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Attenti a Cina e Russia, non solo agli Houthi. Il ministro Crosetto sul Mar Rosso

Crosetto annuncia le attività italiane nella missione Aspides, mirata anche a non far perdere influenza, interesse e sicurezza nazionale, mentre Cina e Russia sfruttano l’azione velenosa con cui gli Houthi hanno destabilizzato l’Indo Mediterraneo

Il quadro che dipinge il ministro della Difesa Guido Corsetto durante l’audizione alla Commissione Esteri e Difesa del Senato è complesso: il Mar Rosso in questo momento è teatro di qualcosa che “non è ancora un teatro di guerra, ma somiglia”, con gli Houthi, l’organizzazione paramilitare yemenita che controlla metà del Paese anche grazie ai finanziamenti ricevuti dall’Iran, che non si fermano, conducendo attività militari e di guerra ibrida, non a caso favorendo il traffico di navi russe e cinesi.

Per il ministro italiano, “questo crea uno squilibrio competitivo che impatterà in modo violento ed asimmetrico su di noi e sulle nostre economie” ed “è uno degli strumenti più efficaci con cui Mosca e Pechino perseguono l’obiettivo di prevalere slealmente nella competizione internazionale e di guadagnare nuove sfere di influenza rendendo insostenibile il confronto con l’Occidente”.

È questa asimmetria prodotta dalla destabilizzazione delle rotte indo-mediterranee che sta colpendo l’Europa e in particolare i Paesi della sponda Sud come l’Italia, a causa di quella che Crosetto definisce “marginalizzazione del Mediterraneo”. Per scongiurare questo effetto geopolitico della crisi in corso, “occorre agire subito con efficacia, per affermare il diritto internazionale ed il libero transito delle merci”. E l’azione sarà affidata anche alla missione “Aspides”, che l’Unione europea metterà in fase operativa dal 19 febbraio – data della prossima ministeriale Esteri del Consiglio europeo.

“La sicurezza marittima nel Mar Rosso si è significativamente deteriorata nelle ultime settimane e stiamo avanzando molto il lavoro di una nuova operazione marittima al fine di agire in modo puramente difensivo per proteggere le navi mercantili”, aveva confermato l’Hr/Vp Josep Borrell dopo una riunione informale dei ministri della Difesa che ha anticipato, sul contenuto specifico, quella tra leader di Stato e di Governo odierna.

La Difesa italiana, oltre al contributo in termini di assetti navali – per cui si pone come obiettivo di garantire l’impiego continuativo di almeno una nave nel Mar Rosso nell’arco dei prossimi 12 mesi, “indipendentemente dai contenitori operativi” – sta valutando anche la possibilità di fornire assetti aerei con capacità di sorveglianza e raccolta dati. Riguardo al comando della missione invece Crosetto conferma che mentre Italia, Francia e Grecia hanno tutte e tre dato disponibilità, dovrebbe essere scelta la base di Larissa, sede anche del comando Nato in territorio greco.

Probabilmente all’Italia toccherà il ruolo di un vicecomandante in mare, con un francese che invece avrà la guida operativa degli asseti. È una prassi di rotazione simile a quella di altre missioni per non gravare eccessivamente la logistica sulle basi di un singolo Paese. Tra l’altro, ricorda Crosetto, “nel 2023 abbiamo avuto il comando sia dell’operazione ‘Atlanta’ sia di ‘Emasoh’, mentre quest’anno assumeremo il comando di tutte e tre le operazioni, Atlanta, Emasoh e CTF 153”.

La Combined Task Force 153, parte delle attività multinazionali nella regione condotte sotto il cappello delle Combened Maritime Forces, è il raggruppamento sotto cui si muove “Prosperity Guardian”, missione a guida americana creata ad hoc un mese fa per contenere gli Houthi. Prosperity Guardian, a cui l’Italia ha dato sostegno senza partecipazione diretta finora (ma che una volta alla guida della CTF153 potrebbe passare sotto il coordinamento della Marina), ha ormai compiti solo difensivi – intercettazioni di missili, droni marittimi e navali degli Houthi. Gli Stati Uniti hanno infatti deviato le azioni offensive in territorio yemenita sotto “Poseidon Archer”, le cui spedizioni di attacco sono condotte insieme ai britannici nel tentativo di degradare le capacità di attacco degli Houthi – dato che la deterrenza è saltata.

Quotidianamente gli americani (e in parte minore gli inglesi) colpiscono sistemi yemeniti pronti all’azione, anticipando attacchi che tuttavia non sembrano ancora diminuire di intesità. È questo il quadro in cui si inserisce il tentativo europeo di creare un sistema difensivo e deterrente lungo la principale rotta mercantile che collega Europa e Asia Rotte. Rotta segnata dalle debolezze dei chokepoint di Suez e Bab el Mandeb, ma con la missione Ue che si estenderà fino al Mar Arabico, dove incontrerà le attività di altre marine come quella indiana.

Dal punto di vista formale, l’Ue – di cui Crosetto ha sottolineato la pragmaticità davanti all’emergenza – il 13 febbraio riunirà il Comitato Politico e di Sicurezza, e sei giorni dopo dovrebbe dare il via alle operazioni. Sulla decisione sembra esserci unità, con Italia, Francia e Germania che da sempre pressano per accelerare i passaggi e con Belgio, Danimarca, Belgio, Olanda, Portogallo, Norvegia, e chiaramente Grecia che hanno già aderito. Resta fuori la Spagna, che non vuole essere coinvolta, sebbene non si opporrà.

Dal punto di vista pratico, oltre alle difficoltà tecniche legate agli attacchi degli Houthi – contro cui le navi europee potranno difendersi, ma senza rispondere al fuoco – si somma un aspetto politico complesso. Il vice ministro degli Esteri cinese, Deng Li,  e il sottosegretario del ministero degli Affari esteri e degli espatriati dello Yemen, Mansour Baggash, si sono incontrati martedì a Pechino per parlare di unità e sovranità yemenita e della situazione del Mar Rosso. La Cina ha una base a Gibuti, ma per ora sta restando disinvolta.

Secondo la visione fornita dal primo ministro somalo a Repubblica, Hassan Sheikh Mohammud, a Roma per la Conferenza Italia-Africa, Europa e Cina dovrebbero trovare un accordo per cooperare nel Mar Rosso. È questo il modo con cui parte del Global South guarda alla crisi, ma la complessità di comunicazione e di interessi strategici rende questa potenziale cooperazione quasi impossibile, anzi. Come ricordava Crosetto, quello in atto potrebbe essere “uno degli strumenti più efficaci con cui Mosca e Pechino perseguono l’obiettivo di prevalere slealmente nella competizione internazionale” con l’Occidente.

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