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Dopo l’attacco a Mosca, l’Italia alza la sicurezza nei luoghi sensibili

Lunedì al Viminale vertice per analizzare l’attacco terroristico di Mosca e decidere ulteriori misure di controllo anche in Italia, dove intanto è stata innalzata la sicurezza dei luoghi sensibili. Putin deve evitare di usare la vicenda strumentalmente, si augura il ministro Tajani, perché è in ballo la sicurezza collettiva, dato che il rischio legato all’IS resta alto, fa eco il minsitro Crosetto

L’attentato di Mosca ha portato l’Italia a scegliere rapidamente per l’innalzamento delle misure di sicurezza attorno ai luoghi di culto e di affollamento, frutto di una doppia considerazione: da una parte l’avvicinarsi della settimana pasquale (momento sempre delicato perché il terrorismo jihadista, costantemente legato al simbolismo dei gesti, potrebbe avere interessi a colpire la fase di culmine della cristianità); da un’altra la rinnovata capacità di azione dello Stato islamico, già in passato protagonista di attacchi devastanti in Europa, che con il blitz di Mosca ha dimostrato di essere tornato in massima forma operativa, proprio mentre segnali della strutturazione di cellule e proseliti sono emersi recentemente in vari raid anti-terrorismo condotti in alcuni Paesi europei.

Per tale ragione, il ministero dell’Interno italiano ha disposto di alzare le misure di controllo attorno a potenziali obiettivi sensibili: luoghi di preghiera, in particolare sinagoghe, ambasciate e hub principali dei trasporti come stazioni e aeroporti. Domani mattina al Viminale ci sarà una riunione del Comitato nazionale per l’ordine e la sicurezza pubblica – entità che comprende oltre al ministero, Polizia, Carabinieri, Guardia di Finanza e il dipartimento dell’amministrazione penitenziaria – e sarà dedicata ad una analisi della situazione dopo l’attentato terroristico a Mosca. Le intelligence europee e quella americana sono nel frattempo impegnate nelle valutazioni, anche in funzione delle informazioni diffuse preventivamente e ignorate dal Cremlino.

Anche l’Italia aveva pubblicato un alert l’8 marzo, invitando (tramite il sito della Farnesina) i connazionali a non recarsi in Russia o a chi vi è residente di evitare eventi affollati. Era frutto delle informazioni “duty to warn” fatte circolare da Londra e Washington, che Vladimir Putin aveva – il 19 marzo – definito una “provocazione” per destabilizzare gli equilibri interni al suo Paese. “Adesso speriamo che Putin non strumentalizzi un drammatico episodio di terrorismo per alzare la tensione: noi tutti ci dobbiamo impegnare per collaborare nella lotta al terrorismo, affinché non si ripetano più episodi simili”, dice il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani in un’intervista con Paola Di Caro del CorSera.

Ed è questo il tema che abbiamo analizzato su Formiche.net: Putin sceglierà la narrazione cospirazionista o l’impegno per la sicurezza collettiva? Ossia, al di là della reazione istintiva verso la prima, nelle prossime settimane mostrerà buoni propositi sulla seconda? Intanto, anche l’Italia è finita nel circolo vizioso della propaganda più becera, come quella che circola lungo una rete di bot diffusi nei social network, dove si sta diffondendo una disinformazione che accusa il governo di Meloni del non ritenere responsabile il “regime di Kyiv” per l’attentato (rivendicato dall’IS e senza collegamenti con l’Ucraina: elemento che non servirebbe ricordarlo, ma anche alla luce dei ragionamenti inseriti in certi editoriali, sembra necessario).

Il contesto internazionale instabile e infuocato che si è creato attorno all’Europa – dal Mar Rosso all’Ucraina, dal Sahel a Caucaso e Balcani – fornisce occasioni di attecchimento per le istanze jihadiste. Un nuovo livello di allarmare che l’Italia intende affrontare al G7 di Capri, mentre all’argomento sarà dedicato anche un dibattito nella ministeriale Esteri della Nato (che ci sarà il 3 e il 4 di aprile). “È un tema che riguarda la sicurezza internazionale, sul quale è necessaria la massima collaborazione”, dice Tajani.

Constatazioni ribadite dal ministro della Difesa Guido Crosetto, che in un’intervista firmata da Francesco Bechis per il Messaggero, spiega come sia da escludere “la mano ucraina” sollevata subito da Putin nel videomessaggio alla nazione di sabato, mentre piuttosto resti alto il rischio collegato allo Stato islamico – rimasto attivo nell’organizzarsi e reclutare nuove leve, nonostante sia uscito dalle cronache mainstream. “Anche in Europa non possiamo abbassare la guardia”, dice Crosetto, perché l’attentato in Russia dimostra che l’IS nel quadrante geopolitico mediorientale e centro-asiatico, nonché in quello africano, può contare ancora “su veri e propri battaglioni di assalto”. Definire come si è organizzata la squadra che ha attaccato il Crocus City Hall sarà fondamentale per garantire anche la sicurezza dell’Europa e dell’Italia.


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