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Passaggio di testimone alla guida del G7, nel solco dell’Hiroshima AI Process

A Tokyo, la premier Giorgia Meloni ha ufficializzato il cambio di presidenza alla guida dei Sette grandi del mondo. Tra le questioni che dovranno essere portate avanti ci sarà quella legata alla trasformazione tecnologica, di fondamentale importanza per l’Italia

È stato un passaggio di consegne simbolico ma allo stesso tempo estremamente significativo quello che ha visto protagonista Giorgia Meloni. La presidente del Consiglio è volata in Giappone per incontrare il premier Fumio Kishida e ufficializzare il cambio di guardia al G7, sebbene le differenze si annunciano minime. “L’anno scorso la presidenza giapponese ha svolto un lavoro straordinario nel richiamare l’attenzione su una tecnologia”, quale l’intelligenza artificiale, “che può generare grandi opportunità ma può anche nascondere enormi rischi per le nostre società”, ha dichiarato da Tokyo nell’intervista rilasciata al quotidiano nipponico Yomiuri Shimbun. Il paradigma sembra essere quello più volte espresso: liberare le potenzialità dell’IA, tenendo conto dei suoi impatti negativi. “Siamo di fronte alla reale possibilità che molte professioni, anche altamente qualificate, vengano rapidamente sostituite da algoritmi, causando crisi sociali e contribuendo ad ampliare il divario tra ricchi e poveri, spazzando potenzialmente via la classe media”, ha aggiunto.

A spaventare sono soprattutto i sistemi di IA generativa, che possono avere conseguenze dirette “sul mondo del lavoro, sull’informazione, sugli equilibri globali e sulla nostra sicurezza”. Per tutto questo esiste tuttavia un antidoto. “L’Hiroshima AI Process è di cruciale importanza in questo contesto, poiché afferma la necessità di adottare principi guida e un codice di condotta per le aziende che sviluppano IA. Da parte nostra”, ha assicurato la leader di Fratelli d’Italia, “svilupperemo ulteriormente questo lavoro per garantire che l’IA sia incentrata sull’uomo e controllata dall’uomo, tenendo conto dei nostri partner e coinvolgendo non solo le aziende ma anche la società civile e i sindacati per dare risposte a quello che rappresenta un rischio concreto per i nostri lavoratori”.

In un anno in cui miliardi di persone saranno chiamate al voto, di cruciale importanza è la prevenzione delle fake news, che Meloni considera “un problema di grande attualità che si sta diffondendo ovunque a grande velocità, con impatti che vanno dalla polarizzazione interna delle nostre società all’ingerenza nelle elezioni e nei processi democratici”, costituendo “una parte importante della guerra ibrida, che mette a rischio la coesione delle nostre democrazie”.

Trovare l’equilibrio è dunque la missione che l’Italia raccoglie dal Giappone con l’obiettivo di portare avanti questa complessa, quanto fondamentale rivoluzione digitale. Come scritta, lo farà seguendo il documento di Hiroshima, su cui era stata trovata l’intesa a fine ottobre scorso con il fine di stabilire dei principi guida e un codice di condotta internazionale per coloro che sviluppano sistemi di IA. Questo paradigma dovrebbe gestire il rischio, mettere in risalto i benefici e rendere l’intelligenza artificiale sicura e affidabile. Trasformandola in un alleato dell’uomo e non un pericolo, come affermato da Meloni.

In parte lo ha già iniziato a fare, aprendo il Tavolo di lavoro per l’Internalizzazione delle industrie delle biotecnologie, in cui sono state coinvolte le istituzioni – il ministero delle Imprese e del Made in Italy e quello dell’Università e della Ricerca, insieme all’Agenzia ICE 9 – ed gli esponenti del settore. Tra questi, il governo ha chiamato Farmindustria, Bristol Myers Squibb, Fondazione Enea Tech e Biomedical, l’Istituto di Nanotecnologia CNR-Nanotec, la Fondazione Biotecnopolo di Scienza, l’Human Technopole. Un esempio di come la commistione tra pubblico e privato possa rappresentare il volano dello sviluppo tecnologico.

Non è l’unico. La sfida del futuro verrà vinta da chi sarà in grado di dotarsi di materiali piccolissimi, anzi micro. La fabbricazione di chip, o la facilità di reperirli sul mercato, è imprescindibile per chi vuole attuare la trasformazione tecnologica. E lo sa anche Meloni, che a inizio anno ha ribadito quanto sia importante per il suo governo seguire questa strada. Purtroppo però Intel si è ormai tirata indietro (almeno a parole) e ha scartato il nostro paese tra le papabili aree dove costruire la fabbrica di semiconduttori. Ma la sfida non è persa, anzi: a settembre è entrato in vigore il Chips Act dell’Unione europea, con cui Bruxelles punta a raddoppiare la propria quota di mercato mondiale entro il decennio, portandola al 20% dal 10% attuale.

In generale, il governo italiano si era prefissato di sostenere le iniziative dal basso. Il sottosegretario con delega all’Innovazione Tecnologica, Alessio Butti, aveva messo in guardia sui rischi che l’IA presentava, cercando di sfruttare solo il suo meglio. Nello specifico mettendo a disposizione un fondo da 150 milioni di euro per finanziare le start-up nazionali, anche per alfabetizzare il mondo del lavoro italiano che si trova indietro rispetto alla media europea. La presidenza del G7 è un’occasione unica per passare dare concretezza alle parole.

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