Nell’annuale discorso sullo Stato della Nazione, il presidente russo ha risposto all’Occidente, ricorrendo anche alla (oramai usuale) retorica nucleare. Ma ha parlato anche di economia, tecnologia e diplomazia. Senza fare riferimenti alla Transnistria
Un Occidente che voleva vedere una Russia “morente”, ma che ha “sbagliato i calcoli” non considerando la determinazione e il senso di unità del popolo russo. A due settimane dalle consultazioni dove cercherà (con risultati scontati) la sua riconferma per un altro mandato, i toni del presidente russo Vladimir Putin non possono che essere marcatamente nazionalisti. Nel discorso sullo Stato della Nazione (dalla durata record di due ore) pronunciato giovedì 29 febbraio, il leader russo ha toccato diversi punti di rilievo.
A partire dall’eventuale dispiegamento di truppe occidentali in territorio ucraino, una possibilità recentemente evocata dal presidente francese Emmanuel Macron. Putin ha avvertito le capitali dell’Occidente che l’eventuale realizzazione di una simile possibilità avrebbe delle conseguenze: “Si è parlato dell’invio di contingenti Nato in Ucraina. Ma ricordiamo il destino di coloro che hanno inviato contingenti in passato. Ora le conseguenze per gli interventisti saranno molto più tragiche”. Evocando implicitamente un possibile confronto, anche nucleare, esplicitato poi poco dopo, quando ha sottolineato come la retorica occidentale possa portare al confronto spietato. “Anche noi abbiamo armi che possono colpire obiettivi sul loro territorio. Questo minaccia davvero un conflitto con armi nucleari, e quindi la distruzione della civiltà”, ha affermato Putin, sottolineando come l’arsenale nucleare di Mosca sia in “piena prontezza operativa”.
Il leader russo si è espresso anche sull’andamento del conflitto: “Faremo di tutto per porvi termine, per sradicare il nazismo, per risolvere tutti i compiti dell’operazione militare speciale, per proteggere la sovranità e la sicurezza dei nostri cittadini”, aggiungendo che in questo momento la Russia sta prendendo l’iniziativa su tutti i settori e che la popolazione Russa supporta lo sforzo militare. Andando oltre la guerra, Putin ha lodato le iniziative dei suoi alleati, come la Belt and Road Initiative di Pechino, e ha parlato della necessità di creare “nuovi punti di contatto” con i Paesi arabi e le nazioni dell’America Latina e dell’Africa, direttrici fondamentali per la politica estera russa.
Ma nel suo discorso Putin non ha tralasciato la dimensione “domestica”, anzi. Andando a sottolineare i valori della famiglia, incentrati sulla nascita di più figli e sulla “proliferazione” della nazione multietnica. “Noi scegliamo la vita, la Russia rimane il pilastro dei valori tradizionali” ha affermato il presidente, che poi ha indicato l’obiettivo per il Paese nei prossimi sei anni di garantire una “crescita stabile” dei tassi di natalità per “migliorare la qualità della vita” delle famiglie, suggerendo la costruzione di nuovi asili e altre infrastrutture di supporto. Che la Federazione Russa stia attraversando una fase di profondo declino demografico non è d’altronde una novità, e le conseguenze del conflitto in Ucraina da questo punto di vista sono tutt’altro che trascurabili.
Il presidente ha rivolto la sua attenzione anche alla dimensione tecnologico-scientifica, dove la Russia avrebbe un “enorme vantaggio competitivo”. Putin ha dichiarato di voler accrescere costantemente gli investimenti nella ricerca scientifica, compresi i programmi farmaceutici e spaziali, mirando al raggiungimento del 2% del Pil entro il 2030. E sottolineando come il Paese debba diventare tecnologicamente indipendente in settori chiave per l’economia.
Sul versante economico, ha lodato il mondo imprenditoriale russo che ha saputo reagire allo sganciamento dell’Occidente dall’economia della federazione, e ha lanciato l’iniziativa di una “modernizzazione” del sistema di tassazione nazionale, ridistribuendo l’onere fiscale a favore di coloro che dispongono di maggiori fondi.
Nel suo monologo, Putin non ha però fatto nessun riferimento alle ultime novità riguardanti la regione separatista della Transnistria (dove sin dalla dissoluzione dell’Unione Sovietica staziona un corpo militare russo, usato da Mosca per esercitare influenza nella regione), le cui autorità avevano lanciato una richiesta d’aiuto alla Federazione Russa per proteggersi dalla Moldavia, responsabile di “genocidio, compiuto tramite pressioni economiche, fisiche, giuridiche e linguistiche”. Richiamo d’aiuto a cui, poche ore prima del discorso, Mosca ha risposto, dichiarando che “la protezione degli interessi degli abitanti della Transnistria, nostri compatrioti, è una priorità”. Causando preoccupazioni a livello internazionale per la complessa situazione in cui si trova Chisinau, e per i rischi di escalation ad essa connessi.