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Ucraina, l’ambiguità strategica di Macron spiegata da Alcaro

Inviare una forza occidentale in loco? La Nato chiude alla proposta dell’Eliseo, troppi rischi di escalation. Riccardo Alcaro, coordinatore delle ricerche e responsabile del programma Attori globali di Iai: “più che una proposta, quella di Macron è un’esternazione fatta ad hoc con l’effetto di cominciare a creare maggiore consapevolezza nei Paesi dell’Europa occidentale, del fatto che si stanno sottovalutando profondamente le implicazioni di una vittoria di Putin in Ucraina”

A Parigi, a due anni dall’invasione russa, si è riunita la Conferenza dei Paesi alleati per il sostegno all’Ucraina, alla presenza del cancelliere tedesco Olaf Scholz, del ministro degli Esteri britannico David Cameron, del capo del governo spagnolo, Pedro Sanchez: per l’Italia presente il vice ministro degli Esteri, Edmondo Cirielli. Secondo Macron “l’obiettivo è evitare che la Russia vinca questa guerra”, per cui non è “più escluso” l’invio di truppe. Una frase che ha provocato la reazione della Nato e su cui si sta aprendo un dibattito circa la modalità e i tempi, anche alla luce di come il conflitto in corso verrà influenzato dalle elezioni americane del prossimo novembre.

La conferenza

“Oggi non c’è un consenso per inviare in maniera ufficiale, assumendosi la responsabilità, delle truppe di terra. Ma in prospettiva, nulla deve essere escluso. Faremo tutto quello che serve affinché la Russia non possa vincere questa guerra”, ha detto Macron. In secondo luogo spazio alla formazione di una coalizione per “fornire missili e bombe di media e lunga portata”, gruppo che si somma alle 8 già esistenti, incaricata degli attacchi in profondità e dunque con missili e bombe di media e lunga gittata”.

La Conferenza organizzata ieri a Parigi, ha spiegato Palazzo Chigi in una nota, ha costituito l’occasione per riaffermare, con la partecipazione del viceministro Cirielli, il pieno impegno dell’Italia a sostegno dell’Ucraina nella lotta a difesa della propria sovranità e integrità territoriale. Fin dall’aggressione russa di due anni fa vi è stata piena coesione di tutti gli Alleati nel supporto da offrire a Kiev. Questo supporto non contempla la presenza sul territorio ucraino di truppe di Stati europei o Nato.

Parole e conseguenze

Ma subito dopo le parole di Macron, la Nato ha spiegato che non ha alcun progetto di inviare soldati in Ucraina. La Nato e i membri dell’alleanza “stanno fornendo un’assistenza senza precedenti all’Ucraina. Lo facciamo dal 2021. Ma non ci sono piani per inviare truppe da combattimento sul terreno in Ucraina”.

Dalla conferenza Macron ha annunciato il possibile invio di truppe a sostegno di Kyiv “affinché la Russia non possa vincere questa guerra”. In quel caso, e quindi con il coinvolgimento diretto dell’occidente su suolo ucraino, si ingrosserebbe il conflitto o si rafforzerebbe la nascita di un tavolo diplomatico? Dice a Formiche.net Riccardo Alcaro, Coordinatore delle ricerche e Responsabile del programma “Attori globali” di Iai (Istituto Affari Internazionali) che quella di Macron non è una proposta, ma un’esternazione fatta di proposito per alimentare una cosa che si chiama ambiguità strategica: “Sinceramente avrebbe avuto più senso farla due anni fa”. Che cosa vuol dire? “Significa instillare il dubbio che bersaglio di questo messaggio è fare o non fare determinate cose. Potrebbe comportare un costo eccessivo, come in questo caso il coinvolgimento di truppe francesi o Nato in Ucraina. Ciò sarebbe potuto essere d’aiuto nella fase precedente all’invasione, magari in forma di deterrenza. Evidentemente Macron e i suoi consiglieri ritengono che possa ancora esserlo, perché in questo momento Putin si sente molto fiducioso”.

Escalation

Con quali conseguenze però? “Porterebbe a un’escalation oltre l’Ucraina o porterebbe i russi a più miti consigli: penso che ci sono buoni argomenti per entrambe le posizioni. La prima reazione di Putin sarebbe quella di fomentare un’escalation perché Putin non negozia mai da una posizione di debolezza. Quindi cercherebbe un’escalation forse per creare un senso di allarme generale in Europa e tra i Paesi occidentali. Ovviamente un conflitto Nato-Russia sarebbe un conflitto le cui implicazioni potenziali sono le peggiori possibili immaginabili, perché sarebbero coinvolti i maggiori arsenali nucleari al mondo. Ma anche la Russia sarebbe portata a una forma di controllo nel tentativo poi di capire come uscire da una situazione che potrebbe essere potenzialmente senza uscita. Stiamo parlando di ipotesi di scuola quindi è una cosa lontanissima dal diventare realtà, anche perché non ci sarebbe mai un consenso a livello Nato”.

