Le divisioni in Sardegna non hanno fatto bene al centrodestra, ma in Abruzzo, invece, hanno funzionato le liste più del candidato governatore. Il campo largo funziona, ma senza Azione e Italia Viva che stanno perdendo pezzi. Mentre l’esecutivo ha ancora un buon gradimento. Colloquio con Rado Fonda, capo della ricerca dell’istituto Swg
Il campo largo può funzionare. Quello larghissimo rischia di “perdere pezzi”. O meglio di non “capitalizzare al massimo il voto delle singole liste”. Un po’ com’è accaduto in Abruzzo, passando in rassegna i risultati collezionati da Azione e Italia Viva. È questa la sintesi che fa il capo della ricerca dell’istituto Swg, Rado Fonda nella sua conversazione con Formiche.net.
Abruzzo e Sardegna. È corretto dire che in un caso ha vinto e nell’altro ha perso il centrodestra?
In qualche modo è così. Nel senso che, guardando i voti di lista, il centrodestra sarebbe stato in vantaggio anche in Sardegna. In quel contesto hanno giocato un ruolo fondamentale i voti disgiunti. Ma, d’altra parte, i contesti delle due regioni sono comunque molto differenti. In Sardegna ci sono molti movimenti legati al contesto locale che in qualche misura hanno contribuito a determinare il risultato finale. E il centrosinistra ha collezionato un buon esito nonostante la presenza del terzo candidato, Renato Soru. In Abruzzo, il centrodestra ha vinto perché non ci sono state spaccature.
Da una parte l’effetto (negativo) degli screzi su Solinas, dall’altro quello positivo – per il centrodestra – sulla convergenza a favore di Marsilio.
Le divisioni in Sardegna, come detto, non hanno aiutato. La vittoria abruzzese ha delle sfumature un po’ diverse. L’effetto della compattezza del centrodestra ha sicuramente avuto un effetto di traino, ma il candidato in sé non godeva di un consenso larghissimo. Per cui un grande merito va dato alle liste, ben fatte e radicate, messe in campo dal centrodestra.
I prossimi appuntamenti sono Basilicata e Piemonte. Che scenario si profila?
Difficile a dirsi, tanto più che ancora non è chiaro in che modo saranno composti gli schieramenti al di là della coalizione di centrodestra. In Piemonte, tra l’altro, gioca anche l’incognita europee. Per cui lo scenario è ancora molto in divenire.
Quanto queste dinamiche locali sono replicabili su scala europea?
Ci sono segnali, anche nazionali oltre che locali, che indicano un trend. Ad esempio il buon risultato di Forza Italia che fa immaginare un rafforzamento del gruppo dei popolari, a detrimento della Lega che invece sta perdendo terreno in particolare al Sud mentre sembra tenere ancora al Nord. I 5 Stelle sui territori non funzionano, ma questo è un dato ormai consolidato. E il Pd, anche in Abruzzo, ha consolidato una posizione registrando anche una lieve crescita.
Il centro sembra invece drammaticamente schiacciato. Azione e Italia Viva, in Abruzzo, hanno ottenuto un risultato modesto.
Sì, sul piano territoriale i due partiti non funzionano, ma Azione, differentemente da Italia Viva, per lo meno sul piano nazionale si è assestata oltre il 4% per cui ragionevolmente è più probabile che, anche in ottica delle Europee, superi la soglia dello sbarramento.
Dopo oltre un anno e mezzo alla guida del Paese e diversi stress test, com’è il livello di gradimento dell’esecutivo?
Il governo ha ancora un buon gradimento e Meloni è una leader apprezzata. Fratelli d’Italia registra un lieve calo ma è la costola di elettorato guadagnato nel periodo immediatamente successivo alle elezioni. È fisiologico. Tuttavia se la premier dovesse decidere di candidarsi alle europee, potrebbe avere un buon effetto traino per il suo partito.