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Alta tensione nel Pd sui civici. Il salvinismo? Rischia il capolinea. La versione di Panarari

Alta tensione nel Pd per la costruzione delle liste. La componente riformista arretra, mentre la determinazione di Schlein farà in modo che la nuova linea di discontinuità porti a un gruppo parlamentare completamente rinnovato. Renzi e Bonino, alleanza di scopo. E nel centrodestra la leadership di Salvini rischia grosso. Conversazione con il sociologo Massimiliano Panarari

Il barometro interno al Pd, in questo momento, segna una situazione abbastanza instabile. Le tensioni per la costruzione delle liste si fanno sempre più evidenti. E, ancora una volta, a emergere plasticamente sono i due volti del partito. Quello più vicino alla segretaria Elly Schlein e quello riformista che, per lo meno idealmente, fa capo al governatore emiliano-romagnolo Stefano Bonaccini. Il tatticismo della segretaria è raffinato. Al punto che potrebbe “fare due passi in avanti verso lo strappo, proporre poi una mediazione, arrivando al risultato di averne fatto uno comunque nella sua direzione”. È la lettura che il politologo e docente di sociologia a Unimore, Massimiliano Panarari consegna a Formiche.net.

La spinta verso il rinnovamento che Schlein incarna è probabilmente l’elemento che più di altri le ha permesso di conquistare la segreteria del partito. Ma, ora, non c’è il rischio che tutto deflagri?

La segretaria è molto determinata e la sua decisione di inserire figure civiche all’interno delle liste per le europee è un segnale evidente in questo senso. Attualmente il gruppo parlamentare europeo del Pd è composto per lo più di donne – e qui evidentemente nasce un problema – che però in qualche modo fanno riferimento all’area riformista. Il suo obiettivo è quello di uscire vincendo.

Bonaccini lo vede in difficoltà in questa trattativa?

È in difficoltà dal punto di vista della sua leadership interna alla sua corrente. D’altra parte Schlein ha rotto un eccesso di liturgie che hanno caratterizzato da sempre l’attività politica del Pd. Ma il grosso problema è che alcuni nomi di figure civiche che sono circolati hanno poco a che fare con la storia del Pd e soprattutto costituiscono un elemento di difficoltà sul versante della politica estera.

In questo frangente come si inserisce il rapporto con il Movimento 5 Stelle?

È problematico, ma per la classe dirigente schleiniana il rapporto con i pentastellati rappresenta il primo punto all’ordine del giorno delle priorità. Ci sono diverse affinità tra il Pd di stampo schleiniano e il Movimento 5 Stelle di conio contiano. D’altra parte però, la volontà di Schlein è quella di consolidare la posizione del partito come “guida” del centrosinistra. E questo è un elemento che rende problematico il rapporto.

Anche perché Conte non è un politico remissivo o che si accontenta di essere il numero due. 

No, lui ambisce ancora a palazzo Chigi. È evidente che il rapporto fra i due è problematico anche perché Conte ambisce a rappresentare anche un elettorato che si estende al di là del perimetro del centrosinistra. E, tra l’altro, una parte dell’elettorato identifica nel Pd il partito del sistema che loro hanno sempre avversato.

Gli Stati Uniti d’Europa di Renzi e Bonino come li vede?

È una lista di scopo, come peraltro ha detto la leader radicale. L’esigenza contingente è quella di superare la soglia di sbarramento del 4%. Elettoralmente è difficile fare previsioni anche perché la sommatoria non corrisponde sempre ai risultati di partenza delle liste. È un tentativo obbligato in qualche modo e il fatto di aver lanciato questo progetto così a ridosso della scadenza non so quanto possa giocare a favore. Se invece questo rassemblement centrista fosse stato lanciato prima, forse avrebbe avuto più chance di affermarsi.

Nel centrodestra si parla meno di liste. Sarà solo una sfida tra Lega e Forza Italia?

Innanzitutto va valutato il fattore Meloni. È probabile che queste elezioni rappresentino la cristallizzazione o il rafforzamento ulteriore della leadership del premier. D’altra parte, se la Lega otterrà un risultato troppo umiliante,  verrà definitivamente messa in discussione la ledership interna di Salvini. Sarà, insomma, la fine del salvinismo. A quel punto le reazioni potranno essere tantissime e molto diverse tra loro. Vedremo.

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