Per la prima volta, e non sembra un caso vista l’uscita dalla Via della Seta, la relazione dell’intelligence italiana dedica grande spazio a Pechino, tra Ucraina, Indo-Pacifico, Artico, criminalità, cyber e minacce ibride
Sfogliando Relazione annuale 2023 sulla politica dell’informazione per la sicurezza, pubblicata e presentata oggi dal Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica alla presenza dell’Autorità delegata, Alfredo Mantovano, e del presidente del Copasir, Lorenzo Guerini, si ha l’impressione che sia caduto un tabù. La Cina. Con la decisione del governo Meloni di non rinnovare il memorandum d’intesa sulla Belt and Road Initiative, la cosiddetta Via della Seta, il documento affronta in maniera inedita la sfida posta dalla Cina in un contesto di nuova globalizzazione segnata dalla competizione.
Si tratta, si legge nella nota introduttiva ed è bene ricordarlo, di un documento “chiamato a rendicontare, entro il perimetro di ciò che può essere reso pubblico”, l’operato del Dipartimento delle informazioni per le sicurezza e delle due agenzie da esso coordinate, ovvero l’Aise (interna) e l’Aisi (esterna). Se è vero che la Cina è ormai da anni una priorità, probabilmente la priorità, per l’intelligence esterna, recentemente offuscata dall’aggressione russa dell’Ucraina, sembra cambiato, dunque, qualcosa a livello politico. La Cina, infatti, è presente in molte delle 110 pagine del documento. Qualche esempio: due infografiche dedicate (“La presenza russa e cinese in Africa” e “Quanto pesa la Cina nel mondo), una particolare attenzione quando si parla della cooperazione e dell’allineamento con la Russia (si parla di “tiepido e moderato” appoggio a Mosca nell’aggressione dell’Ucraina); dell’Indo-Pacifico e in particolare di Taiwan; della nuova geopolitica dell’Artico; del cyber-spazio; della minaccia interna (come il fenomeno del “denaro volante”, specialità della criminalità cinese da tempo ormai anche sotto i riflettori della Guardia di Finanza); di minaccia ibrida; di occasioni per “campagne disinformative contro gli interessi nazionali” come l’uscita dalla Belt and Road Initiative (documentata anche su Formiche.net).
Questo cambiamento era stato anticipato a suo modo nei giorni scorsi da Elisabetta Belloni, direttore generale del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza, intervenuta al Raisina Dialogue, a Nuova Delhi, in India, a un dibattito sul de-risking e sulla Cina. Con la decisione politica di non rinnovare il memorandum, l’Italia ha cercato di rimodellare le proprie relazioni con la Cina, aveva spiegato Belloni. “Non volevamo abbandonare il mercato cinese ma abbiamo pensato che fosse necessario introdurre misure di de-risking”, ovvero di “creare un’alternativa, un piano B” per diversificare le catene di approvvigionamento e le reti di comunicazione e commerciali, ma anche per rafforzare le relazioni con i Paesi amici. Un’alternativa che, aveva aggiunto, può “fungere da deterrente” per evitare che le dipendenze vengano weaponizzate. Decisioni che hanno dimostrato che al governo l’importanza delle politiche di de-risking, aveva evidenziato l’ambasciatrice, scettica però sul fatto che opinione pubblica ed aziende “abbiano la stessa consapevolezza”.
Nel contesto globale, si legge nella relazione, sono “molti” gli indicatori che “confermano una competitività consolidata della Cina su scala globale”. Tuttavia, ci sono anche “fattori in controtendenza” che descrivono “una decelerazione di questa fase ascendente”. Infatti, “l progressivo rallentamento nei tassi di crescita dell’economia, il basso indice di fertilità e una moneta ancora debole sul piano internazionale prefigurano vincoli all’ulteriore espansione della potenza cinese”.
Come detto, c’è una forte attenzione alla minaccia ibrida, ovvero a quelle attività che possiamo sintetizzare come puntini da collegare per ottenere la figura completa alla luce delle loro caratteristiche: sono, cioè, condotte su diversi domini (anche cyber), da attori non sempre “classici” (come aziende, media e diaspore all’estero utilizzati come proxy), sono anche facilmente negabili, sempre un gradino sotto la soglia del conflitto armato, e soprattutto coordinate. “Anche nel 2023 la Federazione Russa e la Repubblica Popolare Cinese si sono confermate tra i principali attori della minaccia ibrida, in grado di condurre campagne in danno dei Paesi occidentali sfruttando alcune delle caratteristiche sistemiche che connotano le nostre società, quali l’apertura dei mercati e le garanzie di libertà e indipendenza dei media”, si legge nella relazione in cui si fa riferimento allo spettro Dimefil (diplomatico, intelligence, militare, economico-finanziario, informativo e legale).
Le attività ibride russe sono state continue e crescenti dall’inizio del conflitto in Ucraina, soprattutto in campo energetico, prosegue il documento. La Cina, invece, sfrutta “un ventaglio di leggi nazionali” (come per esempio la recente legge sul controspionaggio) e “i principali vettori della minaccia ibrida impiegati fanno affidamento anche su alcuni elementi della diaspora cinese nell’Unione europea”. Ecco gli obiettivi: “Raccogliere informazioni di pregio; mettere in atto azioni di pressione economica; penetrare e interferire all’interno del mondo accademico e della ricerca; condurre operazioni cibernetiche ostili con maggiore efficacia; manipolare l’informazione per finalità di propaganda e per orientare, in modo favorevole alla Cina, l’opinione pubblica europea”.
E ancora: sul fronte cyber, nel corso del 2023, “la Cina si è confermata come uno degli attori principali della minaccia, caratterizzato da elevata sofisticazione e da un alto livello di maturità operativa”. Nel dominio dell’informazione, “è in grado di condurre operazioni informative tese a influenzare la percezione dell’opinione pubblica all’estero in modo favorevole agli interessi della Repubblica popolare cinese, accreditandosi come partner affidabile e di rilievo e ricorrendo anche a noti influencer per promuovere un’immagine positiva del Paese”. Sul fronte economico-finanziario, “ha perseverato nella sua strategia finalizzata all’acquisizione di know-how e all’ottenimento di un vantaggio competitivo basato sull’innovazione attraverso diversi strumenti, dallo spionaggio all’attuazione di joint venture, dai contatti commerciali attraverso la cooperazione scientifica promossa dalle imprese cinesi agli accordi bilaterali a livello accademico”. Non mancano attività suo social per scaricare le responsabilità dei conflitti in Ucraina e in Medio Oriente sugli Stati Uniti e sull’Occidente in generale, in maniera coerente con l’impostazione revisionista dell’ordine mondiale abbracciata da Pechino.
A ogni modo, “nel complesso, l’Italia e, più generalmente, i Paesi occidentali continuano a dimostrare un buon livello di resilienza sia rispetto al condizionamento dell’opinione pubblica, sia sul versante economico e della tutela degli asset strategici” grazie anche alla normativa Golden Power, rassicura la nostra intelligence.
Riforma dell’intelligence. Ecco cosa dicono Mantovano e Guerini