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Il campo largo può aspettare. Firmato Arditti

In vista del voto in Basilicata e delle elezioni europee le trattative a sinistra girano a vuoto: nessuno vuole davvero un accordo impegnativo per ottenere un risultato deludente, cioè perdere. Meglio arrivarci divisi, dunque, per scaricare le colpe sull’intesa mancata

Sono piuttosto sorprendenti le agitazioni collettive (a sinistra) intorno al tema delle alleanza elettorali, perché se è vero (ed è vero) quello che dice Romano Prodi, cioè che solo uniti si vince, è altrettanto vero che il presente non è il tempo di questa alleanza (che per la verità è più un cartello elettorale che altro).

Mi spiego subito: l’elemento determinante è l’agenda politica dei prossimi mesi, che presenta due appuntamenti prima dell’estate, cioè il voto in Basilicata e le europee.

Nel primo caso la differenza l’ha fatta il voto in Abruzzo, dove Marco Marsilio ha nettamente sconfitto il candidato del “campo largo”, spegnendo gli entusiasmi esplosi dopo l’elezione di Alessandra Todde in Sardegna. In buona sostanza la conferma del governatore uscente di Fratelli d’Italia ha chiarito alle tante anime belle della sinistra (piene di buoni consigli ma scarse nella capacità di raccogliere voti) che la strada per arrivare a una reale capacità di competere sul territorio con il centro-destra è ancora lunga, come dimostra il rapporto (15-5) nel numero complessivo di governatori.

Ecco quindi che il voto in Basilicata entra in una diversa prospettiva, che per essere colta sino in fondo richiede però di considerare un secondo elemento, cioè il voto europeo.

Quello sarò un voto di pura “identità”, tanto è vero che si svolge con legge elettorale proporzionale, cioè quella che dice a ogni elettore di scegliersi il partito preferito (che è cosa diversa da una coalizione). Quindi è un voto in cui ognuno corre per sé, avendo come principale antagonista chi ti è vicino e non chi ti è lontano. Per essere ancora più chiari: se a destra Lega e Fratelli d’Italia sono di fatto in competizione, a sinistra Movimento 5 Stelle e Partito democratico hanno tutto l’interesse a fare la propria corsa, rivendicando autonomia e progetti (non a caso Marco Travaglio insiste sul ritorno al proporzionale anche per le elezioni nazionali, come strumento affinché il movimento guidato da Giuseppe Conte eviti di “mischiarsi” con altre forze politiche).

Allora si capisce benissimo perché le trattative a sinistra girano a vuoto: nessuno vuole davvero un accordo impegnativo per ottenere un risultato deludente, cioè perdere. Se sconfitta dev’essere meglio divisi, così almeno si potrà dire che proprio il mancato accordo ha determinato il risultato.

Per giunta è ben evidente come uno degli attori principali, cioè Conte, ha molto più interesse nel portare avanti la ristrutturazione del Movimento che nel fare da spalla al Partito democratico su elezioni regionali che tanto vedono lo stesso Movimento 5 Stelle in posizione marginale.

Insomma, è la scarsa probabilità di vittoria a scoraggiare ogni forma di accordo.

Il voto in Abruzzo (per ora) fa scuola.



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