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Le morti sul lavoro e la logica (pericolosa) dei subappalti. L’opinione di Bonanni

Negli appalti al massimo ribasso l’impresa peggiore mette fuori quella migliore in quanto disponendo di sub appaltatori spregiudicati come chi li coinvolge all’appalto, usano impunemente lavoratori a basso salario, non addestrati alla sicurezza e spesso in nero. L’impresa che distribuisce i subappalti ci guadagna; il sub appaltatore anche; così come il dante causa. A pagare il conto di questo sistema, sono sempre i lavoratori

Si ripete da molti anni la stessa storia: muoiono lavoratori nei cantieri, si sollevano le “grida” di anime belle e non belle, si promettono più ispettori e più ispezioni, si comunica che le norme saranno più implacabili, e tutto viene rimandato al prossimo incidente.

Ma il tema decisivo non sono gli ispettori, pur essendo auspicabile la loro efficacia; non sono fondamentali leggi draconiane, che sovente servono solo a nascondere le sfasature del sistema che perciò, gabbata la pubblica opinione rimane poi tale e quale.

In momenti di lutto nel mondo del lavoro delle costruzioni, almeno coloro che conoscono la situazione grave e come si trascina, ci si domanda se taluni ” ci fanno o ci sono proprio”.

E infatti non comprendere la logica assassina del sub appalto, almeno quando non corrisponde ad impresa davvero specialistica di nicchia con apparecchiature e specializzazioni altissime, significa non capire le dinamiche delle produzioni e dei rischi per la qualità del lavoro e per la esposizione ai pericoli dei poveri cristi al lavoro. Negli anni ottanta il subappalto lo imponeva la mafia.

Era già allora un modo per farsi pagare il pizzo legalmente. Ora a costoro si sono aggiunti molti altri soggetti: alcune imprese che posseggono le credenziali formali richieste dalle norme, ma non dispongono ne di attrezzature ne di operai.

Si accaparrano un appalto e parcellizzano le lavorazioni con il ricorso a più subappaltatori, la cui impresa spesso è allestita da poco e spesso senza particolari specializzazioni.

In un contesto di questo genere si producono le seguenti distorsioni: negli appalti al massimo ribasso l’impresa peggiore mette fuori quella migliore in quanto disponendo di sub appaltatori spregiudicati come chi li coinvolge all’appalto, usano impunemente lavoratori a basso salario, non addestrati alla sicurezza e spesso in nero; la qualità del prodotto non potrà che essere scarsa; l’humus della corruzione trova il proprio terreno di sviluppo; la concorrenza viene debellata; infortuni mortali e non diventano sempre più frequenti.

D’altro canto questo sistema tollerato, spiega i moventi principali per tali ragioni: l’impresa che distribuisce i subappalti ci guadagna; il sub appaltatore anche; così come il dante causa. Per dante causa si intende colui che favorisce in qualche modo affidamenti e coperture di ogni genere.

A pagare il conto finale di questi troppi soggetti che guadagnano sono i lavoratori, la qualità del prodotto, la legalità. E allora se le cose stanno così, per ridurre drasticamente le morti sul lavoro, basterà intervenire sui punti descritti di un sistema ormai decrepito e pericoloso.

Va ricordato che anche il salario povero alligna in questa palude dell’edilizia, come in altri settori dominati da concessioni, convenzioni e comunque da affidamenti pubblici. E allora se si vuole cambiare, occorrerà passare dalle facili declamazioni ai reali cambiamenti.

Le imprese con credenziali devono possedere attrezzature e maestranze proprie, i sub appalti potranno affidarsi per alte specializzazioni. I controlli delle autorità sulle imprese dovranno essere stringenti e lo stesso vale per i capitolati d’appalto. E infine gli appalti al massimo ribasso dovranno essere banditi. In effetti è il brodo di coltura di corruzione, di cattiva concorrenza, il motivo delle morti che si piangono con lacrime di coccodrillo.


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