Secondo l’analista dello Iai si potrebbe intervenire soltanto a livello bilaterale, in una coalizione di volenterosi ma essendo tutti membri Nato, anche in quel caso ci sarebbe l’aumento delle tensioni interne ma anche forse un allentamento della solidarietà. “Al contempo – aggiunge – non si può escludere una qualche forma di intervento coordinata a livello multilaterale, ma extra Nato, non tanto di forze sul fronte quanto di forze militari che possono svolgere attività di trading, di logistica o di intelligence”.

Strategia macroniana

Le parole di Macron celano altro? Alcaro precisa che in termini positivi è ambiguità strategica, in termini negativi è voler creare una confusione non necessaria all’interno dell’alleanza. “Detto questo, però, l’esternazione di Macron può avere un altro effetto che secondo me è positivo, cioè quello di cominciare a creare maggiore consapevolezza nei paesi dell’Europa occidentale, del fatto che si stanno sottovalutando profondamente le implicazioni di una vittoria di Putin in Ucraina che va da un congelamento della situazione di oggi a una situazione peggiore. In quel caso ci sarebbero delle implicazioni per la sicurezza europea molto gravi perché si creerebbe un grande conflitto irrisolto in Ucraina che resterebbe pertanto una fonte inesauribile di tensioni tra Russia e Occidente. Kyiv inoltre si troverebbe in una situazione fragilissima, chiusa fra una una Russia che comunque continuerebbe a premere sul confine e che continuerebbe tutte le sue iniziative di provocazione, di intimidazione, di sabotaggio, di disinformazione e di propaganda in Ucraina e nei suoi sostenitori occidentali”.

Tutto questo renderebbe la Russia di Putin ancora più autoritaria e più aggressiva, tanto in Ucraina quanto fuori, tanto più se poi negli Stati Uniti dovesse essere eletto Donal Trump: in quel caso, osserva, si porrebbe anche un problema di tenuta dei sistemi democratici. “Putin ha fatto moltissimo per esacerbare le divisioni interne, politiche, sociali ed economiche nei Paesi occidentali e per scollare le istituzioni liberaldemocratiche dal consenso popolare. Una sua vittoria in Ucraina sarebbe deleteria per la tenuta per la tenuta dei sistemi liberaldemocratici europei”. Per cui spiega che bisogna attrezzarsi mentalmente per capire che non possiamo più vivere con le regole del mondo valide fino ai primi anni 2000, perché siamo in presenza di un conflitto sistemico.

Guerra e elezioni

Ma la guerra in Ucraina può permettersi di aspettare l’esito delle elezioni americane e anche quelle europee, per assistere ad una svolta? Secondo Alcaro la guerra può aspettare, nel senso che sia l’Ucraina che la Russia continueranno a combattere fino al novembre 2024 e anche oltre. “Il punto è che non credo che gli occidentali staranno fermi. L’Unione europea nei primi mesi del 2024 ha finalmente adottato il pacchetto di 50 miliardi di aiuti all’Ucraina fino al 2027. Inoltre la Francia vuole contribuire ad acquisire 800.000 munizioni da paesi extra Ue da mandare in Ucraina. In questo modo si sta tentando di recuperare il terreno perduto nella produzione di materiale bellico, soprattutto munizioni, di cui l’Ucraina ha assoluto bisogno. Gli europei avrebbero potuto fare di più, come anche gli americani, però oggi non sono affatto fermi”.

Stop ai droni turchi?

Secondo quanto apparso sulla stampa greca, i governi di Parigi, Nicosia e Atene avrebbero bloccato il finanziamento per la fornitura all’Ucraina di droni Bayraktar e di proiettili d’artiglieria di fabbricazione turca. Le amministrazioni dei tre Paesi hanno posto il veto alla proposta Ue di finanziare tali acquisti in occasione dell’ultima riunione del Comitato politico e di sicurezza dell’Unione europea. I Bayraktar TB2 e le munizioni di artiglieria sono considerati parte del supporto vitale per l’Ucraina poiché, nelle intenzioni, avrebbero dovuto stemperare il calo del sostegno da parte degli alleati occidentali. Al contempo il produttore turco di droni Baykar ha iniziato i lavori per la realizzazione di una fabbrica in Ucraina, con l’obiettivo di completarla entro l’inizio del 2025: dovrebbe poter sfornare 120 droni all’anno.

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