Il ministro degli Esteri Antonio Tajani al meeting di Roma “racconta” la strategia, italiana ed europea, sulla frontiera più esterna dell’Ue, nella consapevolezza che il percorso di integrazione è ormai irreversibile (per tutti)
Una piattaforma, con base a Roma, che favorisca non solo la crescita ma soprattutto l’integrazione dei Balcani occidentali nella famiglia dell’Ue. L’occasione è il vertice ministeriale con gli omologhi dei Balcani occidentali e del gruppo degli “Amici dei Balcani occidentali” a Roma, ma si tratta di un passo che il governo italiano ha compiuto idealmente ormai da tempo: sia al fine di essere pivot in un’area specifica, sia per innescare una serie di conseguenze virtuose in seno alla nuova Ue, come già dimostrato in occasione delle conferenze ad hoc promosse in Italia.
Agenda Ue
Che i Balcani siano in cima all’agenda europea è ormai un fatto certificato, il passo successivo secondo Antonio Tajani si ritrova in una serie di azioni concrete che velocizzino l’integrazione, ed ecco che il vertice di Roma si posiziona esattamente dopo la chiusura della questione del bilancio europeo che ha un riflesso anche sui Balcani. Il ragionamento del vicepremier è che l’Europa non deve perdere il suo rapporto privilegiato con la regione, anzi, va ricordato che l’Italia è il Paese più esposto da uno scenario che vedesse i Balcani allontanarsi dall’Europa. “Non c’è soltanto la questione migratoria, c’è quella della sicurezza, quella dell’influenza da parte di altri Paesi extraeuropei in quell’area, che non possiamo permetterci di subire”.
Integrazione e terrorismo
Non solo integrazione, all’attenzione dei ministri il rischio-terrosimo. Lo sottolinea Tajani, quando evidenzia di aver voluto tutelare la cosiddetta frontiera orientale, chiedendo la sospensione di Schengen, perché c’era il rischio ci fosse un incremento della migrazione irregolare e vista la situazione che si è venuta a creare in Medio Oriente, che può provocare la presenza di terroristi lungo la rotta balcanica. “Abbiamo chiesto di verificare in maniera più scientifica l’ingresso di stranieri in Italia”.
Passaggio che deve essere metabolizzato e ricompreso all’interno del macro ragionamento su quella che Giorgia Meloni ha definito riunificazione balcanica. Per questa ragione Tajani punta ad accelerare il processo di integrazione, “il mio auspicio è che nasca una piattaforma di Roma per la crescita e l’integrazione dei Balcani nell’Unione europea”. In questo senso è esplicativo il fatto che la seconda sessione di riunione è stata aperta alle imprese italiane che operano nei Balcani occidentali. “Siamo in prima fila per la crescita e siamo convinti che si debba anche sviluppare l’aspetto economico”, sulla traccia cooperazione-partenariato.
Prima del 2030
Fondamentale in questa direzione l’auspicio di Tajani sui tempi, con il lavoro italiano presso gli altri partner europei affinché i Balcani possano rappresentare una centralità. Il riferimento è al fatto che prima dell’Ucraina ci sono altri paesi candidati che hanno diritto ad avere una priorità. Tajani addirittura anticipa le previsioni di Charles Michel, il presidente del Consiglio europeo, che aveva parlato di adesione prima del 2030 e osserva che questa data si potrebbe anticipare.
Ma perché il timing di adesione è un fattore determinante? Senza dubbio perché rapportato alle azioni di penetrazione esterna di super players come Cina e Russia, che hanno attinenze specifiche come dimostrano i tentativi passati (su tutti vax diplomacy, Via della Seta): il no italiano alle influenze extra europee sulla regione, quindi, va letto proprio in questa direzione, nella consapevolezza che nel ventaglio di conseguenze c’è anche quella “dell’influenza in quell’area di Paesi extra europei che non possiamo permetterci di subire”.