Nelle ore in cui si apre la sessione annuale dell’Assemblea nazionale del popolo, intrisa di ottimismo sul futuro, un sondaggio tra gli investitori rivela come quest’anno il grosso dei fondi asiatici non investirà in Cina
L’incontro politico più importante dell’anno in Cina, è cominciato da poche ore. E, come come ogni sessione dell’Assemblea nazionale del popolo che si rispetti, non mancano i buoni auspici del partito comunista più forte del mondo. È iniziato a Pechino il ciclo di sedute plenarie dell’Assemblea nazionale del popolo, il Parlamento della Repubblica popolare cinese, e la Conferenza politica consultiva del popolo cinese, un organismo che assiste il processo legislativo.
Le due sessioni sono iniziate con la riunione di apertura della Conferenza politica consultiva del popolo cinese, che durerà fino a domenica, alla quale hanno partecipato i massimi vertici di Pechino, compreso il presidente Xi Jinping. Come da copione, a impregnare i lavori dell’Assemblea, l’immancabile ottimismo sul futuro dell’economia del Dragone. La Cina ha “una solida fiducia sul rimbalzo dell’economia nel 2024”, ha assicurato il portavoce del Congresso nazionale del popolo, Lou Qinjian, a poche ore dall’apertura della sessione.
“Gli aspetti positivi superano quelli negativi e per questo crediamo in un solido rimbalzo dell’economia”, ha detto Lou. Bisognerà però vedere quanto l’ottimismo cinese reggerà alla prova dei numeri. Per esempio quelli che raccontano di come quest’anno, secondo il rapporto Asian Pacific Trend, realizzato dall’Associazione asiatica degli investitori, infatti, nessun fondo del continente abbia intenzione di investire in Cina. E questo, spiega il rapporto, per un motivo semplice: al netto dei proclami di partito, l’economia cinese non è quello che sembra. Per questo fondi e investimenti se ne stanno alla larga.
Tutto questo mentre lo scorso anno solo 62 nuovi hedge fund sono stati lanciati in Asia nel 2023, il numero più basso dal 2009 e meno di un quarto, circa 15, di questi erano fondi focalizzati sulla Cina. Molto semplicemente, l’interesse si è spostato sul Giappone, come dimostra il fatto che il numero di veicoli che ha preso la via del Sol Levante è più che raddoppiato arrivando a 19. Non è finita. Sempre lo scorso anno sono stati chiusi 74 fondi in Asia, la metà dei quali in Cina e, di conseguenza, le liquidazioni hanno superato i lanci. Pensare che nel 2022 i fondi che hanno varcato i confini cinesi sono stati 34, contro i 15 dello scorso anno. Ma questo al partito non lo sanno. O forse sì.