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Sotto il peso della guerra ibrida di Mosca, la Finlandia si avvia alle urne

La questione migratoria, sfruttata dalla Russia per fare pressione nei confronti del Paese confinante dopo la sua decisione di entrare nella Nato, rappresenta un tema fondamentale nell’agenda dei candidati finnici. E chiunque vinca dovrà trovare il modo di gestirla

Secondo una convinzione molto diffusa, nelle elezioni presidenziali statunitensi l’impatto che ha la politica estera nel decidere il risultato finale è molto limitato. “It’s the economy, stupid”. Difficile dire quanto esattamene questa affermazione sia stata veritiera per quel che riguarda le elezioni statunitensi del passato, e quanto lo sarà per quelle che avranno luogo il prossimo novembre. E anche quanto questa assunzione pesi nei contesti elettorali degli altri Paesi democratici.

Sicuramente, non può essere utilizzata nel caso della Finlandia, dove domenica 11 febbraio si sono aperte le urne per le elezioni presidenziali, in quella che è la prima consultazione popolare dall’accesso di Helsinki all’Alleanza Atlantica avvenuta lo scorso anno. A confrontarsi sono Pekka Havisto, esponente della sinistra verde finlandese, e il candidato di centrodestra Alexander Stubb. Programmi e visioni differenti, che però collimano sulla posizione espressa nei confronti di Mosca, considerata come una minaccia alla sicurezza nazionale.

La Federazione Russa non ha accettato di buon grado la decisione del Paese nordico, storicamente neutrale, di unirsi alla nemica Nato. Ha anzi reagito, avviando una campagna “ibrida” nei confronti del vicino scandinavo. Una campagna condotta sfruttando i fenomeni migratori. Che con l’avvicinarsi delle elezioni ha raggiunto picchi sempre più alti. A Dicembre Helsinki si è vista costretta a chiudere tutti i varchi di frontiera con la Russia per cercare di fermare l’afflusso di migranti incoraggiato dal Cremlino. Dopo che, già nell’Aprile del 2023, era stata avviata la costruzione di una recinzione che coprisse nella sua interezza la frontiera tra Finlandia e Federazione Russa. E ora sembra che gli organi politici finlandesi stiano lavorando per istituire dei “respingimenti legalizzati”.

“La gente vede abbastanza chiaramente questo gioco russo”, è il commento di Haavisto riportato dal New York Times. Alla domanda su cosa ne pensasse delle richieste di potenziali respingimenti, ha risposto che le leggi umanitarie che vietano i respingimenti potrebbero dover essere modificate per riconoscere quella che ha descritto come una nuova forma di guerra ibrida. Dall’altra parte, Stubb ha detto che l’uso della forza al confine è necessario perché “l’unica cosa che Putin e la Russia capiscono è la forza, di solito la forza bruta”.

Chi dei due candidati uscirà vincitore dalle urne non avrà solo il compito di traghettare il Paese scandinavo all’interno del suo nuovo percorso come Stato-membro dell’alleanza atlantica; allo stesso tempo dovrà anche gestire l’urgente questione migratoria, che potrebbe assorbire importanti attenzioni e risorse. Cosa che potrebbe essere una distrazione voluta, secondo alcuni esperti. Come ad esempio Matti Pesu, analista della sicurezza presso l’Istituto finlandese per gli affari internazionali, di cui sempre il Nyt riporta un commento: “Il problema del confine non è la questione più urgente in questo momento, ma è una questione che consumerà le energie del futuro presidente e del governo finlandese”. Mentre Iro Sarkka, ricercatore presso lo stesso istituto, affronta la questiona da un’altra angolazione: “È la Russia che cerca di metterci contro i nostri stessi valori. Sosteniamo di essere una democrazia liberale, con un ordine internazionale basato su regole, e poi non rispettiamo nemmeno quei trattati?”.

Non a caso proprio il governo russo, attraverso la portavoce del ministero degli Esteri Maria Zacharova, ha dichiarato che l’accusa alla Russia di aver deliberatamente agevolato i migranti non solo è falsa, ma è anche “un altro esempio dei due pesi e due misure dell’Occidente o della mancanza di norme”. Lanciando l’ennesima, intenzionale picconata contro la coalizione euroatlantica e contro i valori liberali su cui essa si fonda.


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