Skip to main content

Ecco come gli alleati di Putin gettano la maschera. Report Wilson Center

Non solo la Cina, le cui banche stanno voltando le spalle a Mosca. Ma anche l’India e Cipro stanno prendendo le distanze, nonostante gli impegni di facciata. Motivo? L’economia russa se la passa male e le sanzioni fanno paura

La domanda è un po’ la stessa, da due anni a questa parte: le sanzioni contro la Russia stanno funzionando o no? A leggere cosa succede in Cina, per esempio, pare proprio di sì. Le grandi banche del Dragone stanno un poco alla volta voltando le spalle all’alleato, se così lo si può definire. E questo per paura di rimanere invischiati in quelle sanzioni che prevedono la possibilità di colpire tutte quelle istituzioni finanziarie che intrattengono rapporti con Mosca.

Allora funzionano? Secondo uno dei più importanti think tank al mondo, il Wilson Center, sì. E non serve guardare alla Russia, ma ai suoi amici. “L’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina ha prodotto diverse promesse di cooperazione da una parte o dall’altra del conflitto. Nessun Paese è stato più espansivo nel sostegno alla Russia della Cina, che ha affermato che non ci sarebbero stati limiti al suo sostegno. I limiti a tale sostegno, tuttavia, sembrano essere a portata di mano. C’è voluto un po’ di tempo, ma la pressione delle sanzioni sta aumentando e ha un impatto sull’economia russa”, è la premessa contenuta in un report del Wilson.

“Solo nel mese di febbraio, alcune delle più grandi banche cinesi hanno smesso di fare affari con la Russia. Il 7 febbraio, la Chouzhou Commercial Bank, la principale banca cinese che facilita le importazioni dalla Russia, ha interrotto i rapporti con la Russia. Entro il 21 febbraio, tre delle quattro maggiori banche cinesi avevano smesso di fare affari con le istituzioni russe sanzionate. È probabile che altri istituti finanziari seguiranno l’esempio, in quanto le nuove sanzioni dell’Ue sulle società cinesi che aiutano la Russia a eludere le sanzioni, provocate dalla morte di Alexei Navalny, sono state annunciate il 24 febbraio 2024″.

Insomma, qualcosa è cambiato. “La partnership strategica senza limiti della Cina con la Russia ha aiutato Putin a superare i mesi più faticosi dell’invasione, ma nel secondo anniversario della guerra, gli impegni retorici di Xi Jinping sembrano essersi scontrati con i più ampi interessi nazionali della Cina. La crescita economica della Cina è in fase di stallo , la disoccupazione è in aumento, gli investimenti e le esportazioni sono in calo e il consumo interno è ancora basso. Gli enormi mercati immobiliari e edilizi cinesi, che costituiscono un quarto dell’intera economia, si stanno rapidamente sgonfiando . Nel frattempo, il peso del debito cinese sta crescendo ed è già molto più grande di quello degli Stati Uniti: di conseguenza, la grande scommessa della Russia sulla Cina per sostituire l’Occidente come partner economico e salvarlo dalle sanzioni sembra sempre più improbabile che venga ripagata”. Tradotto, la Cina non solo è messa male, ma ha perso la fiducia anche del suo presunto alleato.

“Perfino l’India, che dall’inizio della guerra era stata uno dei principali importatori di petrolio greggio russo a buon mercato, ha ora iniziato a ridurre le sue importazioni a causa dell’aumento dei costi, con le importazioni di gennaio 2024 in calo del 35% rispetto al picco del 2023. E allo stesso modo, gli Emirati Arabi Uniti (che hanno recentemente aderito ai Brics) hanno iniziato ad uscire dal mercato russo. Cipro, un tempo rifugio sicuro per gli ultra-ricchi russi, ha annunciato che inizierà a collaborare con gli specialisti di crimini finanziari dell’Fbi statunitense per sradicare l’evasione delle sanzioni”. Insomma, se non è un tana libera tutti, poco ci manca. La conclusione è netta: chi ha sostenuto la Russia fino a poco tempo fa, non lo sta più facendo, per vie traverse: “tutte queste mosse, poc’anzi menzionate, segnalano una discontinuità tra l’apparente dimostrazione di fiducia da parte del Cremlino, derivata da una combinazione di recenti, anche se minori, vittorie sul campo di battaglia e un senso di insicurezza di fondo”.

 


×

Iscriviti alla newsletter