Il politico tedesco a capo del Ppe guarda con preoccupazione alle elezioni americane e sollecita una reazione preventiva dell’Unione nei confronti di Mosca. Reazione che passa dalla dimensione atomica
“Vogliamo la Nato, ma dobbiamo anche essere abbastanza forti da poterci difendere senza di essa, o con Trump al comando. Indipendentemente da chi sarà eletto in America, l’Europa deve essere in grado di stare in piedi da sola in termini di politica estera ed essere in grado di difendersi in modo indipendente”. Parlando con Politico, Manfred Weber non ha peli sulla lingua. Il leader del Partito popolare europeo è in via di ritorno da Kyiv mentre viene raggiunto telefonicamente dai cronisti, a cui descrive la sua visione: il (non ancora) candidato presidente Donald Trump e il presidente russo Vladimir Putin sono “le due figure che definiscono il quadro” per il 2024.
Le vittorie in Iowa e New Hampshire, dove il Tycoon ha trionfato sugli avversari, hanno fatto sì che si pensasse sempre più seriamente allo scenario della ri-elezione. Soprattutto nel Vecchio Continente, dove le posizioni di scetticismo nei confronti dell’Alleanza Atlantica, le accuse rivolte ai Paesi dell’Unione europea di non pagare le loro spese le minacce di non intervenire in difesa dell’Europa in caso di attacco non sono certo state dimenticate.
Una prospettiva che ha riportato in prima fila la questione spinosa della difesa nucleare europea. Attualmente la Nato fa grande affidamento sulle capacità atomiche di Washington, che ha dislocato testate nucleari in sei strategiche basi aeree militari site in Belgio, Germania, Italia, Paesi Bassi e Turchia.
“L’Europa deve costruire la deterrenza, dobbiamo essere in grado di dissuadere e difenderci. Sappiamo tutti che quando si arriva al dunque, l’opzione nucleare è quella davvero decisiva” ribadisce Weber, con un riferimento poco velato al retorica nucleare sempre più ostile impiegata dal regime di Vladimir Putin nei confronti dell’Europa e dell’Occidente. Sul piano convenzionale, è difficile pensare che Mosca possa attuare un’estesa operazione offensiva coronata dal successo. Ma se si entra nella dimensione nucleare, la questione cambia completamente.
L’unico Paese-membro della comunità europea in grado di svolgere un ruolo più ampio è la Francia (che negli anni ’60 del secolo scorso si ritirò dal comando militare integrato della Nato a causa dei suoi contrasti con gli Stati Uniti sullos viluppo di uno strumento nucleare autonomo), la quale può contare su una force de frappe di circa 300 testate nucleari.
Già nel 2020 il presidente francese Emmanuel Macron ha ventilato l’idea di un deterrente nucleare europeo a guida francese, aprendo a un “dialogo strategico sul ruolo del deterrente nucleare francese nella sicurezza collettiva”. Ma da Berlino non arrivò mai nessuna sorta di risposta. Nel 2022, la Francia ha nuovamente sollecitato una discussione con la leadership tedesca, affermando che l’offerta di due anni prima era ancora valida.
Trai sostenitori dell’idea di internazionalizzare la force de frappe, almeno come soluzione temporanea, c’è proprio lo stesso Weber. “Vorrei che la dimensione europea della difesa nucleare fosse un obiettivo a lungo termine. Ma finché questo non è realistico, dovremmo accettare l’offerta di Macron e pensare a come l’armamento nucleare francese possa essere integrato nel breve termine all’interno delle strutture europee”.
Magari collaborando anche con Londra. “Forse, tanto per chiarire le opzioni, siamo ora a un punto in cui, dopo gli anni e il decennio della Brexit, dovremmo aprire un dialogo costruttivo con i nostri amici britannici. Anche loro hanno difficoltà a garantire la loro sicurezza. Anche loro stanno finendo i soldi per le due portaerei che hanno. Anche loro hanno difficoltà a mantenere le loro capacità. A questo proposito, forse è giusto avviare un dialogo strutturato e organizzato con la Gran Bretagna”.
Un tema difficile e divisivo, come tutto quello che riguarda il mondo della Difesa e i rapporti con Mosca. Proprio per questo i politici dei partiti centristi devono “essere onesti con le persone” nel delineare ai propri elettori e ai propri stakeholder la reale gravità della minaccia “per dare in qualche modo la sensazione che le cose non andranno così male”.