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Lezioni ucraine per Italia ed Europa. Il report Iai

Lo scoppio della guerra in Ucraina rappresenta un allarme che né l’italia né l’Europa possono ignorare. Tra lezioni militari e significati strategici, serve un nuovo approccio alla difesa. A livello nazionale e non solo. Chi c’era e cosa si è detto alla presentazione del report “Le implicazioni strategiche della guerra in Ucraina per l’Italia” pubblicato dall’Istituto Affari Internazionali

Non solo fonte di preziose lezioni dal punto di vista militare, ma anche occasione di spunti di riflessione sulla cooperazione tra settore pubblico e settore privato, sull’importanza dell’investire nell’apparato militare-industriale, sull’assetto politico e geopolitico dell’Italia e dell’Unione Europea, e anche sul loro rapporto con l’Alleanza Atlantica. A due anni dall’inizio del conflitto, la guerra in Ucraina ha suscitato riflessioni in questi e in altri campi. Riflessioni che sono state oggetto del report “Le implicazioni strategiche della guerra in Ucraina per l’Italia” pubblicato dall’Istituto Affari Internazionali e presentato presso la Sala della Regina della Camera dei Deputati nella mattina di martedì 20 febbraio.

Dopo i saluti portati dal vicepresidente della Camera dei Deputati Giorgio Mulè e dal presidente dello Iai Ferdinando Nelli Feroci, che hanno sottolineato quanto sia cruciale per il nostro Paese elaborare le lezioni e tattiche e strategiche del primo conflitto su larga scala scoppiato in Europa sin dai termini della seconda guerra mondiali, gli esperti del programma “Difesa e Sicurezza” dell’Istituto hanno presentato i punti principali del report.

Affermando come l’invasione russa dell’Ucraina sia stata, nella sua tragicità una doccia fredda, ma chiarificatrice: essa ha evidenziato come nel rapporto di coesistenza tra Nato ed Unione Europea l’Alleanza Atlantica abbia ancora la supremazia per quel che riguarda la difesa, ma allo stesso tempo ha rimarcato quanto sia cogente un rafforzamento delle capacità di difesa europea, con la sua lentezza nel sistema produttivo e nel processo decisionale. Inoltre, “la guerra in Ucraina dev’essere uno stimolo per l’Italia nell’approcciarsi al Mediterraneo Allargato, suo focus prioritario in simultanei fora, senza però trascurare le priorità generali dell’Alleanza” rammenta la responsabile di ricerca nei programmi Difesa e Sicurezza dello Iai Karolina Muti. Mentre l’intervento di Alessandro Marrone, responsabile del programma Difesa dell’Istituto, sottolinea le lezioni di carattere operativo che si possono trarre dal conflitto in corso tra Kyiv e Mosca, attraverso tutti e cinque i domini operativi in cui esso viene combattuto. Lezioni su cui “Adattare il sistema della difesa italiano a una realtà di guerra su larga scala in Europa, superando le sue criticità peculiari”.

Temi che vengono ripresi e sviluppati nel dibattito che segue alla presentazione del documento. La Nato rappresenta a oggi un vero scudo di libertà e democrazia, come rimarca l’Ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, Capo di Stato Maggiore della Difesa, il quale ripropone la visione di un confronto su base decennale con la Russia, visione già esposta in passato dal Segretario Generale dell’Alleanza Jens Stoltenberg. Un confronto che non si terrà però soltanto lungo il cosiddetto “Eastern Flank”, ma anche in altre parti del mondo. Come ad esempio il continente africano. Il conflitto in Ucraina segna infatti un punto di cesura, un confronto tra il vecchio e il nuovo. Un nuovo che è anche urgente: “Per l’Europa servono un nuovo design geopolitico e un nuovo design costituzionale. O si fa l’Unione subito, o diventa complicato”, avverte Giulio Tremonti, presidente della Commissione Affari Esteri della Camera dei Deputati. Superando anche le divisioni interne all’Unione stessa. Senza il convinto sostegno europeo la resistenza ucraina avrebbe avuto ben altra sorte. Ma senza quello inglese e americano, il sostegno europeo non sarebbe stato sufficiente. È necessaria “un’operazione di restart”, come la definisce la presidente della Commissione Affari Esteri e Difesa del Senato Stefania Craxi (che inizia il suo intervento ricordando l’oppositore politico russo Alexei Navalny, morto in circostanze misteriose pochi giorni fa), che va elaborata tenendo alla mente i processi d’adesione all’Unione attualmente in corso, compreso quello di Kyiv.

Il dubbio è: come avviare questo processo? Secondo Lorenzo Guerini, presidente del Copasir ed ex-ministro della Difesa, ci si deve concentrare su punti centrali come il destinare il 2% del Pil alle spese della difesa, che sono “non solo un requisito necessario dell’Alleanza, ma un passo fondamentale per mantenere efficiente il nostro strumento di difesa e sicurezza” o sulla collaborazione tra istituzione pubbliche e attori privati, punto ripreso anche dal presidente di Leonardo Stefano Pontecorvo.

“Possiamo vedere aspetti positivi nella risposta all’aggressione russa, come la reazione di sostegno all’Ucraina immediata e all’unisono nel nostro Paese, un’attitudine positiva a riorganizzare il nostro sistema produttivo, e una nuova responsività geopolitica, come il lancio di Aspides dimostra, Ma ci sono anche cose che non funzionano. Nella guerra ibrida parliamo troppo poco di cyber e di dominio cognitivo, siamo tutti i giorni oggetto di stratcom ma sottovalutiamo quetso fenomeno. Oggi le guerre non le combattiamo soltanto nelle trincee”, chiosa il sottosegretario alla Difesa Matteo Perego di Cremnago, nella summa di tutti gli spunti usciti durante la presentazione del report.

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