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Il nuovo obiettivo dell’Ucraina è il petrolio russo. E i droni sono il suo strumento

Mentre al fronte si mantiene sulla difensiva, l’Ucraina lancia una nuova campagna offensiva sul piano strategico. Nel tentativo di sabotare la produzione di carburante di Mosca

L’unmanned warfare ucraino è entrato in una nuova fase. Il 2024 ha visto Kyiv spostare il focus degli attacchi realizzati grazie ai droni verso gli impianti per la raffineria del petrolio russo. Fino ad ora sarebbero state attaccate con successo almeno nove grandi raffinerie, mettendo così fuori uso circa l’11% della capacità totale di Mosca, secondo alcune stime. L’obiettivo di questa campagna è duplice: da una parte si vuole mostrare la capacità di colpire la Federazione Russa, anche in profondità, ravvivando il morale dell’Ucraina in un momento in cui al fronte Mosca sembra avere la meglio; dall’altra si vuole danneggiare la catena produttiva del petrolio che rifornisce il Cremlino sia di prezioso carburante per la sua macchina da guerra che di altrettanto preziose risorse finanziarie necessarie per sostenere lo sforzo bellico.

Dall’inizio del conflitto dodici raffinerie, compresi gli importanti siti di Norsi e Ryazan, sono state colpite con successo dalle forze armate ucraine (senza considerare i raid effettuati dall’intelligence di Kyiv), cinque delle quali soltanto nelle ultime dieci settimane. L’ultimo di questi blitz, diretto contro un impianto di produzione nella regione di Krasnodar, è avvenuto mentre in Russia si stavano svolgendo le elezioni presidenziali che hanno riconfermato per un altro mandato Vladimir Putin. L’impianto di Kirishi, sulla costa baltica, non è stato invece ancora danneggiato nonostante i numerosi tentativi di colpirlo.

Un mese e mezzo fa il governo di Kyiv ha ufficialmente istituito le Forze di sistemi senza pilota, un’unità specializzata in droni. Impiego che aveva già registrato numerosi successi, soprattutto nell’area del Mar Nero, dove la flotta militare di Mosca era stata oggetto di molteplici attacchi di droni coronati dal successo.  “I droni hanno dimostrato la loro efficacia nelle battaglie a terra, in cielo e in mare. La distruzione su larga scala degli occupanti e delle loro attrezzature è anche dominio dei droni”, ha dichiarato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky in un discorso pronunciato il sei di febbraio. A Zelensky fa eco Vasyl Malyuk, capo del Servizio di sicurezza di Stato ucraino, il quale interpellato da Bloomberg ha sottolineato come, attraverso la campagna con i droni, “non ci limitiamo esclusivamente alla prima linea, ma svolgiamo i nostri compiti anche in mare e in profondità dietro le linee nemiche. Non ci fermeremo”.

Secondo l’ex-analista della Central Intelligence Agency Peter Schroeder “I leader ucraini sembrano ritenere che, pur rimanendo sulla difensiva, debbano poter continuare a infliggere dolore alla Russia”, in quella che definisce come “una campagna concertata per infliggere danni a un obiettivo strategico”. Secondo il vice-ministro dell’Energia russo Pavel Sorokin il Paese potrebbe essere costretto a dirottare più greggio verso l’esportazione a causa dell’impatto sui tassi di raffinazione.

I prezzi della benzina e del gasolio alla Borsa Mercantile Internazionale di San Pietroburgo sono cresciuti, ma il costo domestico del carburante ha registrato pochi movimenti, e fuori dalla Russia il mercato del petrolio ha mostrato solo una modesta reazione agli attacchi dei droni, nonostante il Paese sia un importante esportatore. La situazione potrebbe cambiare se l’Ucraina iniziasse a prendere di mira i principali terminali di esportazione di petrolio della Russia nel Mar Baltico o nel Mar Nero, o a mettere completamente fuori uso impianti come quello di Kirishi, con una produzione giornaliera di circa 150.000 barili di gasolio destinati principalmente all’esportazione.



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