“Sempre più spesso gli Stati detengono ingiustamente persone, spesso come pedine politiche”, avverte il segretario di Stato americano citando i casi di Whelan e Gershkovich. “La comunità internazionale deve collaborare per porre fine a questa pratica”
“Sempre più spesso gli Stati, ma anche gli attori non statali, detengono ingiustamente persone, spesso come pedine politiche”. Una pratica “in crescita” che “minaccia la sicurezza di tutti coloro che viaggiano, fanno affari e vivono all’estero” e che rappresenta “una palese violazione dei diritti umani individuali delle vittime, di una violazione del diritto internazionale, di una violazione della sovranità dello Stato e, soprattutto, di una violazione della loro umanità basilare”. A parlare è Antony Blinken, segretario di Stato americano, intervenuto ieri al Wilson Center. Presente al dibattito anche Mélanie Joly, ministra degli Esteri del Canada, un altro Paese che ha avuto esperienze importanti con la cosiddetta “diplomazia degli ostaggi” (basti pensare al caso di Meng Wanzhou, figlia del fondatore di Huawei e manager della stessa società tecnologica).
Riportare a casa le persone “è il nostro obiettivo principale”, ha spiegato Blinken. “Ma non è sufficiente, di per sé e da solo, a risolvere quella che è una vera e propria crisi. La comunità internazionale deve collaborare per scoraggiare nuove detenzioni, in modo da porre fine a questa pratica una volta per tutte”, ha aggiunto.
Il segretario ha spiegato di aver parlato lunedì al telefono con Paul Whelan, l’ex Marine e uomo d’affari detenuto in Russia (ingiustamente secondo gli Stati Uniti) dopo una condanna a 16 anni di carcere per spionaggio. “I nostri intensi sforzi per riportare Paul a casa continuano ogni giorno. E continueranno fino a quando lui, Evan Gershkovich e tutti gli altri americani ingiustamente detenuti non torneranno dai loro cari”, ha dichiarato Blinken riferendosi anche al giornalista del Wall Street Journal, che secondo gli Stati Uniti è ingiustamente detenuto in Russia con l’accusa di spionaggio. “I nostri cittadini non sono merce di scambio. Non sono pedine politiche”, ha aggiunto il segretario.
Parole pronunciate a distanza di pochi giorni dall’intervista concessa a Tucker Carlson, ex mezzobusto di Fox News, in cui il presidente russo Vladimir Putin si è detto aperto a uno scambio tra il reporter (per le accuse a suo carico le autorità russe non hanno mai fornito evidenze) e Vadim Krasikov, condannato per l’omicidio di un dissidente ceceno a Berlino. Da mesi, ormai, si parla di questo possibile scambio. Ma è stata la prima volta che Putin ha di fatto ammesso il ricorso alla diplomazia degli ostaggi: mentre “non ha senso” tenere in prigione Gershkovich, Krasikov è “una persona che, per senso di patria, ha fatto fuori un bandito in una delle capitali europee”.