Skip to main content

Denatalità e disagio giovanile, appunti per chi guiderà la Sardegna. Parla Mazzette

Chi si troverà a guidare la Sardegna per i prossimi anni dovrà essere dotato, anzitutto, degli strumenti della conoscenza, inoltre, delle competenze su come affrontare efficacemente e concretamente le diverse situazioni. Tra declino demografico, spopolamento e diffusione di sostanze stupefacenti. Conversazione con Antonietta Mazzette, docente dell’Università di Sassari

La realtà oltre alle schermaglie politiche. Che tipo di Regione si troverà a governare il prossimo presidente sardo? È questo il senso della panoramica che Formiche.net ha chiesto a Antonietta Mazzette, docente dell’università di Sassari che ha recentemente contribuito a un report molto interessante in cui viene sondata la situazione sarda sia sotto il profilo della criminalità – e segnatamente in ordine allo spaccio di stupefacenti – sia sul piano del disagio giovanile. Per cui, chiunque uscirà dalle urne domenica, come presidente di Regione, dovrà fare i conti con un contesto tutt’altro che semplice.

Lei ha recentemente curato il volume “La felicità non abita più qui” che scatta un’istantanea della situazione sociale sarda, in relazione in particolare alla criminalità e allo spaccio. In sintesi, che quadro emerge?

Questo volume chiude una trilogia dedicata al mercato delle droghe in Sardegna, dopo un lungo percorso di ricerca dell’Osservatorio sociale sulla criminalità (Oscrim) avviato vent’anni fa. Siamo partiti dall’ipotesi che il mercato degli stupefacenti (comprese la produzione locale di cannabis ed ora anche l’esportazione) rappresentasse un vero e proprio passaggio chiave della criminalità sarda, sempre più connessa in modo strutturale a reti nazionali ed internazionali, anche di stampo mafioso. Per ciò che riguarda lo spaccio – l’ultimo anello del mercato delle droghe -, i numeri sono chiari e indicano che il fenomeno è in crescita e che, nonostante lo spaccio coinvolga prevalentemente le città, nessun territorio della Sardegna ne è escluso ed è immune. Migliaia di casi di vendita al dettaglio di stupefacenti, con migliaia di persone coinvolte, non può essere ritenuto un fatto sociale marginale. Inoltre, dietro ogni attività di spaccio si nascondono organizzazioni più o meno raffinate con intermediari che, in modo diretto o indiretto, hanno a che fare con trafficanti e produttori. Organizzazioni e singoli individui che possono anche fare uso della violenza, seppure l’attività caratterizzata da piccole quantità di stupefacenti sia prevalentemente non violenta.

In che contesto socio-economico si troverà a operare il prossimo presidente della Regione, chiunque esso sarà?

Se specificamente ci riferiamo ai luoghi dello spaccio in cui in termini assoluti sono state individuate le maggiori attività di commercio di droghe e li rapportiamo ai profili sociali degli autori di spaccio, emerge un quadro chiaro di disagio sociale, inoccupazione o lavoro precario. Insomma, un contesto in cui c’è tanta “fatica del vivere”. Fattori questi che abbisognerebbero di investimenti e interventi mirati volti al recupero dei luoghi e delle persone. Se ci riferiamo più in generale alla situazione sarda e ci allontaniamo dalle attraenti sponde dell’immaginario in cui è stata collocata la Sardegna, anche grazie al turismo, osserviamo che il quadro è decisamente più composito.
Ad esempio, il sistema produttivo culturale e creativo che, peraltro, si interseca con i diversi settori produttivi e si occupa di diverse attività dalla conservazione e valorizzazione del patrimonio storico-artistico all’editoria e alla musica, è un settore in crescita e contribuisce a creare lavoro di qualità. In parallelo c’è una Sardegna che fa ricerca applicata e sperimentazione tanto nella sfera pubblica, rappresentata principalmente dai due atenei di Cagliari e Sassari, quanto nella sfera privata. La richiesta che l’Einstein Telescope si realizzi nel sito minerario di Sos Enattos, si inscrive dentro questo sistema. Di contro, sono sempre più numerosi i giovani che scelgono di emigrare e raramente ritornano perché difficilmente in Sardegna potrebbero svolgere la professione per cui si sono formati. Da anni stiamo assistendo a questo processo di desertificazione sociale che, per la verità, non riguarda solo l’Isola, ma è comune a tutte le regioni del Mezzogiorno, senza che la classe politica faccia alcunché. In sintesi, sto sostenendo che l’Isola non è interpretabile né in modo lineare, né per opposti e dicotomie. Il che significa che chi si troverà a guidare la Sardegna per i prossimi anni dovrà essere dotato, anzitutto, degli strumenti della conoscenza, inoltre, delle competenze su come affrontare efficacemente e concretamente le diverse situazioni.

