Il quotidiano americano mette l’accento non solo sul suo essere leader credibile e influente, ma sul fatto che diventerà “gancio” indispensabile in grado di gestire la fase europea in cui le destre stanno avanzando massicciamente
Non è un semplice endorsement come altri, seppur pregevoli, che ci sono stati in questo anno e mezzo al governo. L’ultima riflessione del New York Times su Giorgia Meloni porta in grembo anche altro: ovvero, che dopo la certificazione che l’Italia governata dalla destra di Fratelli d’Italia ha superato indenne le prove delle agenzie di rating, di due manovre di bilancio, della riconversione del Pnrr, oggi il ruolo del suo leader va anche l’oltre la gestione dell’ordinario. E si proietta sull’orizzonte elettorale europeo, quando sarà “gancio” indispensabile in grado di gestire la fase in cui le destre stanno avanzando massicciamente praticamente dappertutto.
Pro Ucraina
Il quotidiano americano sottolinea che il primo ministro italiano ha contribuito a convincere il leader ungherese, Viktor Orban, a sostenere un fondo storico per l’Ucraina, ovvero un lavorìo diplomatico e, perché no, anche personale di Giorgia Meloni, che ha permesso lo sblocco di miliardi di euro in fondi. Se alla fine Orban ha accettato l’accordo con l’Ucraina è stato merito del premier italiano, ed è stato sì, si legge sul Nyt, “un grande momento per l’Europa ma è stato anche un grande momento per Meloni, che ha suggellato la sua credibilità come persona in grado di svolgere un ruolo influente ai massimi livelli dei leader europei”.
Influenza e livello
Due le parole chiave di questa analisi: influenza e livello. Come si esercita un’influenza se non con un retroterra di relazioni intessute con pazienza certosina e personalità, ma anche con prove ben superate?
Volgendo lo sguardo indietro a questi 16 mesi, i banchi di prova del primo premier donna della storia d’Italia sono stati numerosi, a partire dalla crisi geopolitica successiva all’invasione russa dell’Ucraina, passando per la crisi energetica e per quella del grano, per arrivare a sfide dirimenti come l’intelligenza artificiale, il Piano Mattei, la guerra a Gaza e la presidenza italiana del G7.
In secondo luogo il riferimento ai massimi livelli Ue. Un esempio su tutti: quando lo scorso anno il premier italiano riuscì a convincere i vertici europei a recarsi in contemporanea a Tunisi per siglare l’accordo con Saied ottenne due risultati: accendere finalmente un fascio di luce, generale e condiviso, sul tema dell’immigrazione e presentarsi dinanzi agli interlocutori africani (e non solo) con una voce sola: pragmatica e non ideologica.
Meloni e Ue
Il Nyt prosegue con un altro passaggio, questa volta di prospettiva e si “allunga” alla fatidica data del prossimo giugno quando le elezioni europee potrebbero mutare in maniera considerevole la consistenza delle forze politiche non solo nel Parlamento europeo, ma finanche nelle sue massime istituzioni.
Quando Meloni divenne la leader dell’Italia nell’ottobre del 2022, osserva, molti a Bruxelles temevano che sarebbe diventata una forza dirompente. Invece, come ha dimostrato l’episodio di Orban, si è posizionata come leader dell’estrema destra in grado di parlare a chi si trova all’estrema destra: “Un rimedio di cui i leader dell’Ue potrebbero aver bisogno maggiormente nei prossimi anni”. Ovvero il fattore equilibrio: “In molti modi – chiosa il Nyt – Meloni ha messo a proprio agio l’establishment europeo”.
Non proprio un risultato da poco, per chi veniva presentato, nell’estate del 2022, come un rischio per la tenuta dell’Europa e dei conti italiani.