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Fentanyl, l’emergenza in Italia (ancora) non c’è. Ma la guardia è alta. Parla Strano Rossi (Unicatt)

La diffusione del Fentanyl in Italia non è ancora un problema come negli Usa, ma l’attenzione è molto alta. Si tratta di un oppioide che agisce sul sistema nervoso ma, differentemente dalla cocaina e dall’eroina, è molto più potente e il rischio di overdose è altissimo. Conversazione con la tossicologa forense di Unicatt, Sabina Strano Rossi

L’allarme sulla diffusione del Fentanyl in Italia è ancora sotto il livello di guardia. La situazione, quindi, è ben diversa rispetto alla reale emergenza che si registra negli Stati Uniti. Questo anche grazie al fatto che “nel nostro Paese c’è sempre stata una grande consapevolezza sui rischi di prescrizione fatte con leggerezza” e, soprattutto, perché “da anni c’è una forte collaborazione tra enti nel contrasto alla diffusione di sostanze stupefacenti”. A dirlo a Formiche.net è Sabina Strano Rossi, tossicologa forense dell’Università Cattolica del Sacro Cuore.

Come agisce fisicamente e chimicamente il fentanyl sul sistema nervoso dell’essere umano come farmaco e come droga?

È un oppioide analogo alla morfina, una sostanza che prima produce euforia e ma poi genera una depressione del sistema nervoso centrale. Rispetto alla morfina e all’eroina, però è molto più potente. Dunque sono necessarie, per uno medico, dosi più ridotte. Mentre, come sostanza stupefacente, questa potenza – fino a cento volte superiore rispetto a quella della cocaina – ha come effetto un maggiore rischio di overdose. Oltre al Fentanyl, va detto poi che sul mercato ci sono tantissimi altri derivati, prodotti per lo più in laboratori clandestini, che sono ancora più potenti e dannosi.

Il ministero della Salute ha alzato il livello di allerta al massimo. Una decisione tempestiva o siamo “in rincorsa”?

Mi pare che sia una decisione giusta e nei tempi congrui. Al momento la situazione non è così allarmante come invece è negli Usa. Siamo ancora a livello di prevenzione, per cui mi pare che la decisione è assolutamente condivisibile.

C’è una maggiore diffusione in altri Paesi dell’Eurozona?

Dipende. Per lo più si sta registrando una diffusione di fentanyl nel Nord Europa e nell’Europa dell’Est. In questi Paesi, si assiste anche a un utilizzo sempre più crescente dei derivati “clandestini” del medicinale.

Fermare l’uso del fentanyl in toto è impossibile, perché rappresenta uno strumento fondamentale per le persone che convivono con dolori invalidanti e che dunque necessitano di una terapia del dolore forte ed efficace. Come garantire la disponibilità a chi ne ha bisogno evitando poi le ripercussioni che oggi stiamo affrontando?

L’accesso al farmaco in Italia è garantito, per cui sotto questo profilo mi sentirei di dare rassicurazioni a chi ne ha realmente bisogno. Sia per la terapia del dolore, sia per le anestesie. La diffusione del fentanyl è sotto controllo, anche perché da parte dei medici c’è da sempre una capacità valutativa sui rischi laddove il medicinale sia adoperato impropriamente.

Dunque non c’è stata “leggerezza” da parte dei sanitari nelle prescrizioni del farmaco per alcune terapie?

Direi di no, benché qualcuno probabilmente l’abbia utilizzato impropriamente. Per lo più, però, si tratta di farmaci rubati nelle strutture sanitarie o nei depositi di medicinali.

La cooperazione tra tutti i soggetti, dai sanitari-clinici alle istituzioni, potrebbe essere d’aiuto per fermare il mercato nero del fentanyl?

Sicuramente sì, ma la collaborazione tra istituzioni è sempre stata molto forte ed efficace. E, tra l’altro, a fronte dell’esplosione del fenomeno negli Stati Uniti, si è ulteriormente rinsaldata.

 


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