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Dalla Cop10 un’altra occasione (mancata) per una svolta nella lotta al fumo

La Conferenza di Panama finisce con il mantenere sullo stesso piano prodotti tradizionali e nuovi, rimandando al prossimo appuntamento quella distinzione che può fare la differenza. E questo nonostante la spinta verso una netta distinzione arrivata da esperti e autorevoli riviste

È terminata sabato scorso la decima Conferenza delle parti (Cop) della framework convention on tobacco control (Fctc), ovvero la Convenzione quadro sul controllo del tabacco dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), un meeting internazionale che avrebbe dovuto decidere le sorti del comparto attraverso linee guida sulla regolamentazione di tutti i prodotti contenenti nicotina: quelli con combustione, come le sigarette e quelli senza combustione, come le sigarette elettroniche, lo snus e i prodotti a tabacco riscaldato.

Questo appuntamento avrebbe potuto rappresentare un’opportunità storica per dare un cambio di passo a un problema, come quello del fumo, che ancora oggi riguarda direttamente oltre 1,3 miliardi di persone in tutto il mondo. La Conferenza di quest’anno, infatti, ha avuto luogo in un momento in storico in cui, per la prima volta, la scienza e la tecnologia hanno messo a disposizione dell’uomo una serie di soluzioni alternative al fumo combusto che, nelle esperienze di alcuni Paesi (Regno Unito, Svezia, Nuova Zelanda, Giappone), in pochi anni hanno dimostrato grande efficacia per spingere i fumatori ad abbandonare il fumo convenzionale.

Dai lavori della Cop10 non è uscita quella sterzata a lungo tempo attesa, con la ragionevole prospettiva di rimandare il tutto alla prossima Cop11. E pensare che l’appuntamento panamense era infatti iniziato da subito tra le proteste dei coltivatori locali, che manifestavano preoccupazione per il loro futuro. Molte comunità agricole, infatti, dipendono interamente dalla coltivazione del tabacco: da qui il timore che le linee guida dell’Oms, che puntano a equiparare i nuovi prodotti alle sigarette tradizionali a prescindere dal loro profilo di rischio, minacciassero la loro sicurezza economica.

E non era nemmeno mancata la spinta di autorevoli esperti e testate, affinché la Conferenza imprimesse un’accelerazione per mettere sullo stesso piano nuovi e tradizionali prodotti per fumatori. Su tutti, l’analisi diffusa dalla rivista Lancet, proprio alla vigilia dei lavori a Panama, firmata da Robert Beaglehole e Ruth Bonita. Secondo quanto si legge nel commento, la riduzione del danno si è già rivelata una strategia di salute pubblica di successo nel minimizzare i danni derivanti dal consumo di droga e dovrebbe essere per questo motivo al centro delle strategie della Convenzione quadro sul controllo del tabacco, a fianco delle misure volte a ridurre domanda e offerta di tabacco, ritenute necessarie, ma non sufficienti. Il riferimento è ai prodotti innovativi senza combustione come sigarette elettroniche, prodotti a tabacco riscaldato, snus e bustine di nicotina, soluzioni alternative che l’Oms tuttavia non supporta e, al contrario, osteggia apertamente, proponendo la loro equiparazione al tabacco tradizionale, un approccio che gli autori del commento ritengono privo di giustificazione scientifica.

Il commento riporta dunque una serie di esempi di Paesi che hanno ottenuto ottimi risultati impiegando strategie di riduzione del danno per ridurre la prevalenza del numero di fumatori. Come ad esempio la Nuova Zelanda, dove il governo promuove il ricorso alla sigaretta elettronica per i fumatori che non riescono a smettere e la prevalenza di fumatori si è ridotta dal 13,3% del 2017-2018 al 6,8% del 2022-2023, con un calo del 49% in 5 anni. Un successo che, sottolineano gli autori, è stato ottenuto impiegando il consenso piuttosto che la coercizione e sta avviando la Nuova Zelanda verso il traguardo di Paese smoke-free, con una prevalenza di fumatori inferiore al 5% entro il 2025.

A marcare la posizione espressa dai due esperti su Lancet è poi intervenuto Riccardo Polosa, ordinario di Medicina interna Università di Catania e fondatore del CoEhar, il Centro di ricerca per la riduzione del danno da fumo dell’Università di Catania. “Nei documenti preparatori alla Cop 10 non viene suggerito alcun cambio di rotta nelle politiche di contrasto contro il fumo di sigaretta nei diversi Paesi. La riduzione del danno dovrebbe essere una strategia centrale nella Convenzione quadro dell’Oms per il controllo del tabacco, insieme alle misure esistenti di controllo e contrasto alla diffusione del tabagismo”, ha chiarito Polosa, all’Adnkronos.

Lancet “critica la posizione dell’Oms sul trattamento equivalente di sigarette elettroniche e prodotti a tabacco riscaldato, rispetto ai prodotti tradizionali sottolineando la mancanza di giustificazione scientifica per questa equiparazione a fronte del successo di strategie di riduzione del danno in paesi come la Nuova Zelanda, la Svezia, la Norvegia, l’Inghilterra e il Giappone e invita l’Oms ad abbracciare la riduzione del rischio e il vapagismo come strumenti irrinunciabili per ridurre in tempi brevi il numero dei fumatori”. D’altronde, questi Paesi “adottando politiche di riduzione del danno, che includono l’uso di sistemi alternativi di somministrazione della nicotina come le sigarette elettroniche, il tabacco riscaldato e i prodotti orali a base di nicotina hanno visto ridurre i tassi di fumo e migliorare i risultati di salute pubblica fornendo alternative più sicure ai prodotti tradizionali del tabacco”.

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