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Tre vescovi e un’università. Le prove di dialogo Santa Sede-Cina lette da Cristiano

Il clima cupo del recente passato, che aveva fatto pensare ad un fallimento dell’accordo provvisorio anche a molti sostenitori, non solo ai numerosi detrattori, dentro e fuori la Chiesa, si può dire che sia svanito. Va tenuto conto che, come sottolinea Asianews, le nomine vanno ad attingere in ambienti “politicamente affidabili” per il governo. La riflessione di Riccardo Cristiano

Per chi voglia sperare che il prossimo futuro non ricordi da vicino il secolo breve, il Novecento, c’è almeno una buona notizia che non parla di mondo fratturato e di muri: è infatti ripartito il rapporto fra la Santa Sede e la Cina.

Il 25 gennaio infatti è stato ordinato il vescovo di Zhengzhou, Wang Yusheng. Il 29 gennaio ha preso il possesso della diocesi di Weifang il vescovo Sun Wenjun. Il 31 gennaio è diventato vescovo Pietro Wu Yishun per la diocesi di Shaowu.

Ma non è tutto qui. In occasione della nomina a Weifang Pechino ha acconsentito per la prima volta alla creazione di una nuova diocesi. Secondo padre Lorenzo Prezzi, esperto della materia, non succedeva dal 1949. E così ha scritto; “Tutto questo coinvolge la Santa Sede e il governo cinese in ottemperanza all’accordo fra le due autorità in merito alla nomina dei vescovi, firmato nel 2018 e confermato nel 2020. Ma il 9 di gennaio c’era stata un’altra novità: il governo locale di Hong Kong ha dato via libera alla concessione dello stato di ateneo (università) ad una istituzione educativa e scolastica, il Caritas Institute of Higer Education. In questo caso sono coinvolti non il governo centrale, ma la diocesi e il governo di Hong Kong. Ma tutti sanno che niente si muove senza il consenso di Pechino”. E proprio la repressione dei moti di Hong Kong lo ha confermato.

Certo, resta il fatto evidente che una trentina di diocesi cinesi sono ancora prive del vescovo. Con l’ulteriore problema della definizione dei confini.

Nel 1949 la Chiesa aveva in Cina 147 territori ecclesiastici, il governo ne riconosce 104 che accorpano precedenti territori. Si vedrà. Ma il clima cupo del recente passato, che aveva fatto pensare ad un fallimento dell’accordo provvisorio anche a molti sostenitori, non solo ai numerosi detrattori, dentro e fuori la Chiesa, si può dire che sia svanito. Va tenuto conto che, come sottolinea Asianews, la bussola nell’informazione cattolica al riguardo, le nomine vanno ad attingere in ambienti “politicamente affidabili” per il governo.

Ma ci sono risultati di evidente rilievo. Molti assicurano che siano merito dei nuovi interlocutori insediatisi a Pechino. Sembra plausibile. Ma il buio non era proprio pesto anche perché Francesco ha sempre saputo ribadire la scelta difficile, cioè quella del dialogo. Anche il viaggio in Mongolia, non da tutti capito, lo ha confermato. In quell’occasione, nella penombra di un momento difficile, Francesco ha dichiarato: “Personalmente ho grande ammirazione per la cultura cinese. Diciamo che i rapporti sono molto aperti… I rapporti sono così in cammino. Ho grande rispetto per il popolo cinese”.

Ora a fare la differenza, forse la storia, è il sì all’istituzione scolastica Caritas Institute of Higer Education. L’idea è stata coltivata in particolare dal vescovo di Hong Kong, gesuita, il cardinale Stephen Chow.

Proprio lui sembra l’uomo della svolta. Chow si è definito un ponte, tra la Chiesa di Hong Kong e quella continentale, tra Hong Kong e la Cina. Una fatica enorme, si può supporre. Ma costruita sui buoni rapporti con i suoi colleghi vescovi nel “continente” e, si può immaginare, con le autorità locali.

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