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Anniversario Ucraina. Putin, guerre & delitti nell’analisi di D’Anna

Cosa è cambiato in due anni di guerra? Alla speranza di poter ricacciare indietro gli invasori russi del primo anniversario è subentrata la delusione per la fallita offensiva. Ed ora gli ucraini affrontano le prospettive della prosecuzione del conflitto con più apprensione, ma anche con più determinazione. L’analisi di Gianfranco D’Anna

La convivenza con la morte incombente si è ormai trasformata in una coesistenza. Da 370 giorni lungo le trincee del fronte russo-ucraino l’alternativa è sopravvivere o essere colpiti.

Quanti combattenti di Kyiv e di Mosca si uccideranno a vicenda nel secondo anniversario della fallita invasione russa dell’Ucraina? La risposta la darà il bagno di sangue delle esplosioni dei colpi d’artiglieria e delle granate, i bombardamenti di missili e droni, i proiettili di kalashnikov e le baionette dei corpo a corpo di un massacro quotidiano.

Un massacro fra chi combatte per difendere la patria ucraina dagli invasori e le centinaia di migliaia di russi mandati al macello dal regime di Putin per opprimere un popolo culturalmente fratello.

Quanto durerà la guerra? si domanda il mondo. Almeno fino alle elezioni americane, è una delle risposte. Perché Putin sta puntando tutto sulla vittoria di Trump e sulla preannunciata interruzione da parte del candidato repubblicano del sostegno militare Usa a Kyiv. Un calcolo cinico e spietato fatto sulle spalle del popolo russo e delle circa 300 mila vittime che finora è costata a Mosca la fallita invasione.

Strategicamente l’armata russa la guerra l’ha persa il giorno stesso della mancata conquista di Kyiv. In questi due anni di combattimenti Mosca ha perso migliaia di carri armati, tre quarti dei mezzi corazzati e dell’artiglieria, la metà della flotta del Mar Nero, centinaia fra elicotteri e aerei ed ha quasi azzerato gli arsenali convenzionali, tanto che ha dovuto far ricorso ai proiettili d’artiglieria, ai missili e ai droni di Corea del Nord, dell’Iran e della Bielorussia.

Come evidenzia l’agghiacciante assassinio di Alexei Navalny, un delitto destinato ad avere ripercussioni esponenziali nel sommesso ma progressivo processo di rigetto del regime di Putin da parte dei russi, l’attesa dell’effetto Trump per il Cremlino potrebbe dimostrarsi illusorio e controproducente.

Intanto perché non è ancora affatto certo che l’ex Presidente possa liberarsi dalla zavorra giudiziaria dei molteplici e gravissimi reati dei quali deve rispondere davanti alla giustizia americana e che quindi possa candidarsi ed essere rieletto. Poi perché anche nonostante Trump, la Nato, Gran Bretagna, Europa, Canada, Australia, Nuova Zelanda e Giappone, continueranno a sostenere l’Ucraina militarmente e con il supporto dell’intelligence.

“Anche se il Congresso americano interrompesse il sostegno, l’Ucraina rimane forte sotto molti aspetti e continuerà ad ostacolare le più grandi ambizioni del Cremlino di conquistare il Paese. Pur se oggi il gioco è duro, non c’è motivo di fatalismo”, scrive il Washington Post.

Per lo storico inglese Timothy Garton Ash, editorialista del Guardian “se non affrontiamo l’urgenza di consentire all’Ucraina di consolidare le sue posizioni difensive, riorganizzarsi e infine vincere la guerra che sta combattendo per conto di tutti noi, tra qualche anno dovremo affrontare un attacco ancora più diretto da una Russia incoraggiata e revanscista. Putin deve essere sconfitto. Questo é l’unico modo per “uccidere questa guerra”.

Tuttavia, come dimostra la recente perdita del nodo strategico Avdiivka, l’Ucraina potrebbe trovarsi in difficoltà nel caso di una completa interruzione dell’assistenza statunitense. La ritirata di Avdiivka si aggiunge al mancato raggiungimento degli obiettivi della controffensiva del 2023. Ma data la forza delle difese di entrambe le parti, il mancato sfondamento delle linee russe non é stata una sorpresa. In questo conflitto le difese si sono dimostrate molto più forti delle capacità offensive e, per questo motivo, Kyiv potrebbe essere in grado di mantenere la maggior parte o tutto l’82% del territorio pre-2014 che attualmente detiene, anche con forniture militari limitate.

“In realtà, dal punto di vista strategico – afferma il prof. Andrea Molle, docente della Chapman University americana – l’unica speranza per l’Ucraina di riconquistare le posizioni perdute sarebbe quella di riportare il conflitto ad una guerra di manovra, provando ancora una volta a danneggiare la catena logistica russa e il sistema difensivo russo”.

Una prospettiva che potrebbe concretizzarsi, a giugno, con l’entrata in servizio degli F-16 americani che potrebbero rivelarsi determinanti per la difesa del Paese.

A Mosca, nell’attesa del possibile miraggio trumpiano per non essere travolti dalla guerra in Ucraina, si registra intanto l’ennesima morte violenta di un oppositore di Putin, il 44enne blogger Andrei Morozov che aveva appena pubblicato i dati delle terribili perdite russe. Le fonti ufficiali si sono affrettate a sostenere che si sarebbe suicidato con un colpo di pistola alla testa.

Un colpo di pistola che riecheggia in una Piazza Rossa gelida come non mai e nella quale sembra che il destino del popolo russo e la tragedia incombente condividano la medesima ineluttabilità.



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