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Proteste, elezioni rinviate e ombre esterne. Il Senegal come il Mali?

Il governo di Dakar vuole chiudere una tv privata rea di aver trasmesso le proteste di piazza, altro segno di una destabilizzazione ormai oggettiva in una porzione africana tornata di attualità dopo il disimpegno francese e l’esigenza di una strategia amministrativa diversa rispetto al passato, incarnata dal Piano Mattei

Che il Piano Mattei sia utile per capire e interpretare in maniera diversa l’Africa è una contingenza oggettiva su cui stanno convergendo analisti, imprese e mondo associativo. Ma l’urgenza di un’azione corale è data, oggi ancora di più, da fronti che si stanno complicando in maniera pressoché simultanea. Dopo il Mali, ecco il Senegal ad aprire una fase di fortissime tensioni tra politica, cittadini e media, Paese diventato de facto un soggetto anti-occidentale dopo le lunghissime relazioni con la Francia. Da tempo il Sahel è diventato l’epicentro di due movimenti tellurici, come il terrorismo jihadista e l’espansione dell’influenza russa tramite il gruppo Wagner, al fine di escludere l’occidente.

Qui Dakar

Dopo le violente proteste di piazza che hanno visto l’arresto di uno o due (non è ancora certo) esponenti di spicco dell’opposizione, è il giorno del dibattito in Parlamento dove si voterà la proposta di rinvio delle elezioni presidenziali di sei mesi, precedentemente fissate per il 25 febbraio.

Ma perché erano nate le proteste? Il governo ieri aveva ordinato la chiusura di un’emittente televisiva privata per “incitamento alla violenza”: la sua colpa era stata quella di informare i cittadini sulle proteste in corso in un Paese dominato dalla tensione politica. Per questa ragione i capi dell’opposizione avevano utilizzato parole forti per condannare la decisione governativa, come “colpo di stato costituzionale” per descrivere la situazione attuale di vero e proprio “attacco alla democrazia”.

Macky Sall

Da baluardo di stabilità il Senegal ha progressivamente abbandonato il proprio status di roccaforte francese e oggi accusa equilibri fragilissimi, dettati dalla volontà di Macky Sall, attuale presidente, di correre per un terzo mandato, non previsto dalla Costituzione. Per questa ragione il partito di opposizione Pastef (Partito dei Patrioti africani del Senegal per il lavoro, l’etica e la fraternità) che sconta l’arresto del suo leader Ousmane Sonko, ha organizzato una serie di manifestazioni di protesta.

In un discorso alla nazione Sall ha dichiarato di aver abrogato il decreto sulla convocazione delle elezioni e per tutta risposta i sostenitori di Karim Wade, figlio dell’ex capo di Stato Abdoulaye Wade, hanno richiesto una commissione d’inchiesta per valutare come sono stati esclusi dalle elezioni alcuni componenti del Consiglio costituzionale. Lo stesso Wade è fuori gioco per via della doppia nazionalità franco-senegalese. Ma non è il solo, anche Ousmane Sonko, attualmente detenuto, non sarebbe eleggibile.

Qui Mali

Il Paese è attraversato da una crisi “materiale” oltre che politica, con assenza prolungata di elettricità che avrà conseguenze economiche precise, per questa ragione i cittadini maliani contestano il governo militare. Il paese è stato scosso da due colpi di stato nell’agosto 2020 e nel maggio 2021, che si sommano ad una crisi di sicurezza dettata dalle insurrezioni jihadiste nella parte nord.

Da tempo il Sahel è diventato non solo ambito da super player esterni come Cina, Russia e Turchia, ma il punto nevralgico di una partita che si gioca su scala mondiale e che vede la presenza della brigata di contractors russi determinare interessi e contingenze.

Scenari

Al momento la rete della brigata Wagner conta almeno dodici stati africani in cui esercita un potere amministrativo legato a doppia mandata ad interessi specifici, come l’addestramento degli eserciti locali, il commercio di minerali preziosi, il controllo degli apparati di sicurezza: di fatto sono una sorta di pretoriani in un fazzoletto di Africa divenuto strategico, non solo alla voce migranti. Il quesito che va posto sul Senegal è il seguente: se una delle democrazia più stabili dell’Africa occidentale, se non l’unica, viene colpita dal germe della destabilizzazione cosa potrà accadere ad altri paesi che sono strutturalmente ben più deboli?

Anche per questa ragione cresce l’esigenza di una strategia amministrativa diversa rispetto al passato, incarnata dal Piano Mattei.

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