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Kyiv e Gaza, di cosa si parlerà al Forum diplomatico di Antalya in Turchia

Atteso anche il ministro degli Esteri Lavrov, incontro che precede la visita da Erdogan di Putin, la quale avrà luogo dopo le elezioni presidenziali russe di metà marzo

Un tentativo, l’ennesimo, nella direzione di una risposta diplomatica ai teatri bellici al momento in atto, ma nella consapevolezza di voler provare a ottenere anche un dividendo geopolitico. Il terzo Forum diplomatico di Antalya (Adf) che si aprirà domani dinanzi a più di 20 capi di Stato e di governo provenienti da oltre 100 nazioni sarà evidentemente concentrato su Kyiv e Gaza, e non è escluso che possa essere presente anche un rappresentante del governo ucraino. Ma oltre alla riflessione approfondita “per cercare una via d’uscita pacifica dal periodo turbolento che il mondo sta attraversando”, come annunciato dagli organizzatori turchi, spicca la sempre più probabile visita di Vladimir Putin in Turchia, dopo le elezioni di metà marzo. Per questa ragione al forum sarà presente anche il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov.

Diplomazia in tempi di tumulto

Secondo il ministero degli esteri turco sono nove i macro temi a cui il forum dovrà dare risposte: le guerre in corso, gli atti di terrorismo, l’immigrazione irregolare, l’aumento della xenofobia e dell’islamofobia, i rischi imprevisti dell’intelligenza artificiale (AI), il cambiamento climatico, i disastri naturali, le pandemie e l’ampliamento del divario socioeconomico. Tutti settori delicati, al momento aggravati dalla perdita di fiducia nell’ordine internazionale. Un retroterra che è facile preda di personalismi e fughe in avanti, che il governo turco prova a gestire ponendosi in questo caso come mediatore del conflitto tra Mosca e Kiev, avendo con entrambi i paesi buone relazioni.

Lavrov per questo avrà anche un bilaterale con la controparte turca Fidan per favorire la cooperazione nei settori dell’energia, della sicurezza, delle banche, senza dimenticare settori chiave come il Caucaso meridionale, la Libia e la Siria.

Qui Libia

In Libia e più in generale in Africa la presenza russa è garantita dalla brigata Wagner, il cui comando estero è stato affidato all’intelligence militare russa (GRU), in particolare al generale Andrei Averyanov. L’obiettivo iniziale era quello di costruire una forza combattente in tutta l’Africa composta da circa 40.000 appaltatori, poi ridotti a 20.000. Averyanov ha incontrato nel settembre scorso il feldmaresciallo Khalifa Haftar per poi proseguire con viaggi mirati in Mali, Burkina Faso, Repubblica Centrafricana e Niger. L’uomo forte della Cirenaica ha bisogno di Wagner, sia a livello materiale che tattico, per cui anche la brigata “ricambia” il suo interesse perché con una base forte in Libia Wagner può sostenere contemporaneamente le sue operazioni in altri luoghi come Siria e Sudan. Inoltre quella posizione nella Libia orientale, dove dovrebbero esserci poco meno di un migliaio di contractors di Wagner, può essere utile anche per trasportare il narcotico Captagon. In questo senso vanno lette le trattative per concedere alle navi da guerra russe il diritto di attracco nel porto di Tobruk.

Qui Siria

Al momento Assad considera l’intervento russo in Siria la sua polizza di assicurazione, proprio quando la Russia ha disteso il suo (non più soft) power in loco, supervisionando i negoziati diretti tra i combattenti dell’opposizione e le forze del regime nella Siria settentrionale, centrale e meridionale. Il presidente russo Vladimir Putin ha inviato i suoi aerei militari in Siria “per proteggere la Russia e il suo popolo”, ha detto Assad in occasione di un incontro con i partecipanti al campo giovanile siriano-russo. E per corroborare le sue tesi ha avanzato un parallelo con la guerra in corso a Kyiv, spiegando che “i nuovi nazisti in Ucraina stanno attaccando i civili e la Russia è accusata”, paragonando la situazione ucraina a quanto accaduto nel suo paese.

Scenari

Proprio in relazione all’aumento del peso specifico del Mediterraneo e di tutti gli interessi (anche esterni) che lì convergono, il ruolo di Ankara è parallelo se non primario, dal momento che anche in Libia la Turchia è un player non secondario. E la contemporanea disponibilità della Russia del porto di Tartous in Siria e del porto di Tobruk crea e facto una concorrenza con l’Europa. Erdogan inoltre sta spingendo su più fronti, sia militari (il caccia di ultima generazione made in Turkey) che politici ottenendo benefici come il via libera da parte del Dipartimento di Stato americano alla vendita in sospeso da 23 miliardi di dollari di aerei F-16 e kit di ammodernamento alla Turchia dopo aver detto sì all’adesione della Svezia alla Nato.

Ma Erdogan non si ferma qui e prova ad accreditarsi anche in altre partite, come soggetto attivo nel futuro postbellico dell’enclave palestinese, tramite il suo convinto sostegno ad Hamas.


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