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Parte Aspides, prove operative di difesa collettiva per l’Ue

La missione con cui l’Unione europea intende marcare la propria presenza nell’Indo Mediterraneo serve anche come dimostrazione di capacità operativa. “Un passo verso la difesa comune”, la definisce il ministro Antonio Tajani. Ma basterà a fermare gli Houthi?

“Al Consiglio Affari Esteri Ue abbiamo appena approvato il lancio dell’operazione militare navale Aspides, di cui l’Italia avrà comando delle forze. L’Italia è in prima linea per proteggere gli interessi mercantili e la libera navigazione nel Mar Rosso. È un importante passo verso la difesa comune europea”, a parlare, su X, è il ministro degli Esteri italiano, il vicepremier Antonio Tajani. 

Dalla ministeriale Esteri del Consiglio europeo arriva il via alla missione che contribuirà alla sicurezza marittima delle rotte indo-mediterranee che collegano Europa e Asia, da oltre tre mesi destabilizzate da Ansar Allah — uomini della milizia yemenita noti anche come “gli Houthi”, che armati dai Pasdaran stanno colpendo i traffici commerciali riconducibili a Israele e alleati come rappresaglia per l’invasione di Gaza.

Aspides non è l’unica missione attivata in questi mesi nella regione. Gli Stati Uniti hanno prima cercato di ampliare gli obiettivi della CTF153, una task force delle Combined Maritime Forces già operante nell’area, creando “Prosperity Guardian”, ma gli europei hanno raccolto con accortezza l’offerta. Molte capitali Ue hanno ritenuto troppo rischioso essere parte di un gruppo di lavoro con gli Usa, in quanto si rischiava eccessiva esposizione, sia in termini di sicurezza per i propri traffici civili, sia di immagine con i Paesi arabi della regione – impegnati in un articolato gioco di equilibrio che coinvolge anche le rinnovate relazioni con l’Iran.

Sebbene difendere la libertà di navigazione lungo il più importante corridoio marittimo euro-asiatico sia una priorità per l’Ue, orientata anche al ruolo che l’Unione vuole darsi sulla sicurezza collettiva, l’immagine è spesso frutto di percezioni e timori, e così alcuni Paesi europei hanno sostenuto Prosperity Guardian, ma senza esporsi direttamente. Questa scelta si lega anche al passaggio successivo scelto da Washington: dopo aver cercato inutilmente di ristabilire la deterrenza saltata solo con il mostrare bandiera, gli Stati Uniti (con la partecipazione del Regno Unito) sono passati all’attacco. L’operazione si chiama “Poseidon Archer” — nome diverso per differenziarla da Prosperity Guardian così da non arrecare il minimo disturbo anche agli alleati che osservano da dietro le quinte.

Ad oggi, diversi raid sono stati condotti contro gli Houthi in Yemen, e molte attività di intercettazioni degli attacchi sono state compiute. Tuttavia, sebbene la capacità di azione del gruppo potrebbe essere stata degradata, gli yemeniti non hanno bloccato i loro attacchi e dimostrano (come hanno sempre fatto in questi ultimi nove anni di guerra civile in Yemen, e in passato durante le varie fasi di scontro con le istituzioni di Sanaa) capacità di adattare le loro modalità operative.

È in questo contesto che EuNavFor Aspides si inserirà con compiti solamente difensivi, nella speranza che la presenza europea possa convincere gli Houthi, e possa spingere qualche Paese arabo regionale a partecipare alle attività di sicurezza marittima davanti ai miliziani yemeniti, così da contribuire in quel fine di ristabilire equilibrio e sicurezza (da notare che la maritime security è individuata da Bruxelles come uno dei ganci per la cooperazione con la regione del Golfo). Va detto che entrambi questi obiettivi sono molto complessi, perché gli Houthi non agiscono realmente in sostegno dei palestinesi, piuttosto tendono a dimostrare le loro capacità operative per poi poterle giocare in sede negoziale della guerra civile in Yemen — negoziati in cui sono coinvolti i grandi Paesi della regione, come Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti, che dunque non vogliono guastare equilibri, anche con l’Iran.

Cos’è Aspides

Le modalità dell’operazione navale europea — la cui creazione è stata spinta da Francia e Italia — sono state in parte specificate dalla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, il 12 febbraio. Per ora è dotata di un budget di 8 milioni di euro che dovrebbe durare un anno, cifra che ne perimetra le ambizioni. È comandata dal contrammiraglio greco Vasileios Gryparis, da un quartier generale stabilito a Larissa, mentre all’Italia va il Force Commander imbarcato sugli assetti.

