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Dopo i mercati, la Cina si fa scappare anche i banchieri

La crescente ingerenza del governo nell’economia e la crociata di Xi per una classe finanziaria morigerata e meno edonista, sta spingendo i grandi manager a trasferirsi a Hong Kong. Intanto l’Assemblea del popolo lancia il super bond di Stato

Quando le cose si mettono male, è facile farsi prendere dal panico e magari cambiare un pezzo della propria vita. Succede in Cina, nei giorni dell’Assemblea nazionale del popolo, che trasuda un ottimismo spesso in collisione con i numeri sul futuro dell’economia cinese. Mentre a Pechino si ragiona su come tirare fuori dalle secche il Dragone, da quattro anni impantanato nella crisi del mattone, nell’indebitamento delle proprie banche, nel crollo dei consumi e nella fuga dei capitali.

Tutto questo ha fiaccato l’animo dei manager e dei banchieri cinesi, che non se la sentono più di continuare a profondere i loro sforzi in un Paese che ha una prospettiva di crescita decisamente al di sotto delle aspettative dei mercati stessi. Ma, soprattutto, in un contesto di crescente ingerenza del partito comunista, che continua a chiedere stipendi e retribuzioni uguali per tutti, al fine di combattere quella vocazione all’edonismo di certi manager che il leader Xi Jinping ha più volte equiparato a una sorta di male assoluto.

Non può stupire, dunque, che molti bonus annuali riservati ai banchieri siano stati ridotti fino al 60% in questi anni. E come questo, racconta Bloomberg, abbia spinto diverse prime linee in forza alle banche di investimento, a prendere la via di Hong Kong, decisamente meglio retribuita. Denigrati da Pechino come edonisti per il loro stile di vita lussuoso, gli operatori finanziari stanno insomma ripensando le loro carriere.

“Vedo presto prendere forma una nuova economia cinese in cui il settore finanziario avrà solo due tipi di attori: le banche gestite dal governo e le compagnie di assicurazione gestite dallo stesso governo. E tutto questo sarà con le regole e i principi dello stesso”, ha affermato Zhiwu Chen, professore di finanza all’Università di Hong Kong. “Anche se non tornerà completamente alla modalità di economia pianificata precedente al 1978, ci sarà vicino. Pertanto, il settore finanziario cinese non avrà bisogno di così tanti professionisti e molti dovranno trovare lavoro altrove, che ci siano o meno altre opzioni”.

Tutto questo mentre l’Assemblea del popolo ha fissato nuovi target per l’economia. La Cina punta infatti a una crescita economica di circa il 5% nel 2024, un obiettivo considerato ambizioso visti i problemi del settore immobiliare e la deflazione che interessa il Paese. E per riuscirci e provare a recuperare fiducia sui mercati, Pechino emetterà quest’anno 1 trilione di yuan in obbligazioni speciali ultra-long per finanziare grandi progetti in linea con le strategie nazionali, mentre saranno emessi 3,9 trilioni di yuan di obbligazioni speciali per i governi locali, 100 miliardi di yuan in più rispetto allo scorso anno.

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