Secondo il politologo “oggi se per assurdo ci fossero le elezioni, e se ci fosse un’alleanza M5S-Pd vincente, il governo durerebbe assai poco perché non sono pronti per stare insieme”. È necessario un percorso più lungo di definizione di programmi e intenti
La Sardegna è stata solo un fuoco di paglia, al Pd serve un Lingotto-bis, spiega a Formiche.net il prof. Carlo Galli professore emerito di Storia delle Dottrine Politiche presso l’Università di Bologna e deputato col Pd nella XVII legislatura, secondo cui, se per assurdo oggi ci fossero le elezioni e se ci fosse un’alleanza M5S-Pd vincente, il governo durerebbe assai poco perché non sono pronti per stare insieme. “Ho l’impressione che una segreteria Gentiloni sarebbe un modo per allontanare le due forze politiche. Ma torno a dire: attenzione la Sardegna non è l’Italia”.
Considera sufficiente una vittoria dello 0,5% per appianare le divergenze di opinioni che esistono fra i vari componenti del centrosinistra italiano?
No, non è sufficiente. La vittoria in Sardegna è figlia di molte contingenze e di molti errori della destra, che la destra probabilmente non ripeterà. Tra le contingenze c’è anche che il panorama politico sardo è molto accidentato e variegato, e conosce una quantità di forze politiche che a livello nazionale non esistono, per cui veramente dei paragoni sono impensabili. L’unico dato che si può cogliere è che una qualche forma di alleanza deve esistere fra M5S e Pd, senza la quale non si comincia nemmeno a ragionare. Aggiungo che nessuna forza politica, e quindi neppure la destra, è imbattibile: esiste un serbatoio di voti non di destra in Italia molto importante. Altro discorso è organizzarlo politicamente. In ogni caso, per restare alla sua domanda, ricordo che la Sardegna non è l’Italia.
L’alleanza prodiana trainata dall’Ulivo è replicabile oggi provando a mettere da parte alcune differenze (non da poco) di opinioni?
Un’alleanza numerica la si può sempre fare, e forse prenderebbe anche i voti necessari: ma bisogna capire che il ciclo politico, ormai da lungo tempo, è determinato dal fatto che i cittadini vivono in maggioranza in condizioni di crescente disagio, e votano un partito di protesta. Questo va al governo, governa come può e i cittadini continuano a star male. E la volta successiva votano per un altro partito di protesta. Questo è un meccanismo che si è visto nel corso di tutta la Seconda Repubblica. L’Ulivo ha governato per un po’ in una certa direzione molto chiara, europeistica, ma poi si è si è dissolto per l’eccessiva distanza che c’era su molti temi fra le forze politiche coinvolte nella maggioranza.
E se oggi se per assurdo ci fossero le elezioni?
Se ci fosse un’alleanza M5S-Pd e questa alleanza vincesse, il governo durerebbe assai poco perché le due forze politiche non sono pronte per stare insieme, ma solo allettate dall’idea di vincere le elezioni e di scacciare il fantasma della destra, che li ha terrorizzati. Ci vuole un lungo periodo di collaborazione a livello parlamentare nel Paese per la messa a punto in modo maturo e convinto di posizioni comuni. Cosa non facilissima, perché ricordiamo che il Pd è il partito dell’establishment e il M5S è il partito dell’anti-establishment e della protesta, o dell’assistenzialismo.
In questo senso, quanto potrà contare il valore carismatico di Schlein e Conte?
Nessuno dei due leader ha capacità carismatica. Non sono due leader carismatici, sono due leader molto diversi fra di loro. Conte è figlio della propria abilità tattica e Schlein è figlia di un momento di crisi del Pd che ha pensato di uscire dall’impasse rivolgendosi a un Papa straniero. Tanto straniero che non aveva la tessera del Pd e che è stato eletto non dal partito ma dai simpatizzanti. Tanto straniero che non ha nulla in comune né con la cultura cristianodemocratica né con quella socialdemocratica.
Crede che al Pd sia sufficiente solo cambiare la guida per provare ad avere una narrazione nuova o servirebbe un Lingotto-bis?
Io sono per il Lingotto bis. Alle regionali in Abruzzo e alle europee, se i risultati saranno insoddisfacenti per il Partito democratico, se la segreteria verrà in qualche modo minacciata e se il sostituto sarà Paolo Gentiloni, le cose diventerebbero difficili quanto ad alleanze. Gentiloni è l’establishment, tanto in Italia quanto in Europa. Mi sembra particolarmente complicato che questo eventuale orientamento nuovo del Pd (dico nuovo rispetto a Schlein) possa avere un qualche momento di contatto significativo con un movimento come il Movimento. Ho l’impressione che una segreteria Gentiloni sarebbe un modo per allontanare le due forze politiche, non avvicinarle.