Conversazione con l’ambasciatore, già segretario generale ad interim dell’alleanza atlantica: “La scelta di campo fatta dal governo è giusta e credo che l’esecutivo stia effettivamente riscuotendo un apprezzamento da questo punto di vista, e anche una certa sorpresa, aggiungerei, da parte di alcuni ambienti anglosassoni”
Non dare armi all’Ucraina significa smettere di difenderla, significa dare per certo che il Paese non ce la farà mai e finirà occupato, dice a Formiche.net l’ambasciatore Alessandro Minuto Rizzo, già segretario generale ad interim dell’alleanza atlantica e attualmente presidente del Nato Defense College Foundation che in questa conversazione analizza sia la cornice rappresentata dal G7 italiano che le esigenze ucraine (di munizioni) che l’Occidente dovrebbe soddisfare. “La scelta di campo fatta dal governo è giusta e credo che stia effettivamente riscuotendo un apprezzamento da questo punto di vista, e anche una certa sorpresa, aggiungerei, da parte di alcuni ambienti anglosassoni”.
Che segnale è, anche a livello d’immagine, il fatto che domani, nel secondo anniversario della resistenza ucraina, si celebri il primo meeting G7 a guida italiana?
Può essere una casualità perché il G7 a guida italiana è appena cominciato, ma ci può essere anche un simbolismo se il simbolismo in questo caso è quello del ricordo di questo anniversario tragico. Indica la volontà di continuare su una linea che è stata ben chiarita da parte dei Paesi del G7 due anni fa: questo l’elemento di continuità politica.
Crede che il concetto di stanchezza dell’Occidente venga aperto, un po’ come un rubinetto, da chi evidentemente ha altri scopi su questa su questa materia?
Non è una critica a nessuno, ma spesso inseguiamo risposte semplici dinanzi a problemi estremamente complessi. Premetto che nessuno di noi sa come andrà a finire la guerra in Ucraina, quello che possiamo notare è ciò che sta succedendo in questo momento. Indubbiamente l’Ucraina sembra in difficoltà perché ha perso una città e perché i suoi sembrano sulla difensiva: ciò non vuol dire che l’Ucraina perderà la guerra, ma di contro osservo che la stanchezza dell’Occidente mi sembra che sia dal primo giorno di conflitto. Non mi è sembrato che ci sia stato un entusiasmo in Occidente nell’aiutare veramente Kyiv. Forse un minimo senso del dovere, anche perché il tema successivo è conseguente.
Quale?
Anche qui non abbiamo la risposta definitiva ma è legittimo il quesito: se ci fosse una vittoria russa facile in Ucraina a quel punto la Russia potrebbe pensare anche di attaccare altri obiettivi in Europa? Ho l’impressione che forse la Russia si mostri più forte di quello che è, perché tutto sommato ha avuto circa 300.000 morti: se noi guardassimo alla Russia da un punto di vista socio-economico scopriremmo che nulla sta andando bene, come dimostra il fortissimo scontento. E la guerra sta provando tantissimo il tessuto russo.
Sul tema delle munizioni quale la sua opinione? Ieri il sottosegretario Fazzolari ha auspicato che le munizioni arrivino in tempo.
Si tratta di un problema tecnico e anche industriale, quindi ancora una volta non è facile dare una risposta. C’è stata una mancanza di capacità europea di avere una produzione di munizioni tale da potere gestire il campo di battaglia ogni giorno, perché se ricordiamo bene quando Francia e Inghilterra bombardarono Tripoli e Gheddafi nel 2000, altresì dobbiamo ricordare che poco dopo intervennero gli americani per fornire altre munizioni. Per cui c’è un problema industriale di produzione che non può essere facilmente così risolto, ma l’elemento decisivo è la decisione americana di continuare ad aiutare l’Ucraina. Secondo un’opinione abbastanza comune bisogna rinforzare la difesa e produrre di più, ma il problema centrale è che lì è fermo al Congresso un pacchetto di aiuti molto forte per l’Ucraina che non passa e non è detto che non passi. Indubbiamente è un elemento molto importante dal punto di vista ucraino se Kyiv dovesse vedere che il principale alleato viene a mancare, effettivamente potrebbe avere un riflesso psicologico.
Gli Usa hanno annunciato nuove sanzioni proprio contro la Russia. Ecco, oltre ad approvare nuove sanzioni, come si fa a far rispettare le vecchie?
Il tema è datato nel tempo: ci sono sanzioni che non funzionano perché il bene viene sostituito da un bene proveniente da altri Paesi. Ma io credo che queste sanzioni stiano facendo effetto, in realtà, anche se non sono cose che da un giorno all’altro fanno crollare un Paese. Io non credo che ci sia una via di uscita da questo tipo di paradigma.
L’accordo di difesa bilaterale già siglato con Regno Unito, Germania, Francia e a breve proprio con Italia potrebbe contribuire progressivamente a far sì che anche l’Europa abbia un ruolo e, perché no, immagini davvero nel prossimo quinquennio di Commissione di dotarsi della difesa comune?
Ho una certa esperienza in materia perché sono stato il primo ambasciatore al Comitato per la politica e la sicurezza a Bruxelles con Solana nell’anno 2000. Il problema è che gli europei hanno tutte le istituzioni giuste sul piano delle strutture, ciò che è mancata fino ad ora è la scelta politica accettando anche implicazioni negative come la perdita di vite umane. Questo trend di cui lei sta parlando adesso potrebbe dare all’Europa quello che le manca, cioè l’esperienza pratica sul campo. Mi spiego: mentre la Nato ha una “cultura” delle operazioni, l’Unione europea no e non c’è modo di acquisire esperienza se non facendo le cose, come succede per noi esseri umani.
Il G7 guida italiana è gravido di aspettative: quali gli obiettivi che potranno essere realisticamente raggiunti e al termine di questo G7 come potrà cambiare anche l’immagine del nostro Paese di fronte a partite complicate?
Indipendentemente dalle singole convinzioni politiche, credo che l’Italia abbia delle posizioni chiare e ciò mi sembra un fatto positivo. Secondo me è giusto fare quello che sta facendo il governo italiano, inoltre l’Italia ha una memoria storica un po’ confusa in materia: noi abbiamo avuto due guerre mondiali cominciate in un modo e finite in un altro. Per cui in passato l’Italia non sempre è stata chiara e con un linguaggio diplomatico lineare. Oggi invece c’è una linea chiara ed essendo una grande democrazia occidentale, è corretto che l’Italia stia da quella parte senza esitazioni. La scelta di campo fatta dal governo secondo me è giusta e credo che il governo stia effettivamente riscuotendo un apprezzamento da questo punto di vista, e anche una certa sorpresa, aggiungerei, da parte di alcuni ambienti anglosassoni.
Ovvero?
Vero è che l’Italia è un Paese che non ha mai avuto contenziosi storici con la Russia e quindi è anche comprensibile che da parte di una fetta dell’opinione pubblica italiana ci sia un po’ di perplessità. Ma la stragrande maggioranza dell’opinione pubblica italiana in realtà sta seguendo il Governo e non vedo delle grandi contestazioni alla linea pro-Ucraina. Inoltre presidente del Consiglio e ministro degli Esteri sono sulla stessa linea.
Corretto continuare a fornire armi e mezzi a Kyiv?
Non dare armi all’Ucraina significa smettere di difenderla, significa dare per certo che il Paese non ce la farà mai e finirà occupato. Ma quand’anche dovesse fare delle concessioni territoriali in sede di un ipotetico tavolo negoziale, beh un conto è farle in modo limitato e nell’ambito di un accordo, un altro conto è farle perdendo una guerra.