L’area operativa di Aspides è ampia, comprende lo stretto di Bab el Mandeb e lo stretto di Hormuz, dunque le rotte del Golfo Persico, e chiaramente le acque internazionali del Mar Rosso, del Golfo di Aden, del Mare dell’Oman, del Golfo di Oman, ossia l’Oceano Indiano occidentale — che è un ambito geo strategico prioritario per la sicurezza marittima europea, designato “maritime area of interest” nel 2022 a cui a seguito un aumento della presenza degli assetti europei attraverso la cosiddetta “coordinated maritime presence”. L’obiettivo strategico dichiarato è offrire una “presenza navale” dell’Ue al fine di “garantire la libertà di navigazione delle navi, in stretta collaborazione con fornitori di sicurezza marittima che condividono la stessa idea”.

In pratica, la missione è tattica più che strategica: scortare le navi europee nell’area operativa, garantire una “situation awareness” e di proteggere il traffico “contro gli attacchi multi-dominio in mare, nel pieno rispetto del diritto internazionale” e secondo le regole “di necessità e proporzionalità”.  Già nella scelta semantica del nome della missione tali obiettivi sono evidenti: “Aspides” significa “scudo” in greco.

Infine, Bruxelles spiega che questa forza navale dovrà “coordinarsi strettamente” con l’operazione navale europea Eunavfor Atalanta, la cui missione è quella di “contribuire alla sicurezza marittima nell’Oceano Indiano occidentale e nel Mar Rosso”. E non è detto che una volta che la crisi sarà rientrata, Atalanta e Aspides non si possano unire (come già suggerito dalla Spagna, che non partecipa ad Aspides perché non ascoltata su questa volontà). Intanto la nuova missione potrà anche cooperare con Prosperity Guardian e con le Combinde Maritime Forces, nonché con gli “Stati disposti a contribuire alla sicurezza marittima nella sua zona operativa”. Una nota: il documento non menziona la missione di sorveglianza marittima nello stretto di Hormuz “Agenor” (conosciuta anche con il track diplomatico “EMASoH”, che sta per European Maritime Awareness in the Strait of Hormuz), lanciata su iniziativa nel 2019, con la partecipazione operativa di Francia, Italia, Danimarca e Belgio.

Per quanto riguarda i mezzi che devono essere messi a disposizione di Aspides, è noto che la fregata tedesca Hessen ne farà parte, che la Grecia intende schierare la fregata HS Hydra e che l’Italia ha la fregata di difesa aerea Caio Duilio nella regione. Il Belgio ha annunciato la sua partecipazione con la fregata Louise-Marie, mente la Francia ha già le Fremm Languedoc (già attivata a dicembre scorso per intercettare e abbattere alcuni droni di fabbricazione iraniana lanciati dagli Houthi) e Alsace già in missione nel Mar Rosso e nel Golfo di Aden.

Contesto ampio

Intervenendo alla Conferenza di Monaco sulla Sicurezza il 17 febbraio, Rashad Muhammad Al Alimi, il capo del Consiglio presidenziale dello Yemen, nemico degli Houthi con sede ad Aden, ha esposto un’analisi in parte critica riguardo ai bombardamenti condotti dagli Stati Uniti e dal Regno Unito contro gli obiettivi del movimento. Secondo lui certe azioni – che però in precedenza aveva definito “necessarie” – non saranno efficaci nel risolvere il problema degli attacchi dei “ribelli,” e ha ipotizzato che gli scopi di Washington e Londra siamo intimidatori nei confronti dell’Iran, piuttosto che fermare efficacemente le azioni degli Houthi.

Nei fatti potrebbero comunque aver avuto un effetto positivo, anche considerando le indiscrezioni sul viaggio tra Libano e Iraq di Esmail Qaani, capo della forza d’élite Quds dei Pasdaran, in missione per chiedere alle milizie sciite connesse di allentare gli attacchi contro gli americani. Sebbene questa visita confermi come i Pasdaran coordinino la strategia di pressing regionale (pensata anche per portare gli americani all’abbandono delle basi mediorientali), a differenza degli altri proxy iraniani gli Houthi potrebbero avere un maggiore livello di indipendenza. Dunque potrebbero procedere in forma autonoma, o addirittura non essere inseriti in questo sistema di dialogo condotto da Qaani.

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