La Sardegna, più che altre zone del Paese, sconta un grosso problema sul versante demografico. Come agire in questo senso?

Il declino demografico colpisce tutta l’Italia, ma la Sardegna in particolare, dove la denatalità va di pari passo con lo spopolamento e l’invecchiamento di vaste aree interne. E se lo spopolamento ha a che fare con un modello di sviluppo che ha influito pesantemente sulla perdita di attività tradizionali, di funzioni e di servizi diffusi nel territorio, l’invecchiamento della popolazione e l’assenza di ricambio generazionale sono fenomeni che in Sardegna si presentano ormai in modo patologico. Ciò perché vi sono ragioni strutturali di debolezza cronica che non sono state mai risolte. In altri termini, nell’Isola è tutto più complicato: dal trovare un lavoro ad accedere ai servizi, sanitari in primis, dalla mobilità interna a quella verso il resto del mondo. Che fare? Anzitutto, bisognerebbe dare una risposta a queste difficoltà che sulle donne gravano ancor di più; in secondo luogo, bisognerebbe convincersi che, senza una buona società fondata su diritti, relazionalità e vicinanza, la maternità non potrà mai acquisire un valore sociale, oltre che individuale. Non credo, però, che questo sia un problema solo sardo.

Un grande spazio nel vostro volume, è occupato dal disagio giovanile. Quale è la portata del fenomeno, anche in relazione alle aree interne?

Lo spaccio è un fenomeno presente soprattutto tra le popolazioni più giovani, compresi minori in età scolare, e coinvolge sia le città che i paesi di piccole dimensioni. E questo elemento, di per sé, è un indicatore di disagio sociale. Ciò dovrebbe costituire un forte allarme e indurre le istituzioni e le famiglie a indagare e capire, per poi intervenire concretamente, sulle ragioni che portano molti giovani a stare dentro il mercato delle droghe. Ma, come ho avuto modo di scrivere nel saggio introduttivo, non è sufficiente studiare le dinamiche dello spaccio e l’universo del traffico di stupefacenti, senza volgere lo sguardo verso i modelli sociali che si sono affermati, di cui il mercato delle droghe è sicuramente uno degli effetti più negativi. Basti pensare all’induzione indiretta riferita al concetto di ‘sballo’, legato per lo più a specifici luoghi e tempi ricreativi in cui l’eccesso è considerato la ragione stessa dello sballo. Questo è un problema che va ben oltre i confini insulari e in merito vi sono studi, svolti in collaborazione con l’Agenzia europea sulle droghe illecite. Uno di questi ha riguardato l’analisi delle acque reflue provenienti da oltre 100 città europee, durante i fine settimana. Ebbene, in più di tre quarti delle città monitorate c’è stato un chiaro collegamento tra consumo di droghe (in particolare cocaina, cannabis e metamfetamine) e specifici luoghi ricreativi. Ma questa è un’induzione indiretta, non va mai dimenticato che le droghe si collocano dentro il mondo delle merci e, in quanto tali, rispondono alle regole del denaro, da intendere non solo in senso economico, ma soprattutto come mezzo e fine assoluto.

Non le chiedo un commento politico, ma una riflessione: secondo lei, nel dibattito sulle regionali, sono presenti proposte per risolvere alcuni dei problemi che stanno attanagliando questo territorio?

Nei momenti elettorali i cittadini sono sommersi da parole e slogan che quasi mai prendono sul serio, sia perché sanno che spesso sono solo chiacchiere, sia perché le loro scelte sono dettate da altre ragioni. Pur tuttavia, considerata la specificità sarda, ho rilevato che i temi comuni sono stati: la continuità territoriale; la transizione ecologica in materia di energia, lo spopolamento, l’allungamento della stagione turistica. Su come risolverli le ricette sono state varie. Sarà il tempo a dirci se queste funzioneranno.



×

Iscriviti alla newsletter