Dario Scannapieco, Ceo e direttore generale della Cassa Depositi e Prestiti; Chloe Teevan, head of Digital Economy and Governance del think tank paneuropeo Ecdpm.

Sono state alcune sfide globali multidimensionali, come la guerra in Ucraina e la pandemia, che hanno portato a una leggera regressione nei progressi verso i vari obiettivi di sviluppo sostenibile dal 2020 al 2022. Il panorama energetico globale è influenzato da eventi geopolitici, che rendono la sicurezza energetica cruciale quanto il perseguimento degli obiettivi di transizione verde, con il Green Deal europeo che ad oggi richiederebbe investimenti aggiuntivi sostanziali, stimati intorno al 2% del PIL, per affrontare queste sfide, ma gli investimenti di questo genere svolgono un ruolo fondamentale nel guidare la transizione verso fonti energetiche sostenibili ed efficienti e nel creare stabilità e sicurezze.

L’ottica del G7 italiano è lavorare a stretto contatto con il G20 e di farlo con l’obiettivo di riportare il mondo all’interno di un ordine basato sulle regole.

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