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Le responsabilità del Cremlino nell’assassinio siberiano di Navalny. L’analisi di D’Anna

Il mondo sta letteralmente insorgendo contro la Russia per la sconvolgente scomparsa dell’oppositore numero uno di Putin. Ma nonostante la valanga di accuse, il Cremlino continua ad arrampicarsi sugli specchi delle notizie del decesso per cause naturali. L’analisi di Gianfranco D’Anna

Una ignobile morte siberiana, un improvviso decesso che sa di assassinio, diretto o indiretto, ha spento vita del 47enne Alexei Navalny, l’irriducibile oppositore di Vladimir Putin finora sopravvissuto a tutti i tentativi di ucciderlo. La mano sporca di sangue del mandante aleggia sul cinico e freddo comunicato del Cremlino: “Putin è stato informato. Non sappiamo di cosa è morto Navalny, lo accerteranno i medici”.

Detenuto nella colonia penale a regime speciale di Kharp, un ex gulag staliniano di lavori forzati nella regione artica di Yamalo Nenets, nell’estremo nord della Siberia, mercoledì Alexei Navalny era stato trasferito in una gelida cella di isolamento per la 27esima volta dall’inizio della sua detenzione.

Avrebbe dovuto passare in isolamento altri 15 giorni, un record anche per il vessatorio sistema penitenziario russo. L’11 febbraio aveva appena terminato un altro periodo di isolamento di dieci giorni. In totale, il dissidente ha trascorso 308 giorni in isolamento dall’inizio della sua detenzione, nel gennaio del 2021.

Coraggioso e idealista, Alexei Navalny ha combattuto per i valori della libertà e della democrazia. Unanime l’indignazione e l’angoscia dei commenti mondiali. Tutti i leader e i governi occidentali ritengono il regime di Putin responsabile di questa tragica morte, destinata tuttavia a proiettare per sempre nella storia la figura e gli ideali di Navalny e a rappresentare la più pesante delle accuse, assieme all’assassinio nel 2006 della giornalista Anna Politkovskaja e di centinaia di altri dissidenti, contro l’attuale presidente russo.

Preso in contropiede dalla valanga di accuse ignominiose e dichiarazioni inorridite, il Cremlino non ha trovato di meglio che far trapelare varie notizie circa la probabile embolia che avrebbe provocato il decesso di Navalny. “È morto per un coagulo sanguigno, una trombosi”, ha aggiunto l’emittente televisiva Russia Today.

Notizie che non fanno altro che confermare la pianificazione dell’uccisione del dissidente. Secondo quanto riferito dal servizio penitenziario federale russo, dopo avere effettuato una passeggiata nel cortile Navalny si è sentito male e ha perso conoscenza. Gli operatori sanitari carcerari lo hanno soccorso immediatamente ed è stata chiamata un’équipe medica di emergenza. “Tutte le misure di rianimazione necessarie non hanno dato però risultati positivi”, sostengono le notizie lasciate trapelare da ambienti moscoviti.

I fatti evidenziano che si è trattato di una morte annunciata, come quella di Evgenij Prigožin e di tutti coloro che hanno osato sfidare Putin. “È un messaggio di morte di Putin in vista delle elezioni presidenziali di marzo” ha commentato l’ex direttore del giornale della dissidenza Novaya Gazeta e premio Nobel per la pace del 2021 Dmitry Muratov.

Lo sgomento internazionale sottolinea soprattutto che l’uccisione di Alexei Navalny fa letteralmente rabbrividire il mondo e rappresenta una terribile tragedia per il popolo russo. Gli eroi si commemorano, i miti non muoiono mai e Navalny – viene messo in evidenza – è diventato suo malgrado un eroe trasformato in mito. Un combattente il cui coraggio riecheggerà per generazioni come il mito dell’eroe delle libertà civili e della democrazia, ucciso dal tiranno.

Lui sarà ricordato assieme a tutti i grandi protagonisti positivi della storia della Russia, mentre il nome di Putin affiancherà nell’elenco dei carnefici dei rispettivi popoli e dell’umanità quelli di Stalin, Hitler, Hideki Tōjō ed Attila… Ma per quanto tempo ancora un simile tiranno tormenterà il mondo? ci si chiede piangendo e fremendo di rabbia per la vita spezzata di Alexei Navalny.

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