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Un reporter vale un sicario. Putin getta la maschera davanti a Carlson

Nell’intervista a Tucker Carlson, il leader russo si dice aperto a uno scambio tra Gershkovich, giornalista del Wall Street Journal, e Krasikov, condannato per l’omicidio di un dissidente ceceno a Berlino. Per lui, i due si equivalgono. Anzi, probabilmente il secondo è migliore, visto che ha portato a termine la missione, a differenza del primo. Ma scorda che la Germania è uno Stato sovrano

Evan Gershkovich è un giornalista americano del Wall Street Journal, rinchiuso in carcere in Russia da quasi un anno con l’accusa di spionaggio. Accuse per le quali le autorità russe non hanno mai fornito evidenze. Tuttavia, potrebbe essere rilasciato “se i nostri partner prenderanno iniziative analoghe”, ha spiegato Vladimir Putin a Tucker Carlson.

All’ex mezzobusto di Fox News, unico giornalista occidentale a cui ha accordato un’intervista dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina che sta per compiere due anni (ecco perché), il presidente russo ha ribadito l’apertura a uno scambio: “Si sta discutendo di alcuni termini attraverso i canali dei servizi speciali. Credo che si possa raggiungere un accordo”. “Non ha senso tenerlo in prigione in Russia”, ha aggiunto. Ha quindi lasciato intendere che potrebbe essere disposto a un accordo, come accaduto a fine dicembre con la cestita americana Brittney Griner, arrestata all’aeroporto di Mosca con l’accusa di trasportare olio di hashish nel suo bagaglio, e il trafficante d’armi russo Viktor Bout.

Questa volta sarebbe Gershkovich per Vadim Krasikov. Si tratta dell’ex colonnello dell’agenzia d’intelligence interna russa Fsb, che sta scontando una condanna all’ergastolo in Germania per aver ucciso a Berlino, nell’agosto del 2019, con tre colpi d’arma da fuoco, l’esule georgiano Zelimkhan Khangoshvili, che aveva combattuto a fianco dei ribelli ceceni. Parlando così Putin sembra ignorare che la sovranità della Germania, continuando nei suoi sforzi per dipingere gli Stati Uniti, più che la Nato, come suo principale avversario e “burattinaio” dell’Occidente.

Siamo davanti a un chiaro esempio di diplomazia degli ostaggi, tattica che ha costi e rischi ridotti per chi la utilizza, mentre richiede alle società aperte di coinvolgere tutti i loro settori per contrastarle con efficacia. Lo racconta Elisabeth Braw, esperta di guerra ibrida presso l’Atlantic Council, nel volume The Defender’s Dilemma.

Per la prima volta che Putin lo dichiara pubblicamente. Gershkovich, un giornalista che stava facendo il suo lavoro (ovvero cercare e rivelare segreti) e Krasikov, un sicario mandato ad assassinare una persona, si equivalgono secondo il leader russo. Anzi, sembra quasi che il secondo valga di più del primo, che il secondo sia da lodare perché ha compiuto la sua missione, a differenza del primo. Citando il leader russo: mentre “non ha senso” tenere in prigione Gershkovich Krasikov è “una persona che, per senso di patria, ha fatto fuori un bandito in una delle capitali europee”. “Che l’abbia fatto di sua volontà o meno, è un’altra questione”, ha detto ancora non negando che l’operazione gli fosse stata ordinata da Mosca.


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