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Come sarà il corridoio marittimo di emergenza per Gaza. Nuovi dettagli dal Pentagono

Il Pentagono fornisce maggiori informazioni su come funzionerà il corridoio umanitario Cipro-Gaza. Washington sottolinea con forza che non sarà una missione militare e non ci saranno truppe a terra (messaggio agli elettori di Usa2024)

Saranno circa mille i militari statunitensi impegnati nella missione umanitaria per creare un corridoio di aiuti tra Cipro e Gaza, attraverso un porto temporaneo costruito al largo della costa palestinese. Il Pentagono ha fornito maggiori dettagli durante un briefing stampa nella notte italiana. Si tratta di una delle operazioni logistiche più complesse e ambiziose mai realizzate dagli Stati Uniti, dicono, e richiede settimane non tanto per l’esecuzione, ma per la pianificazione dei dettagli. Non viene nascosto che, nonostante sia una missione non di combattimento, potrebbero esserci forze ostili interessate ad aumentare il caos e in grado di colpire le operazioni con una vasta gamma di armi (dai droni aerei e marittimi ai missili).

La missione è stata affidata alla 7th Transportation Brigade (Expeditionary) dell’esercito americano, con sede in Virginia, che “ha la capacità di fornire capacità uniche da offshore senza una presenza militare statunitense all’interno di Gaza”, come ha dichiarato il suo comandante, il colonnello John Lloyd. Quest’ultimo dettaglio è determinante: a pochi mesi da Usa2024, l’amministrazione Biden non vuole rischiare di passare per un impegno che gli elettori percepiscono come militare (in un teatro che ha ospitato le “endless war” trumpiano).

All’opposto, mentre si sottolinea che le marina statunitense non avrà un ruolo nella missione (in quanto non richiede “capacità di combat”), l’azione umanitaria diventa importante dal punto di vista della narrazione politica, perché in queste settimane Joe Biden ha iniziato a ricevere critiche pesanti da parte dell’elettorato democratico, che lo ha accusato di lasciar morire i palestinesi per sostenere l’amicizia storica con Israele (posizione che a sua volta, nelle prime fasi della reazione alle violenze del 7 ottobre, gli aveva fatto raccogliere il sostegno della corposa e influente comunità ebraica americana). Anche, soprattutto, a questo si legano gli screzi tra Biden e Benjamin Netanyahu.

Il Pentagono spiega che il lavoro sarà svolto in collaborazione con il Military Sealift Command e le navi di supporto logistico (Lsv), coinvolgendo diverse imbarcazioni “da tutto il mondo che si uniranno”. L’impegno è reso internazionale dalla partnership con l’Ue (che ha predisposto la partenza del corridoio degli aiuti a Lanarca, Cipro) e con gli Emirati Arabi Uniti. Israele dovrebbe essere coinvolta a livello di sicurezza (tuttavia è difficile immaginare che gli Usa mobilitino h a formazione così ampia di reparti logistici senza unità di supporto difensivo, affidato probabilmente a reparti speciali, le cui missioni sono comunque di solito top secret).

L’operazione si basa sul concetto di Jlots (joint logistics over the shore), che consiste nel trasferire materiali e personale da una nave a una spiaggia senza l’uso di un porto vero e proprio. Si tratta di una tecnica già impiegata lo scorso anno nell’esercitazione “Talisman Sabre” in Australia. Gli aiuti saranno caricati da Cipro su un pontile galleggiante, poi trasportati da Lsv o chiatte su una passerella fino a riva, dove saranno consegnati ai “partner” (nel wording del Pentagono dovrebbe indicare gli israeliani, ma senza nominarli come parte della catena per evitare sensibilizzazioni politiche) che si occuperanno della distribuzione a Gaza.

La missione è sotto il comando del CentCom, il Comando Centrale delle forze armate statunitensi, che ieri si è trovato costretto a specificare che gli aiuti paracadutati che hanno prodotto vittime a Gaza non erano americani — e ha dovuto farlo perché aveva già ricevuto critiche per aver usato questa tecnica, con polemiche che sostenevano che fosse una scelta funzionale solo ad accontentare Israele.

Al momento sono in corso le procedure per inviare gli ordini di preparazione al dispiegamento nel teatro operativo, spiega una fonte militare: “L’obiettivo è di fornire fino a 2 milioni di pasti al giorno alla popolazione di Gaza, che soffre per la crisi umanitaria causata dal conflitto con Israele”. La zona di posizionamento del porto galleggiante potrebbe essere Anthedon, insenatura naturale al nord della Striscia di Gaza, ma si stanno valutando anche altre aree più centrali o nella fascia meridionale.

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