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Israele brucia. Nirenstein racconta il 7 ottobre 2023

Fiamma Nirenstein, giornalista e scrittrice, già parlamentare e membro del Jerusalem Center for public affairs, firma il libro “7 ottobre 2023-Israele brucia”, edito da Giubilei Regnani Editore. Un volume che racconta dolori e sofferenze a partire dal feroce attacco di Hamas, per giungere a un’ampia riflessione sulle origini del gesto

“Israele – come nel 1973, quando la Guerra del Kippur fece 11.656 vittime – ha creduto che la sua superiorità morale, tecnologica, la sua mitica forza di sopravvivenza contro tutto e tutti cancelli ogni avvertimento, ogni pronostico: e invece tutto sarà in breve cenere e sangue”.

Bisogna partire da queste righe per capire come Fiamma Nirenstein, giornalista e scrittrice, già parlamentare e membro del Jerusalem Center for public affairs, abbia deciso di vergare “7 ottobre 2023-Israele brucia”, per Giubilei Regnani Editore. Un libro che evidentemente tutti si aspettavano da una penna storicamente ficcante e diretta, che ha scelto una cornice precisa: quel riferimento a cenere e sangue sancisce la Pompei di Israele, verificatasi in un giorno dello scorso autunno, quando la scelta demoniaca di Hamas si è distesa radendo al suolo la civiltà e utilizzando qualsiasi mezzo per distruggere i “colonialisti”, gli “imperialisti”, i “razzisti”, i ricchi, i bianchi, e soprattutto gli Ebrei.

Nirenstein racconta dolori e sofferenze, e lo fa inserendo nei capitoli i fatti: oggettivi, incontrovertibili perché basati su occhi che hanno visto e su mani che hanno toccato quell’orrore. Un’onda di antisemitismo giunta inaspettata sugli ebrei (“morti e vivi”): 1400 morti in modo atroce non sono bastati. E scrive che il negazionismo è caduto a pioggia subito sulla strage più comprovata del mondo e “Guterres a nome dell’Onu ha detto e insiste che lo sfondo era costituito dalle colpe degli Ebrei, un elenco su cui il mondo si è infinitamente esercitato, e che si è molto arricchito da quando gli Ebrei hanno una nazione, un Paese e un esercito. Perché esiste una necessità che a tutti viene riconosciuta ma non agli Ebrei: sopravvivere”.

Il suo ragionamento poggia sul fatto che quel castello che doveva sconfiggere l’antisemitismo avrebbe avuto a disposizione istituzioni formidabili come l’Onu e l’Unione europea: ma “tutte si sono pregiate di disegnare la loro imbattibile fedeltà alla memoria ebraica e al suo rappresentante collettivo, Israele, fino a sfasciarsi gorgogliando sulla ripresa della strada ben conosciuta dell’antisemitismo”.

In sostanza a Gaza gli ebrei sono stati perseguitati e fatti a pezzi, ma subito dopo, invece di un grande momento di solidarietà in cui il mondo intero avrebbe dovuto gridare tutta la propria indignazione, è successo il contrario. Ovvero è nata una grande ondata di antisemitismo che si è sommata all’estremismo islamico, genocida e antisemita. Un vento anti-Israele che, con incredibile resistenza, fino ad oggi ha insistito nelle sue menzogne di dichiarare Israele uno Stato imperialista, genocida e colonialista.

In “7 ottobre 2023-Israele brucia” oltre alla realtà cruenta e spietata di quell’attacco, c’è anche un’ampia riflessione sulle origini del gesto. Secondo Nirenstein Hamas è stata posizionata alla testa di un movimento mondiale di destrutturazione della storia che legittima la rabbia come bandiera di vita, l’unica che ritiene possibile contro la civiltà. “È un movimento che ha deciso che il frutto della storia e della religione del nostro tempo, compresa la civiltà ebraico-cristiana ma anche la cultura dei diritti umani, è un vantaggio solo per chi l’ha inventata e uno strumento di oppressione da fare a pezzi per chiunque altro”.

Il tutto è reso ancora più amaro dalle accuse di genocidio mosse dall’International court of justice contro Israele proprio mentre in Israele si è compiuto davvero un tentativo di genocidio. Lo dimostrano quella cenere e quel sangue che fanno del 7 ottobre la Pompei di Israele, mentre gli uomini di Hamas durante le loro efferatezze, telefonavano alla mamma dicendo “ho ammazzato i miei ebrei”.

@FDepalo


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